Il dramma migranti

Mar Mediterraneo scena del crimine, siamo a un bivio: fraternità o apocalisse

Siamo a un bivio, Papa Francesco l’ha detto chiaramente. Decine di migliaia di donne, uomini e bambini sono morti e continuano a morire nel nostro mare. Da gennaio quasi 2500.

Editoriali - di Luca Casarini

28 Settembre 2023 alle 13:30

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Mar Mediterraneo scena del crimine, siamo a un bivio: fraternità o apocalisse

Elisabetta scandisce bene le parole. L’emozione è tanta, e la sua giovane età in questo non l’aiuta. Ad ascoltarla, oltre ad una platea gremita nella Grand Sale del Palais du Pharo di Marsiglia, c’è il Papa. «Il Mediterraneo non è il luogo della “tragedia”, è la scena del crimine». Questa giovane attivista cristiana, originaria di Forlì ma da due anni in Grecia, a lavorare e a vivere con i rifugiati e i migranti, ha coraggio. È quel coraggio che Papa Francesco pensa sia indispensabile oggi, per poter affrontare le sfide del nostro tempo.

Di realismo, di ottime e sensate analisi, anche se inascoltate dai governi e dall’opinione pubblica, siamo ben forniti. Le menzogne invece, che servono a giustificare le scelte ideologiche fatte in nome dell’identità e del consenso elettorale, la fanno da padrone e soffocano il pensiero critico e libero. Il coraggio, quello è merce rara. Papa Francesco su questo, è sempre più avanti, di tutti noi e anche dei suoi Vescovi. Quando affronta ciò che sta realmente accadendo in Italia e in Europa sulla questione delle persone migranti, lo fa con un coraggio esemplare. La corsa a ridurre, a normalizzare, a rendere più docile e trattabile il suo discorso dopo che l’ha pronunciato, è persino imbarazzante. Eppure il coraggio non è questione di forza. Anzi, forse ha a che fare con il contrario della forza, dell’imperio.

Il coraggio di dire le cose per quelle che sono, è frutto di quella “mitezza” di cui si parla nel Vangelo, e che per troppo tempo è stata confusa con la rassegnazione. La mitezza, che genera il coraggio, è invece un rapporto con la Verità. E’ la mitezza di chi sa di essere piccolo difronte a Golia, ma non per questo disposto a tradire la Verità. Questo coraggio, che ci manca e che dovremo cercare disperatamente, è lo stesso che ha un bambino nel dire, senza tanti giri di parole, ciò che ha visto. Ed è per questo mite, nella sua incapacità di edulcorare ciò che ha visto, per quanto orribile esso possa essere.

Il coraggio non è arma del “politico”, ma dello Spirito: sfida ogni “buon senso” e ogni calcolo equilibrato, di convenienza. Il coraggio è visionario, e agisce la speranza. Difronte ad una strage, continuata, lucidamente prevista, normalizzata a tal punto da renderci persino incapaci di emozionarci, quale buon senso o equilibrio sono tollerabili? Il Mediterraneo, questo straordinario crocevia di storie e culture umane, stretto fra le sue cinque sponde e tre continenti, è oggi, come dice Elisabetta, nient’altro che la scena di un crimine. Papa Francesco lo ha detto chiaro: siamo a un bivio. O indifferenza e apocalisse, catastrofe come forma di vita, aridità e sconfitta, o fraternità e convivenza possibile nel Mediterraneo.

Decine di migliaia di donne, uomini e bambini sono morti e continuano a morire nel nostro mare. Da gennaio ad oggi sono quasi 2500. Nel Mediterraneo, secondo i dati Onu, dall’inizio dell’anno sono stati catturati in mare e deportati nei lager libici dai quali scappavano, 12.000 esseri umani. E questo criminale scenario continua qui da noi, a terra, come se il “male strutturato” che lo genera, facendolo divenire folle gestione politica europea dei confini, valicasse le coste e come un’alluvione inondasse le città dove abitiamo. La cosiddetta “emergenza Lampedusa” è stata creata, tra volontà ed imperizia, perché non vi era nessun motivo oggettivo perché si determinasse. 7000 persone, non trasferite da un’isola di 6300 abitanti e 20 chilometri quadrati, sono bastate.

Da mesi, da anni, sindaci dell’isola, abitanti e attivisti chiedono che nell’approssimarsi dell’estate vengano posizionate navi della Marina Militare, oltre a traghetti straordinari, per poter effettuare trasferimenti rapidi delle persone migranti in Sicilia. Abbiamo i jet per le frecce tricolori da seimila euro l’ora, e nemmeno uno straccio di ponte aereo da attivare nei mesi estivi per il trasferimento di persone che vanno innanzitutto curate con modi e in luoghi adeguati? Durante il Covid sono stati spesi milioni di euro al mese per il noleggio di quattro navi passeggeri da migliaia di posti ognuna, e dunque quale era il problema di averne per fare i trasferimenti? No. Bisognava che Lampedusa fosse il teatro dell’invasione, come è sempre accaduto, da dieci anni. Le scene del crimine hanno anche i loro teatri.

Il Papa, con coraggio, ha detto la verità: quale invasione? I numeri sono sempre quelli, e variano a seconda dei momenti. Che la Tunisia fosse in una profonda crisi sociale ed economica, l’abbiamo scoperto con i tour della Meloni e della Von Der Leyen? E dunque che cosa c’è di “emergenziale” se sapevamo tutto prima e con largo anticipo e se quei numeri li abbiamo già vissuti altre volte, e non sono i 550 mila del 2006, chi è che ha “organizzato” l’emergenza? Anche il sistema di accoglienza in Italia è stato distrutto, smantellato scientificamente. Forse proprio per ottenere voti gridando all’invasione, ai migranti per le strade, spinti nella marginalità con tutto quello che ne consegue.

