Il personaggio
Chi era Vincenzo Bianco, il Colonnello Krieger uno stalinista di valore
Il nome all’anagrafe era Vincenzo Bianco. Iniziò col gruppo degli ordinovisti di Gramsci, poi i lunghi anni in Russia agli ordini di “Bessarione”, e poi - decaduto - in Italia a fare l’archivista di lusso all’Unità
Editoriali - di Duccio Trombadori
Quando lavoravo a l’Unità scendevo spesso in archivio, e non solo per cercare fotografie utili alla stampa. Ci scendevo perché in quell’archivio c’era Vincenzo Bianco, tipo gentile e taciturno, ormai anziano, che aveva fatto parte de l’Ordine Nuovo di Gramsci a Torino, era poi emigrato in Urss ed era stato diretto testimone degli eventi drammatici della rivoluzione russa.
Parlava poco, sempre borbottando tra sé e sé, ed io avido di sapere insistevo nel domandare. Un giorno, per farmi contento, volle darmi il polso di cosa fosse la “lotta interna” al partito bolscevico, e mi disse molto flemmatico ma deciso che lui ed altri compagni erano più volte partiti in treno da Mosca a Leningrado per assicurare la diffusione del giornale del Partito (la “Pravda”) che gli uomini di Zinoviev (leader di Leningrado) impedivano di distribuire. “Scendevamo armati e piazzavamo le mitragliere sul marciapiede della ferrovia –diceva Bianco- e così potevamo scaricare le copie del giornale che invece i ferrovieri ‘zinovievisti’ si rifiutavano di tirare giù dal treno…” .
Io lo ascoltavo a bocca aperta, quasi incredulo; ma sapevo che con Bianco parlava la verità del testimone diretto. Era pur sempre una fonte e faceva testo per sé. Mi piaceva per questo ascoltarlo e mi sorprendeva sempre quando nelle riunioni di cellula con aria di esperto parrocchiano richiamava all’ordine chi dimenticava il valore dell’Urss quale primo stato socialista e modello per i partiti comunisti. Passato in mezzo alle tempeste del “secolo breve”, il compagno Bianco ne aveva viste e vissute di cotte e di crude. Ma il tono ispirato e succinto del fedele militante cominternista non lo abbandonava mai e lo accompagnò fino alla fine dei suoi giorni.
Era nato a Torino l’11 febbraio 1898 da una famiglia operaia. Socialista, partecipò alle lotte degli anni 1920-21 legandosi agli ambienti dell’Ordine nuovo. Membro del Pcd’ I fin dalla sua fondazione nel 1921 venne incriminato per l’occupazione delle fabbriche. Abbandonò l’Italia nel 1922 rifugiandosi prima in Francia, Belgio e Lussemburgo e poi a Berlino. Nel 1923 si recò in Urss dove frequentò le scuole di partito a Leningrado e successivamente fu incaricato di missioni a Berlino e in Jugoslavia. Rientrò in Italia e al IV Congresso del Pcd’I (Colonia, 1931) venne nominato membro candidato al comitato centrale.
Il 13 luglio 1931 venne arrestato a Venezia e condannato a 11 anni e 9 mesi dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato e detenuto a Fossano e a Castelfranco Emilia. Nel 1934 fu scarcerato in seguito ad un’amnistia, espatriò illegalmente e tornò in Unione sovietica dove rimase fino al 1936. Nell’ottobre 1936 partì volontario per la Spagna dove diresse dapprima l’ufficio esplorazione delle brigate internazionali e successivamente, con il nome di battaglia di “colonnello Krieger”, assunse il ruolo di capo di stato maggiore della 14ª brigata.
Rientrato in Urss alla fine del conflitto assunse incarichi nell’Internazionale, rappresentando l’Italia in assenza di Togliatti. Nel gennaio 1944 venne inviato nella Jugoslavia liberata da cui riuscì a raggiungere l’Italia e venne impiegato per mantenere i rapporti con i partiti comunisti della Venezia Giulia. Dal 1945 lavorò nella sezione di organizzazione e fu impiegato quale ispettore presso il comitato regionale pugliese. Nel 1950 venne inviato a lavorare a «l’Unità», impegno che mantenne fino alla morte, occupandosi di traduzioni e dell’archivio del giornale. Morì a Fiuggi il 1 agosto 1980.