Il conflitto Israele-Palestina

“Hamas non è la Palestina”, il Parlamento si spacca: la Lega contro gli aiuti a Gaza

Nel giorno in cui Meloni va al ghetto e promette protezione agli ebrei italiani, fallisce la mozione unitaria. L'opposizione insorge.

Politica - di David Romoli

11 Ottobre 2023 alle 12:00

Condividi l'articolo

“Hamas non è la Palestina”, il Parlamento si spacca: la Lega contro gli aiuti a Gaza

Giorgia Meloni sfrutta le difficoltà del Pd, che al ghetto di Roma rischia contestazioni perché ritenuto di nuovo troppo filopalestinese, e ruba la scena con una mossa a effetto. Visita la sinagoga di Roma, incontra il rabbino capo Riccardo Di Segni, all’uscita denuncia “l’odio verso l’intero popolo” palesato “nella caccia casa per casa ai civili, nel rastrellamento dei bambini”.

Promette la protezione dei cittadini di religione ebraica anche sul nostro territorio perché “il rischio di emulazione degli atti criminali da parte di Hamas potrebbe arrivare anche da noi”. Il gesto della premier non appare dettato da esigenze propagandistiche, ma è un fatto che invece sulla guerra tra Israele e Gaza si gioca una parte dell’eterna partita politica italiana, con Salvini deciso a occupare la postazione di alfiere della vicinanza a Israele. Una posizione che però rende impossibile raggiungere una posizione comune di maggioranza e opposizione, che pure è stata cercata per ore, con il Fratello d’Italia Malan e il capo dei senatori Pd Boccia in veste di plenipotenziari per i due blocchi.

Il bello è che le comunicazioni di Tajani in Parlamento sulla crisi di Gaza sono piaciute a tutti: viatico perfetto per quella mozione unitaria dell’intero Parlamento che lo stesso ministro aveva auspicato nel suo discorso. Sarebbe stato un segnale utile, se non per il Medio Oriente, dove il particolare neppure si nota, almeno per una situazione italiana che presto diventerà difficilissima. Per un’economia già in acque tempestose per l’aumento del prezzo dell’energia, l’inflazione e la stretta della Bce la nuova impennata del prezzo di gas e petrolio è un imprevisto più che drammatico. Invece niente da fare: le mozioni non saranno neppure solo due ma ben tre con quella del Terzo polo.

Il massimo della mediazione raggiunto è il voto incrociato grazie all’espediente del voto per punti separati, in modo che ciascuno possa non votare i passaggi non graditi. Un tipico bizantinismo della politica italiana che evita spaccature ma si conclude con risultati poco rilevanti.
A impedire il testo unitario, nonostante una notte di trattative che a un certo punto sembravano a un passo dal successo, è stata l’insistenza di Salvini su un passaggio della Risoluzione, che oltretutto figurava anche come primo punto, considerato inaccettabile da M5s e Avs ma in larga misura anche dallo stesso Pd.

Il testo chiedeva infatti di “evitare che arrivino fondi a Hamas attraverso canali istituzionali, organizzazioni internazionali o privati, che vengano utilizzati per finanziare attacchi terroristici e incitare l’odio verso Israele”. L’obiettivo è ovviamente considerato del tutto condivisibile da tutte le forze politiche ma la formula, fortemente voluta dalla Lega, suonava per l’opposizione tanto vaga da potersi facilmente leggere come sospensione di tutti gli aiuti per Gaza. Soprattutto alla luce del blocco totale deciso da Israele.

In aula il Pd Provenzano ha sottolineato che sospendere gli aiuti per tutta la popolazione sarebbe un regalo proprio ad Hamas, perché farebbe passare l’equazione per cui “Hamas è uguale a Palestina”. La Lega però è stata irremovibile ed è sin troppo evidente che la crisi di Gaza verrà invece, all’opposto degli auspici di Tajani, come argomento di polemica politica interna. Una volta sfumata la possibilità di una risoluzione unica, anche l’ex Terzo Polo, per l’occasione riunito, ha deciso di presentare una propria mozione separata.

Il ministro, invece, si era confermato abile diplomatico, tenendo in perfetto equilibrio la denuncia senza ombre della responsabilità esclusiva di Hamas, uno schieramento privo di ambiguità con Israele e il suo diritto a difendersi ma anche l’esigenza di “verificare che gli aiuti europei siano effettivamente utilizzati per scopi umanitari e non per altri scopi”: formula ben diversa da quella imposta dalla Lega nella risoluzione e che sarebbe stata del tutto accettabile, anzi auspicabile, anche per l’opposizione.

Tra le righe il ministro italiano ha lasciato trasparire l’ambizione, o forse la chimera, di poter svolgere un ruolo nelle trattative verso una de-escalation che oggi appare quasi impossibile, in virtù dello specifico e privilegiato ruolo che l’Italia ha svolto nel corso del tempo in Medio Oriente. Al momento però l’attenzione della Farnesina non può che essere concentrata sul rimpatrio degli italiani in Israele.

Sono 18mila, molti con doppia cittadinanza, tra cui mille soldati arruolati nelle Idf. A questi vanno aggiunti circa altri mille italiani che però non risultano su nessun elenco ufficiale. Altre dieci persone si trovano invece a Gaza. Due distinti voli hanno riportato ieri a casa 400 persone, oggi ne torneranno altre 500. Nessuna notizia invece dei due coniugi italiani dispersi nell’attacco al kibbutz di Be’eri, Lilac Clea Havron e Eviatar Moshe Kisnis. Quasi certamente sono tra i 100 ostaggi di Hamas imprigionati a Gaza.

11 Ottobre 2023

Condividi l'articolo