Le prime parole
Patrick Zaki è libero, la gioia di tornare a casa: “Ho avuto tanta paura ma ora riprendo a vivere, grazie Italia”
Cronaca - di Redazione Web
Per Patrick Zaki oggi è il giorno in cui può tornare a vivere. Libero di essere felice e di riprendere in mano la sua vita senza limitazioni. Ripartire sul serio e vivere a pieno tutto. Le ultime 48 ore per lui sono state sull’orlo del precipizio: prima la condanna a 3 anni, poi il fermo nel commissariato di Nuova Mansoura. E infine la grazia da parte del presidente egiziano Al Sisi. Ha subito riabbracciato la mamma, la sorella e la fidanzata e dall’auto mentre era diretto verso il Cairo ha rilasciato alcune interviste al telefono ai quotidiani italiani. E la prima cosa che ha tenuto a fare è stata ringraziare l’Italia e la sua Bologna, la sua città di adozione dove spera di poter arrivare presto.
Al Corriere della Sera ha detto di sentirsi sollevato “Avevo un macigno che mi impediva di respirare – ha detto al telefono – Ci sono stati davvero momenti in cui ho temuto che fosse tutto finito. E, confesso, che l’altro giorno quando mi hanno portato di nuovo via, mi sono sentito perduto. Nessuno poi mi ha detto cosa stesse capitando. Come l’altra volta. Ma ho capito che si stava muovendo qualcosa. Sapevo che i miei avvocati e i miei colleghi della Eipr (la ong con cui Patrick collabora) stavano lavorando pure loro. Ed ero consapevole che tutta la mia famiglia non mi avrebbe abbandonato, come del resto ha sempre fatto. E allora ho pensato che dovevo continuare a lottare e rimanere saldo”.
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“Sto vivendo un momento bellissimo dopo aver avuto il terrore di piombare di nuovo nell’incubo della prigione. Mi hanno trattato bene. Adesso penso solo a riprendere la mia vita: questa volta davvero, in maniera definitiva. Senza più l’incubo del processo e del divieto di viaggiare. Adesso è finita davvero”, ha detto a Repubblica. Non ha ancora fatto un piano per le sue prossime ore ma sa che vuole presto tornare in Italia, a Bologna per riabbracciare tutti i colleghi dell’università, gli amici e quanti hanno aspettato con il fiato sospeso questo giorno. E di poterlo rivedere in carne ed ossa.
E poi ripartire prendendo la sua vita a piene mani. “Stare con la famiglia. Iniziare a lavorare. Tornare a Bologna. Subito. Conto di essere lì nel giro dei prossimi due giorni. Non ho ancora definito precisamente un piano di viaggio ma una cosa la so per certa: non vedo l’ora di essere in Piazza Maggiore. E di comprare l’abbonamento per la prossima stagione allo stadio: sarò lì a tifare Bologna, potete contarci”. E ringrazia di cuore il governo italiano, l’ambasciata al Cairo, l’ambasciatore Michele Quaroni e al primo segretario Marco Cardoni. E ancora Amnesty International, Bologna e la sua Università. Al giornalista del Corriere che gli chiede quale sarà la prima cosa che farà appena arrivato a Bologna, risponde ridendo: “Difficile scegliere. Vedere una partita di calcio, mangiare un piatto di pasta. Andare al mare con Reny. E’ un elenco lunghissimo. Ma avremo tempo. Prima di tutto però voglio abbracciare la mia professoressa Rita Monticelli”.