La polemica
Quanto è comprensiva la destra se a stuprare non sono i neri …
Richiamare le ragazze a non ubriacarsi se non vogliono essere violentate: come mai quando l’aggressore è bianco si rimbrottano le vittime?
Editoriali - di Iuri Maria Prado
Pressappoco l’orizzonte sicuritario di destra a contrasto della violenza sulle donne si presenta così: gli stupratori, ci mancherebbe, li mettiamo in galera a vita e mannaggia che non possiamo evirarli, ma le donne non siano sventate e scostumate. A ben guardare, ma anche a guardarci solo distrattamente, assomiglia parecchio all’ordine sociale talebano: chi attenta alle virtù della donna, proprietà del maschio con titolo a governarne la vita (padre, marito, fratello) va impiccato, ma la donna stia a casa e non giri scoperta.
E dicevo poco fa che questo è solo pressappoco l’ordinamento agognato e propugnato da certo sicuritarismo della cara destra dio-patria-famiglia, generosamente fiancheggiato dall’esercito di opinionisti, psicologi, terapeuti, sociologi e venditori di pentole e materassi in puro lattice adunati a spiegare che non c’è più religione e che le ragazze devono essere virtuose: “pressappoco”, nel senso che questo appello al ripristino delle care attitudini domestiche e timorate delle figliole è formulato quando lo stupro è fatto dal ragazzetto bianco e battezzato, ma inopinatamente scompare quando il delitto è compiuto dall’immigrato, dal clandestino, dall’africano (l’avvocato gli spiega che scrivere “dal negro” può essere fastidioso, e quindi se ne astengono, pur con disappunto).
Non si è notato? Il richiamo al dovere delle fanciulle di stare attente, di non girare troppo svestite, di non darsi alle canne e all’alcol, e sotto sotto (ma neanche troppo sotto) il suggerimento che dopotutto bisogna che le figlie d’Italia non vadano a cercarsela, risuona sempre e comunque salvo che in un caso: e cioè quando sono vittime della violenza con pelle scura. Lì certe invocazioni delle antiche e buone abitiudini casalinghe delle ragazze, certe requisitorie contro la minigonna, certe allusioni alla buona teoria che per sottrarsi alla fellatio coatta “basta un morsetto”, incomprensibilmente (per modo di dire) cedono il posto alla pretesa di castrazione senza tante storie, perché la leggiadrìa svestita e gli sculettamenti incriminano la fanciulla che “provoca” il maschio normale, mica il “negro” che non deve azzardarsi a toccare le nostre donne.
Si tratta di un ordine sociale di tipo iraniano, con gli stupratori bensì impiccati (perché ci vuole certezza della pena, accidenti), ma con le donne opportunamente uniformate al dovere della ritenutezza: strade libere di stupratori, d’accordo, ma anche di femmine provocatrici. E, appunto, fintanto che non si discuta dello stupro commesso dall’immigrato, quello che con le donne assume un atteggiamento violento e irrispettoso su cui la giustizia, questa volta, deve esercitarsi a prescindere dalla lascivia della vittima che vale ad attenuare la responsabilità dello stupratore di casa nostra ma non viene in conto quando la violenza è commessa da quello sceso dal barcone, quello che “lo manteniamo in hotel e poi va in giro a rubare e stuprare!”. Una donna nell’Italia di questa destra deve augurarsi di essere vittima di un immigrato se non vuole che le rinfaccino le gambe scoperte, il bicchiere di troppo e in definitiva di essere una sgualdrinella.