Un grande esperimento di accoglienza ed integrazione riuscito come quello di Riace, che aveva addirittura conquistato la prima del Time, non solo è stato distrutto, ma il sindaco che l’aveva creato è stato processato e condannato in primo grado a dieci anni di galera per “errori amministrativi”, con una sentenza vergognosa. Mimmo Lucano sta aspettando ora la sentenza d’appello, che speriamo possa ridare dignità al concetto di giustizia, sprofondato nel fango per condannare la solidarietà. Ma intanto, il messaggio ai sindaci dei piccoli paesi, e a tutti, è stato chiaro: non provateci, a risolvere i problemi dell’accoglienza mossi da umanità e fraternità.

Il “male strutturato”, assumendo le sembianze della politica, si è concentrato ora sui “campi di internamento per stranieri”. Altro non possono essere definiti infatti i CPR Centri per il Rimpatrio – ovvero galere per persone che non hanno commesso alcun reato. Il governo, dopo la strage di Cutro, proprio tornando sulla scena del crimine come in tutti i classici, aveva annunciato carceri come risposta alle sue vittime. E infatti ha aumentato fino a un anno e mezzo l’internamento dentro “strutture gestite dall’esercito” che dovranno sorgere in ogni regione, per punire con la detenzione chi è arrivato fino a noi chiedendo asilo, ma deve aspettare la risposta oppure il rimpatrio. Non solo. Il migrante o profugo che vuole evitare il carcere, può versare 5000 euro, con i quali ottiene il salvacondotto.

Il sapore di questa norma, palesemente illegale ma già pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, è quello disgustoso della tragedia che si trasforma in farsa. Mister Papeete d’altronde, alla domanda “ma come pensa che i migranti possano trovare questi soldi” ha risposto “quando arrivano hanno le scarpe”. Proprio a Marsiglia, durante gli “Incontri del Mediterraneo” ai quali ha partecipato anche il Papa, uno dei workshop si è tenuto all’interno del Memoriale “Le Camp des Milles”, un campo di internamento francese aperto nel 1939 ai confini della città. Il campo, terribile, fu utilizzato per internare cittadini tedeschi ed ex cittadini austriaci, ma poi anche intellettuali, come Max Ernst, e alla fine donne, uomini e bambini rom ed ebrei (alla fine gli unici mandati alla morte ) considerati per via della guerra, “nemici potenziali”.

Per questi ultimi, tra il 1941 e il 1942, Le Camp des Milles fu utilizzato come campo di transito, formalmente in attesa dei loro visti e delle loro autorizzazioni per emigrare. Poiché l’emigrazione divenne impossibile, Les Milles divenne uno dei centri di raduno prima della deportazione. Circa 2.000 dei detenuti furono spediti al campo di internamento di Drancy sulla strada per Auschwitz. I CPR richiamano tragicamente la stessa logica: non eliminano direttamente le persone come i campi di sterminio, o i lager che finanziamo in Libia, ma internano. E come allora, nessuno per qualche reato, ma in quanto “nemico potenziale”. Dentro questi campi, come allora, avvengono le cose peggiori ed indicibili, come l’uso massiccio di psicofarmaci che rendono delle larve umane gli internati, o le botte delle squadre di poliziotti che agiscono fuori da ogni controllo, come ben documentano inchieste approfondite e ben note.

Le persone che vi sono rinchiuse, ci rimangono fino a un anno e mezzo: per molti sarà un pegno da pagare, anche più volte, poiché è risaputo che gli accordi di rimpatrio l’Italia li ha solo con la Tunisia e l’Egitto, e sono comunque difficilmente attuabili. Ma il vero obiettivo di questi campi di internamento, è la possibile futura deportazione verso paesi terzi. Un traguardo, questo delle deportazioni, che l’Italia vorrebbe raggiungere in sede europea, attraverso l’approvazione del nuovo “Patto per l’Asilo e le Migrazioni” che dovrebbe contenere la possibilità per gli stati membri, di siglare accordi di questo tenore con altri paesi extra UE. E’ il tanto decantato, dalla Meloni, modello Sunak, dal nome del premier britannico. Il Rwanda, che vende il suo servizio di campi di concentramento per paesi terzi, sarebbe pronto a ricevere i deportati.

Di nuovo, bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno: i migranti per questo e gli altri governi, sono dei nemici. Sono poveri e sono anche “di un’altra razza”, come più volte ribadito da Orban, altro grande amico della premier italiana. In un suo discorso del luglio dell’anno scorso, tenuto durante un comizio davanti a migliaia di camerati, Orban ha chiarito che “il meticciato europeo deve avvenire tra bianchi”. Il Dio che la Meloni e Orban dicono di difendere, è lo stesso del “Gott mit Uns” del Reich. D’altronde, un Dio che ha bisogno di essere difeso con le stragi di esseri umani, con la sofferenza inferta ai poveri e bisognosi, ma anche solo un Dio che deve farsi difendere dalla Meloni e Orban, potrebbe mai essere quello cristiano? È quel Dio, il loro, in nome del quale Gesù fu condannato a morte da “eretico”.

Un Dio pagano, che manda avanti gli eserciti ad uccidere e a scannare i “nemici” della “purezza della razza”. Il Papa, profeticamente, aveva ammonito: “Dio non ha bisogno di essere difeso da nessuno, e smettete di usarlo per terrorizzare la gente”. Ma il Mediterraneo, passato da culla della civiltà a tomba della dignità, vedrà risorgere quella forza mite e coraggiosa, capace di opporsi con i fatti, non con le parole, a tutto questo?

28 Settembre 2023

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