Le regionali in Molise

Elezioni in Molise: la Meloni vince senza idee, naufraga l’alleanza tra Pd e M5S

Nelle regionali il centrodestra sbaraglia il campo e l’alleanza tra Pd e Contiani naufraga. Ma sui grandi temi della politica nazionale (tasse, giustizia, esteri, immigrazione, Mes) solo fallimenti del governo

Editoriali - di Piero Sansonetti

27 Giugno 2023 alle 13:00 - Ultimo agg. 27 Giugno 2023 alle 13:03

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Elezioni in Molise: la Meloni vince senza idee, naufraga l’alleanza tra Pd e M5S

Il centrodestra ha proseguito in Molise la sua marcia. Con un nuovo successo elettorale. Ha conquistato la Presidenza della Regione (che per la verità già aveva) con quasi il 60 per cento dei voti. Mentre l’alleanza tra Cinque Stelle e Pd è andata decisamente male, fermandosi al 40 per cento. Il candidato era un rappresentante dei 5 Stelle e ha confermato una legge politica che ormai sembra insuperabile: mai e poi mai un grillino vincerà qualche elezione regionale.

Però anche per il Pd è un brutto schiaffo, perché, anche se alla vigilia si sapeva già che avrebbe vinto il centrodestra, tuttavia le cifre sembrano dire che l’alleanza coi 5 Stelle non funziona. In queste ultime tornate elettorali il Pd ha vinto solo in due città importanti, Brescia e Vicenza, e in quelle città si presentava senza grillini. Forse questi dati ci dicono che nelle condizioni attuali l’alleanza non funziona. Probabilmente anche perché l’identificazione dei 5 Stelle col loro leader, che tra tutti gli esponenti della politica italiana di ogni tempio è il più trasformista, non è digerita bene dagli elettori del Pd, che non amano il qualunquismo.

Bisognerà ragionare ancora su questo, ma l’impressione è che se si vuole davvero stringere una alleanza tra il Pd (e la sinistra) e i 5 Stelle è necessario che i 5 Stelle cambino la loro leadership. Cosa che peraltro sarebbe abbastanza naturale visto il filotto di pesantissime sconfitte subite dal partito guidato da Conte. Esistono nei 5 Stelle diverse figure che potrebbero sostituire il vecchio leader, ex alleato di ferro di Salvini, e tentare una trasformazione della vecchia carovana grillina. E questo potrebbe riaprire la partita a sinistra.

Dopodiché si tratta di “pesare” la vittoria della destra. Capire quanto anche questo nuovo successo sia figlio di una reale forza dello schieramento guidato da Giorgia Meloni, o sia invece solo il risultato inevitabile della attuale debolezza della sinistra. È importante sciogliere questo nodo, per due ragioni. La prima, forse, meno importante, è la necessità di provare ad immaginare come andranno le elezioni europee, quando non ci saranno coalizioni e ogni partito dovrà battersi per conto suo contro tutti gli altri, e tutti avranno le mani più libere. Con la possibilità che i due partiti maggiori, più forti, e cioè FdI e Pd, si mangino parte dell’elettorato degli alleati o degli alleati potenziali. La seconda ragione è però la più importante. Si riassume con questa domanda: l’ alleanza di centrodestra a guida Meloni, che vince a Campobasso, è in grado di governare l’Italia?

Proviamo a citare cinque argomenti, che sono stati i pilastri della campagna elettorale: politica estera, politica fiscale, politica giudiziaria, politica dell’immigrazione, Mes. A occhio e croce su questi temi il governo è messo malissimo. Sulla politica estera Giorgia Meloni, che si era presentata agli italiani (…alla “nazione”) come la sorellina di Biden, e che per far questo aveva scelto di schierare l’Italia su una posizione di totale subalternità agli interessi e alle politiche di Washington, proprio l’altro giorno si è presa lo schiaffone. Biden, di fronte alla crisi russa, si è precipitato al telefono e ha consultato Londra, Parigi e Berlino. E Roma? Macché, neppure un sms.

Sul piano dell’immagine una debacle, e la conferma che i paesi che si stendono a tappetino di fronte agli americani non ricevono grandi ricompense. (Certo, il rischio è che se non ti stendi a tappetino va ancora peggio: Craxi, che si oppose a Washington, finì in Tunisia abbandonato da tutti, anche dai francesi). Politica fiscale. È stato il cavallo di battaglia della campagna elettorale. “Faremo la flat tax, al 20 per cento, no al 15 per cento, forse al 10 per cento”, gridavano – ad ogni comizio e ad ogni apparizione inTv, e in tutti i twitt possibili – i leader del centrodestra. Oggi la flat tax non è nemmeno nel libricino degli appunti. Giustamente: era una idea letteralmente impossibile.
Giustizia. Il governo doveva procedere alla separazione delle carriere, alla definizione della responsabilità civile dei magistrati, alla drastica riduzione delle intercettazioni, alla drastica riduzione della carcerazione preventiva.

Bene. Separazione, niente. Responsabilità civile, niente. Riduzione delle intercettazioni niente, solo divieto di pubblicarne alcune dietro la spaventosa minaccia di una ammenda di poco più di 250 euro. Il topolino che la destra ha partorito è l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, ma non è affatto detto che passi in Parlamento perché l’Anm è in rivolta. Sull’immigrazione meglio non parlare. Avevano fatto fuoco e fiamme contro i governi precedenti – che avevano ridotto troppo poco gli sbarchi – e avevano giurato che loro li avrebbero dimezzati o forse azzerati. Invece sono triplicati. Per di più con atroci stragi, come quella di Cutro, nelle quali l’Italia ha enormi responsabilità.

Del Mes (la normativa europea salvastati firmata da tutti, finora, tranne l’Italia) sapete tutto: è guerra tra Salvini e FdI. Quindi questo governo dove ha avuto successo? Loro dicono: è migliorato il Pil. Vero, ma per ragioni del tutto indipendenti dalla politica. E poi? E poi basta. Tuttavia Giorgia Meloni mantiene ancora una fortissima popolarità. Vive dentro una grandissima bolla di consensi. Quanto può durare questa bolla?

27 Giugno 2023

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