Parla il francescano

Intervista a padre Ibrahim Faltas: “Non si può sfrattare un popolo dalla sua terra”

Il francescano, vice custode di Terra Santa: “A Jabalia la gente scava per ritrovare i morti: ieri il campo profughi bombardato per la terza volta”

Esteri - di Angela Nocioni

3 Novembre 2023 alle 14:30 - Ultimo agg. 3 Novembre 2023 alle 16:10

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Il vice custode di Terra Santa Ibrahim Faltas
Il vice custode di Terra Santa Ibrahim Faltas

Padre Ibrahim Faltas, frate francescano, è il vice custode di Terra Santa, il primo arabo a ricoprire questo incarico a Gerusalemme. “Vivo qui da tanti anni e non ho mai visto nulla di simile. Ho vissuto durante le guerre, ma la situazione non era così terribile come ora. Quello che sta accadendo ora è anormale per tutti noi. Non sappiamo cosa comporterà questa guerra alla fine. La situazione è estenuante per tutti qui”.

Ha notizie da Jabalia?
Hanno bombardato ancora una volta il campo profughi questa mattina. Per la terza volta. È il terzo giorno di bombardamenti sullo stesso campo profughi. Le persone che stavano scavando cercando di disseppellire dalle macerie i corpi dei bombardamenti di ieri sono state colpite. Vanno a tirar fuori le persone da sotto le macerie, molti cercano lì sotto i loro figli. I sopravvissuti sono disperati. Jabalia aveva più di 80.000 abitanti. Sono moltissime le case distrutte. Saranno mille in tutto le vittime solo a Jabalia, nella intera Striscia tra morti e feriti credo novemila.

Queste cifre sono propaganda di Hamas? I numeri dei morti e feriti nei bombardamenti che arrivano dai ministeri palestinesi le risultano gonfiati?
Non credo siano numeri gonfiati. Non sono ovviamente precisi, i bombardamenti sono in corso. Ci sono tantissime persone sotto le macerie ancora. Ma tutti sanno che Gaza ha la densità di popolazione più alta al mondo. Quindi perché stupirsi di questi numeri alti?

Come si vive a Gerusalemme in questi giorni?
Gerusalemme è vuota e silenziosa. Ogni tanto sentiamo bombe che cadono molto vicine alla città. I negozi sono chiusi, la gente è impaurita e rimane chiusa in casa. Cerco di tenere aperta la scuola della Custodia di Terra santa per dare la possibilità ai bambini e ai ragazzi di stare insieme in un luogo sereno ma spesso non è possibile. La convivenza a Gerusalemme fra cittadini israeliani e palestinesi era abbastanza buona. Ora la sfiducia e la paura sono molto evidenti da parte di tutti. Arabi e israeliani che lavorano nello stesso ufficio, che lavorano da tanto nello stesso ufficio, non si guardano. Tanto timore sento soprattutto verso gli arabi, perché arabi.

I palestinesi nella Striscia dicono “il piano di Israele è che ce ne andiamo, ma dove?”. La risposta qual è?
Certamente un popolo non può essere allontanato dalla sua terra. Non siamo noi a potergli dire dove andare. Esiste il diritto internazionale che deve tutelare i cittadini del mondo.

L’Onu denuncia: “Gaza è un cimitero di bambini”. A Gerusalemme questo grido impotente è ascoltato? Cosa le dicono le persone?
La gente non parla perché è impaurita, è sconvolta. Ognuno sente il suo dolore. Ora sento la sofferenza, la rassegnazione, la mancanza di speranza.

Come si viveva prima del 7 ottobre nella Striscia?
Gaza era già chiusa e isolata prima del 7 ottobre. Si viveva grazie agli aiuti di tanti, delle organizzazioni umanitarie internazionali, delle comunità religiose che sostenevano ospedali, scuole, centri di aggregazione. La vita non era semplice ma c’era una apparente normalità.

Voi frati a Gerusalemme come venite trattati e come siete considerati dal governo israeliano?
Sono responsabile dei rapporti della Custodia di Terra Santa sia con lo Stato d’Israele che con l’Autorità Palestinese. La relazione della Custodia con le due parti è stata sempre reciprocamente rispettosa dei ruoli.

Quali sono nel governo israeliano orecchie disposte a ascoltare proposte concrete per negoziare un cessate il fuoco?
Ci sono molti israeliani nella società civile favorevoli alla pace e alla convivenza pacifica fra i due popoli. Conosco tanti israeliani che lavorano per questo, si organizzano in associazioni per tutelare i diritti umani dei palestinesi.

Quando Fatah proclama come ha fatto l’altro giorno “il giorno della rabbia” cosa vuol fare, qual è l’obiettivo?
Abu Mazen non è solo il Presidente dell’Autorità Palestinese ma è anche il presidente del partito politico Fatah. È sempre stato un uomo di pace, ha partecipato ai negoziati sempre con uno spirito costruttivo, ha voluto fortemente gli accordi di Oslo. Non bisogna perdere l’opportunità di averlo ancora come interlocutore del processo di Pace.

Ha un appello da rivolgere alla società civile? Al governo italiano?
Ognuno di noi può fare qualcosa. Penso che una società civile, tutto il popolo deve chiedere al proprio governo di intervenire presso la comunità internazionale. Bisogna far finire la guerra per ragioni umanitarie, per coscienza, perché è una questione che riguarda il mondo. Il governo italiano, come tutti i governi, deve ascoltare il suo popolo.

3 Novembre 2023

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