Il pasticcio dei meloniani
Torna di moda la prescrizione, i meloniani ritornano ai tempi di Bonafede..
Per superare la riforma Cartabia, FdI propone di spostare lo stop alla prescrizione dal primo al secondo grado. Protestano i penalisti
Giustizia - di Paolo Comi
Cambiano le maggioranze ma la prescrizione rimane sempre al centro del dibattito politico. L’attuale governo di destra, infatti, ha deciso di mettere le mani sulla riforma voluta dall’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia che prevedeva “l’improcedibilità” trascorsi due anni senza che fosse stato celebrato il processo d’appello e che superava, per fortuna, la malsana idea del suo predecessore, il pentastellato Alfonso Bonafede, di stoppare la prescrizione dopo la sentenza di primo grado.
Neppure il tempo di verificare gli effetti sui processi della riforma Cartabia, entrata in vigore lo scorso anno, che il governo, come detto, ha dunque messo in cantiere l’ennesima modifica di questo istituto. Inizialmente si era pensato ad un ritorno sic et simpliciter alla tanto vituperata legge ex Cirielli, in quanto il suo promotore, il parlamentare meloniano Edmondo Cirielli, travolto dalle polemiche l’aveva poi disconosciuta. La ex Cirielli, invece, rispetto alle altre leggi al riguardo era sicuramente migliore perché prevedeva tempi di prescrizione in base alla pena prevista per il reato.
Guardando il catalogo dei reati di medio allarme sociale, nessuno attualmente si prescrive prima di 15 anni, un tempo assolutamente idoneo, anzi anche troppo, per celebrare i tre gradi di giudizio ed in linea con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo.
I reati contro la Pubblica amministrazione, ma anche quelli economici come la bancarotta, molto cari a Marco Travaglio, hanno poi pene altissime che li rendono di fatto imprescrivibili. Per questo motivo alla Camera, prima ancora che Carlo Nordio presentasse la sua riforma, erano incardinate tre diverse proposte di legge, a firma Enrico Costa (Azione), Pietro Pittalis (FI) e Ciro Maschio (Fd’I), che puntavano sostanzialmente ad un ritorno alla ex Cirielli.
Purtroppo, quella norma è associata nell’immaginario collettivo ad un periodo storico che non si riesce ancora a metabolizzare, quello del ventennio berlusconiano e delle “leggi ad personam” secondo i suoi detrattori. Per evitare, allora, di essere accusati di provare ‘nostalgia’ per quegli anni ruggenti, ecco dal cilindro meloniano la riforma che dovrebbe mettere tutti d’accordo e che invece rischia di essere un pasticcio. Per superare la riforma Bonafede e quella Cartabia, in modo da giungere, ad una legge che non sarà né un ritorno alla Orlando né alla ex Cirielli, Fratelli d’Italia ha pensato bene di spostare lo stop del decorso della prescrizione dal primo grado al secondo grado.
Immediata, ovviamente, è stata ieri la reazione dei penalisti per questa iniziativa che suscita “forte perplessità”. L’interruzione della prescrizione dopo la sentenza di appello, dicono dall’Unione delle Camere penali, “lascerebbe la fase di legittimità (nella quale la prescrizione ha attualmente una incidenza irrisoria) priva di ogni presidio con un conseguente rischio di dilatazione dei tempi del processo in contrasto con il principio di ragionevole durata e della finalità rieducativa della pena”.
I penalisti a tal riguardo fanno anche un esempio pratico: “se questa fosse la soluzione adottata ci si chiede anche che sorte avrebbero gli assolti in appello nei cui confronti dovesse pendere un ricorso”. La domanda che bisognerebbe porsi, al netto della polemica politica, e che invece sfugge, è molto semplice: se la pena ha una funzione “riabilitativa”, che senso può avere farla espiare a distanza di tanti anni dal fatto commesso? Non è più riabilitazione ma ‘afflizione’. Peccato non si riesca a fare una norma finalmente condivisa.