Il futuro del centrodestra

Il Capitano e la Patriota, gli eredi pasticcioni di Berlusconi che si riteneva “il più grande statista della storia d’Italia”

Passare dalla sostituzione etnica alla sostituzione di una leadership richiede capacità politiche che per ora a destra non si vedono.

Politica - di Michele Prospero

15 Giugno 2023 alle 13:30 - Ultimo agg. 15 Giugno 2023 alle 13:34

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Il Capitano e la Patriota, gli eredi pasticcioni di Berlusconi che si riteneva “il più grande statista della storia d’Italia”

Nella disposizione di cremare il proprio corpo, Berlusconi intendeva forse collocarsi oltre l’ossessione monumentale dei suoi eredi politici, che si sono rivelati assai pasticcioni nell’organizzare l’omaggio estremo al capo scomparso indicendo un inedito lutto nazionale. La volontà di oblio fisico, da parte di un uomo che nella vita mondana non disdegnava certo le esagerazioni della carne, smonta ogni ipotesi, degna di improvvisati cultori del dispotismo orientale, di innalzamento simbolico di un qualche mausoleo (che non sia quello privato costruito da Cascella).

Le ceneri del Cavaliere non inseguono l’eternità con la custodia di un corpo mummificato che diventa oggetto dei riti di una religiosità paganeggiante. Aveva una elevata considerazione di sé Berlusconi. E però il sentimento eccessivamente ossequioso del governo, che ha proclamato una settimana di lutto nazionale e di sospensione dei lavori delle Camere, avrebbe solleticato quel gusto della dissacrazione che lo accompagnava ovunque, anche nei paludati vertici internazionali.

Il Capitano e la Patriota hanno preso alla lettera il Cavaliere che, in uno dei suoi tipici rigonfiamenti narcisistici, dichiarava di essere il più grande statista della storia d’Italia. E, per non farlo sfigurare al cospetto degli onori funebri eccezionali concessi a Cavour, il presidente Meloni ha ordinato lo stesso trattamento che il Regno tributò al regista dell’unificazione nazionale. Hanno interpretato in un senso troppo letterale, le due destre al potere, la spaccona ipertrofia di sé che spingeva Berlusconi a sfidare Napoleone e Giustiniano con la scommessa di essere l’artefice di una epocale opera di ri-codificazione.

L’unto del Signore, dalle trasvolate nelle alture dello spirito, era il primo a scendere sul più prosaico terreno della corporeità promettendo ai muratori abruzzesi ancora turbati dal terremoto di portare in loco delle veline per il loro svago sensibile. Non ha mai dimenticato, il Cavaliere, di essere l’incontrastato campione della televisione commerciale. Attraverso il video ha sedotto il pubblico con le narrazioni a lieto fine e il culto dei leggeri spiriti goderecci che così tanto stridono con la beatificazione ordinata a colpo di decreto amministrativo.

Le destre, con il varo del cordoglio satrapico, hanno paradossalmente resuscitato la metafisica di un “antiberlusconismo eterno” che sembrava oramai archiviato: nonostante quel riconoscimento unificante nel segno della civiltà politica minima, ottenuto anche grazie alla presenza in Duomo del capo dello Stato e della segretaria del principale partito avversario, sui social e in qualche foglio nostalgico delle epopee dorate del giustizialismo si è assistito alla rinascita di un becero spirito di odio.

Per colpa della maldestra e impresentabile classe di governo, non è andata bene, dal punto di vista politico almeno, il commiato dovuto al Berlusconi che si vantava di aver reso finalmente amici Bush e Putin, sancendo così la fine della guerra fredda. A Milano, per rendergli l’ultimo saluto, si sono presentati soltanto Orban e qualche emiro. Le destre, con la grottesca scenografia imposta per l’addio commosso al leader trattato come una figura regale o dispotica, hanno creato un visibile imbarazzo nelle cancellerie.

L’ultimo messaggio politico del Cavaliere era in quel foglietto parlamentare abilmente mostrato a favore di telecamera contenente dei punti di critica irriducibili alla mai amata statista della Garbatella. Quando dai finestrini della macchina del potere la madre e patriota scandiva “non sono ricattabile”, affiorava tutta la distanza tra l’uomo di Arcore e i suoi sedicenti continuatori. Quel sonoro “vaffanculo” rivolto in Aula alla seconda carica dello Stato, l’ammiratore del duce che gli azzurri si sono rifiutati di votare, conteneva il senso dell’estraneità di fondo tra il Cavaliere e le destre radicali che hanno espugnato la Repubblica.

Le ceneri di Berlusconi tormentano i capi poco sereni di oggi che intendono impadronirsi della sua eredità politica. Ma passare dalla “sostituzione etnica” alla sostituzione di una leadership, controversa ma durata trent’anni, richiede delle capacità politiche che ora non si vedono.

15 Giugno 2023

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