Gogna mediatica
La morte di Chris, spedizione punitiva a casa dell’uomo accusato di averlo investito: “Urlavano ‘ti ammazziamo’”

Conseguenze della “gogna mediatica” scatenata dai media e non solo. Ci sarebbe questo, secondo l’avvocato Massimo Dal Ben, dietro la spedizioni punitiva che ha tentato di dare l’assalto a Davide Begalli, operaio edile veronese di 38 anni che è attualmente agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio stradale, omissione di soccorso e fuga.
Begalli è l’uomo al volante dell’auto che alle 21:24 di lunedì 31 luglio ha travolto e ucciso Chris Obeng Abom, calciatore 13enne di origini ghanesi residente con la sua famiglia a Negrar, in provincia di Verona.
Il corpo di Chris, che stava camminando sul ciglio della strada provinciale per Negrar rientrando da un allenamento di calcio è stato trovato solo due ore dopo da due passanti: la chiamata al 118 e il trasporto in ospedale è arrivato però troppo tardi, col decesso il mattino seguente. Morte che secondo i medici dell’ospedale di Borgo Trento dove Chris è giunto oltre due ore dopo l’incidente poteva essere evitata: “Si sarebbe potuto salvare se l’allarme fosse stato dato immediatamente”, hanno denunciato i sanitari.
Fuori dalla sua abitazione, secondo il racconto del legale, c’erano martedì pomeriggio “una trentina di persone, tutti neri, la maggior parte con il volto travisato da bandane e t-shirt. Lanciavano sassi contro la porta d’ingresso, la prendevano a calci, pugni e bastonate. Urlavano “Vieni fuori che ti ammazziamo, dopo la morte di Chris non abbiamo più niente da perdere””, sono le parole dell’avvocato raccolte dal Corriere del Veneto.
Dunque una “spedizione punitiva, con insulti e minacce di morte” presso l’abitazione della compagnia di Begalli, dove il 38enne sta scontando i domiciliari.
Begalli sin dalla denuncia a piede libero subito dopo l’identificazione dell’auto, poi diventata un provvedimento di arresti domiciliari su ordine del gip, ha sempre ribadito la sua innocenza. “Non l’ho visto, non so come sia potuto succedere, sono sceso dall’auto subito dopo l’impatto ma io quel ragazzino giuro di non averlo visto”, è stata la ‘difesa’ dell’operaio davanti al gip, dove ha reso dichiarazioni spontanee.
L’uomo, di Negrar in Valpolicella, è stato individuato dai carabinieri come presunto responsabile della morte di Chris a seguito dell’analisi del sistema di videosorveglianza comunale che ha permesso di risalire al suo veicolo.
La sua “difesa” e la sua posizione viene messa in dubbio in particolare dalla presenza di danni nella parte anteriore destra della sua macchina, che sembrano essere compatibili con i frammenti rinvenuti sul terreno dell’incidente: inoltre sul parabrezza sono evidenti i segni di schiacciamento tipici di quando avviene l’investimento di una persona.
L’eventuale responsabilità dell’omicidio stradale di Chris ovviamente non giustifica la volontà di farsi “giustizia da soli”. Anche perché, come sottolinea l’avvocato Dal Ben, si tratta di un fatto “di estrema gravità, è incredibile e inaudito quello che è appena successo, ma cosa vogliono fargli, impiccarlo?”.