La posizione dell'Italia

Tajani prova a frenare il bellicismo della Meloni: “Sventare il rischio di una escalation”

Il ministro degli Esteri parla di mediazione: in gioco gli storici rapporti dell’Italia con il Medio Oriente

Esteri - di David Romoli

10 Ottobre 2023 alle 13:00

Condividi l'articolo

Tajani prova a frenare il bellicismo della Meloni: “Sventare il rischio di una escalation”

Condanna “con massima fermezza” di Hamas e riconoscimento del “diritto di Israele a difendersi” ma al tempo stesso massimo sforzo per “sventare il rischio di una escalation: in Medio Oriente vanno tenute presenti le complesse dinamiche di una regione in movimento”. Così parla Antonio Tajani, che sembra essersi rivegliato da un lungo letargo per trasformarsi in ministro degli Esteri iper-attivo, l’unico in Europa a proporsi attivamente come mediatore in extremis di una crisi che è già non solo guerra ma guerra totale.

Tajani ha parlato con gli omologhi israeliano, egiziano e giordano. È in contatto con l’Arabia Saudita. Domani al Cairo incontrerà al-Sisi e conta sull’ascendente dell’Egitto su Hamas per avere almeno una carta da giocare. Mentre l’intera Europa è costretta a osservare con angoscia crescente dalla panchina, solo il ministro italiano si dà da fare. Il vicepremier e leader azzurro, di fatto ancora “in prova” vede in questa crisi la sua grande occasione. Sin qui ha senza dubbio sofferto l’iperattivismo della premier sul fronte degli Esteri. Meloni è sembrata spesso una premier con l’interim della Farnesina e qualche volta quasi più ministra degli Esteri che presidente del Consiglio.

Il quadro internazionale, peraltro, giocava a sfavore del ministro. Il fronte economico è competenza di Giorgetti e Urso, per il resto la politica estera è stata sin qui soprattutto immigrazione ed è ovvio che quel capitolo la premier voglia gestirlo in prima persona. La guerra in Ucraina non lascia alcuno spazio al numero uno della Farnesina: in primo luogo perché a guidare la faccenda ci pensa la Nato ma anche perché Tajani è uomo di diplomazia e mediazione e la rendita di posizione di cui gode l’Italia a livello internazionale è dovuta proprio al suo rappresentare l’ala rigida e non “trattivista” nello schieramento occidentale. Le cose stanno cambiando e anche rapidamente ma sinora è stato questo l’andazzo e Tajani non ha toccato palla.

In Medio Oriente le cose stanno diversamente. L’handicap che paralizza l’Europa è che i palestinesi considerano l’Unione tutta e i singoli Paesi più complici che alleati di Israele e non riconoscono loro credibilità alcuna. L’Italia è l’eccezione. I rapporti con i palestinesi sono sempre stati strettissimi: non a caso l’Italia è stato il primo Paese a riconoscere l’Olp. Arafat potè entrare e parlare nel Parlamento italiano scortato, caso unico, da guardie armate. L’Italia faceva parte della forza multinazionale inviata in Libano negli anni 80 proprio in virtù degli ottimi rapporti con i palestinesi e con il mondo arabo in generale: tanto che delle tre forze presenti quella italiana fu l’unica a non subire, a differenza della Francia e degli Usa, sanguinosissimi attentati.

La vicinanza con l’Olp era la leva adoperata dai governi di centrosinistra degli anni 80 per stringere rapporti molto proficui sul piano energetico col mondo arabo. Giulio Andreotti dichiarò che se fosse stato palestinese forse avrebbe scelto la strada del terrorismo anche lui. Bettino Craxi arrivò a un millimetro dalla sparatoria con le truppe americane, a Sigonella, per difendere il leader palestinese che aveva organizzato il sequestro della nave italiana “Achille Lauro”. Qualcosa di quell’antica eredità deve essere sopravvissuto, altrimenti non si capirebbe perché, tra tutti i Paesi occidentali, solo il nostro Paese sia stato risparmiato dagli attentati e dalle stragi dell’Isis. Ora Tajani ha tutte le intenzioni di giocare quelle carte per rientrare nei panni del ministro degli Esteri e per tentare una missione diplomatica preclusa a tutti gli altri Paesi europei e a maggior ragione agli Usa.

Sul nettissimo schieramento del governo italiano a fianco di Israele non potevano esserci dubbi. In realtà se c’era un partito della maggioranza nella cui pancia quei dubbi potevano albergare è proprio quello della premier. Nella destra italiana soprattutto radicale ma anche interna al Msi c’è sempre stata una corrente fortemente anti-israeliana: la canzone che è costata il posto a Marcello De Angelis, quella che esaltava Settembre Nero, non era una voce dal sen fuggita. La premier non ha mai oscillato, confermandosi anche in questo erede di Giorgio Almirante nonostante sia stata presa a lungo, ma sempre a torto, per un’esponente della Destra Sociale, l’area della vecchia An nella quale erano più presenti quegli umori anti-israeliani. Ma che neppure una voce nell’area FdI sia risuonata stonata conferma quanto salda sia la presa della premier su tutto il suo partito.

 

10 Ottobre 2023

Condividi l'articolo