Il conflitto Israele-Palestina

L’assedio a Gaza va condannato, ma non dimentichiamoci gli aiuti di Israele a quelle popolazioni

Se è vero che la reazione israeliana farà vittime tra gli innocenti, è altrettanto vero che questi non sono protetti, ma usati dai presunti difensori della causa palestinese.

Esteri - di Iuri Maria Prado

12 Ottobre 2023 alle 18:00

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L’assedio a Gaza va condannato, ma non dimentichiamoci gli aiuti di Israele a quelle popolazioni

Gli annunci israeliani circa l’interruzione delle linee di rifornimento d’acqua e dell’elettricità a Gaza, così come l’attuazione di queste misure, meritano discussione e anche condanna a una condizione: e cioè a patto che non si dimentichino, come invece si fa, alcuni dettagli (chiamiamoli così).

Per esempio, per stare all’acqua, sarà il caso di ricordare che i dodici milioni di metri cubi che dissetano quella popolazione li porta Israele, che ha costruito e pagato le linee di fornitura. Sarà il caso di ricordare ciò che dicevano gli operai israeliani mentre posavano quelle linee, e cioè che era giusto e doveroso aiutare quella gente, che non era fatta solo di terroristi. Sarà il caso di ricordare che Gaza è stata e continua a essere ostaggio meno di Israele che delle dirigenze miliardarie che usano quei soldi, oltre che per stare in villeggiatura in resort da tremila dollari al giorno, per allevare eserciti di terroristi e per finanziare scuole in cui i bambini arabi sono educati al dovere di uccidere gli ebrei.

Denunciamo pure, dunque, la dissennata decisione (contestata anche in Israele) di attuare un assedio in quelle forme, ma senza dimenticare quel grappolo di fondamentali “dettagli”. E non basta. Perché se è ben certo che sarebbero anche tanti innocenti a non avere più acqua, è altrettanto certo che la revoca di quella decisione disseterebbe inoltre quelli che l’altro giorno hanno massacrato e preso in ostaggio centinaia e centinaia di civili ebrei. Questa certezza basta a giustificare l’interruzione di quelle forniture? No, ma la decisione di assicurarle implica dare da bere anche a chi ha per programma di cancellare Israele, e lavora per attuare quel programma.

Significa rifornire di energia elettrica non solo i frigoriferi e le ventole degli ospedali, ma anche lo smartphone su cui il terrorista prende nota degli obiettivi da colpire, anche le lampade nei tunnel usati dai terroristi per entrare in Israele e sterminare i civili, anche i telecomandi per fare esplodere bombe sugli autobus e nei ristoranti israeliani. Tutte cose che sanno tutti gli israeliani, e che dovrebbero riconoscere e considerare anche quelli che, da qui, gridano magari giustamente – ma acriticamente – contro le decisioni israeliane in argomento. Salvo credere che esista un obbligo di Israele non solo di non infierire indiscriminatamente sulla popolazione civile, ma anche di assicurare sostentamento e buona salute ai mandanti e agli esecutori delle stragi.

E ancora: se è ben vero che gli assediati possono con ragione invocare la solidarietà altrui in una situazione di violazione dei loro diritti, è pure oscenamente vero che a denunciare la contravvenzione di Israele alle regole umanitarie c’è anche chi ha sulle mani il sangue dei civili ebrei sgozzati. Se è vero che la reazione israeliana farà vittime tra gli innocenti, è altrettanto vero che questi non sono protetti, ma usati dai presunti difensori della causa palestinese. È giusto pretendere che gli israeliani si carichino del dovere di non togliere l’acqua e l’elettricità a tutti sapendo che, non togliendole, le forniscono anche a chi li vuole distruggere. Ma è sbagliato trascurare che gli israeliani sono chiamati a pagare un prezzo molto alto per adempire a quel dovere.

12 Ottobre 2023

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