La premier a Malta
Diktat della Meloni a Berlino: “Basta solidarietà”
Ormai è braccio di ferro. L’Italia non vuole Ong tra i piedi. E chiede che i profughi salvati siano sbarcati ad Amburgo. E Macron le fa l’occhiolino
Politica - di David Romoli
“Non si può fare la solidarietà con i confini degli altri”: da Malta, dov’è riunito il vertice di EuMed9, i Paesi europei del Mediterraneo, Giorgia Meloni risponde alla Germania, dopo essersi sentita il giorno prima al telefono con il cancelliere Scholz. Il braccio di ferro sul nuovo Patto per l’immigrazione e l’asilo, quello che dovrebbe modificare gli accordi e le regole europee sull’accoglienza, prosegue. Ufficialmente come il ministro Piantedosi aveva abbandonato la riunione dei ministri degli Interni a Bruxelles, impedendo così il varo del Patto proprio quando sembrava certo, “per prendere tempo per un esame più approfondito” del testo dopo gli emendamenti tedeschi. A Bruxelles si parla di “dettagli da definire”.
La premier ha chiarito la questione: “Sul patto siamo stati cooperativi, lo abbiamo votato anche perché per noi migliorava alcune condizioni. Poi la Germania è arrivata con alcuni emendamenti che rappresentano, soprattutto quello sulle Ong, un passo indietro. Intanto avevamo diverse navi Ong, alcune delle quali tedesche, nelle nostre acque internazionali”. Come se ne esce? Per Meloni la via d’uscita è una sola: “un altro emendamento nel quale diciamo che il paese responsabile dell’accoglienza dei migranti che vengono trasportati sulla nave di una ong è quello della bandiera della nave dell’Ong”. E’ un muro contro muro perché in clima pre-elettorale e col fiato alla AfD che nei sondaggi è sopra il 20% quell’emendamento la Germania non può probabilmente accettarlo. Per la premier italiana non sarebbe un cruccio. Come ha ripetuto anche ieri “per questo governo la redistribuzione non è mai stata importante”.
Al contrario, quella visione va messa da parte a favore di quella nuova: impedire gli arrivi. E se con la Germania sono botte, con la Francia sono invece abbracci. Sembra che siano passati anni invece che pochi mesi da quando Italia e Francia erano a un passo dalla crisi diplomatica per le critiche di Parigi alle scelte dell’allora appena insediato governo di destra italiano. Il quadro si è rovesciato. Oggi Macron e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sono le principali sponde di cui dispone Giorgia Meloni in Europa. Un fronte comune che ieri a Malta è stato confermato e cementato da un incontro a tre, il secondo colloquio tra la premier italiana e il presidente francese in meno di una settimana, per discutere l’attuazione del piano in 10 punti della von der Leyen che a Meloni va benissimo, anche perché potrebbe averlo vergato di suo pugno tanto combacia con la strategia che ha in mente il governo italiano.
Alla vigilia del vertice Meloni aveva inviato una lettera a tutti i capi di governo di Med9, e per conoscenza alla presidente della Commissione e a quello del Consiglio europeo Michel, nella quale chiedeva un fronte comune dei Paesi del Mediterraneo in vista del prossimo vertice informale dei capi di governo di Granada, il 6 ottobre, e poi di quello ufficiale, alla fine del mese. E’ convinta di avere raggiunto il suo obiettivo: “La convergenza tra questi Paesi è totalmente condivisa”. La priorità era ed è la questione migratoria e sono contenta per la convergenza che abbiamo trovato. E’ tempo di affrontare la questione in modo concreto, strutturale, possibilmente definitivo. Bisogna ricondurre le migrazioni alla legalità e bisogna dare risposte serie all’Africa. E’ ora fondamentale rendere operativo il piano von der Leyen in 10 punti”, dirà poi nel discorso conclusivo.
La posta in gioco è la politica di partenariati e sostegni “non predatori” ai Paesi africani perché fermino i flussi migratori, dunque una modifica drastica del bilancio europeo. “Ci sono stato passi avanti con la Tunisia, la settimana prossima dovrebbe partire la prima tranche di aiuti”, annuncia Meloni. Sullo sblocco della trattativa con il Fmi per sbloccare i fondi necessari a salvare la Tunisia la presidente italiana è invece pessimista: “La vedo difficile. Non mi pare una cosa che si possa risolvere rapidamente. Si potrebbe però provare a sganciare le risorse Europa per la Tunisia, 850 mln di euro, dal Fmi”.
In realtà anche per l’altro corno del progetto condiviso da Italia e Francia, la missione navale, è indispensabile un massiccio intervento economico della Ue a sostegno dei Paesi africani, ma spesso solo dei dittatori africani: “Per riprendere la terza fase della Missione Sophia, i pattugliamenti, è necessario che ci sia prima un accordo con i Paesi dell’Africa”, ammette la premier. Si dice accordo, s’intende pagamento. Con quali mezzi, ove si arrivasse all’intesa, verrebbero fermati i migranti anche se tutti giurano il contrario interessa in realtà pochissimo.