L'occasione persa del governo

Potere intimidatorio delle cause temerarie, perché è necessaria per limitarlo

Nella legge di delegazione europea approvata dalla Camera il governo ha recepito la direttiva Ue che tutela le Slapp transfrontaliere, ma non ha sfruttato l’occasione per intervenire anche sulle azioni legali interne, che sono la maggior parte e con il maggiore impatto negativo sulla libertà di espressione.

Giustizia - di Andrea Oleandri

18 Dicembre 2025 alle 15:32

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Potere intimidatorio delle cause temerarie, perché è necessaria per limitarlo

Il 3 dicembre 2025 la Camera dei Deputati ha approvato la legge di delegazione europea per recepire, tra le altre cose, la Direttiva UE sulle SLAPP (Strategic Lawsuits Against Public Participation), per cui sull’Italia pendeva un impegno che sarebbe scaduto il 7 maggio 2026. Formalmente il Governo italiano ha ripreso il perimetro previsto dalla Direttiva (UE) 2024/1069, che tutela solo cause civili con implicazioni transfrontaliere, lasciando fuori quasi tutte le azioni legali temerarie interne, che sono la maggior parte di quelle intentate e, spesso, quelle con un impatto maggiormente negativo sulla libertà di espressione.

Ha formalmente ragione il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti, quando sostiene come il “perimetro” non sia un’invenzione del Governo ma sia così imposto dalla stessa Direttiva europea. Ma nonostante questo non si può non accertare come ancora una volta ci si sia limitati al “compitino”, senza approfittare dell’occasione per varare una legge organica che andasse a regolamentare in profondità questo tema. Il rischio attuale è che invece ora si vada in qualche modo a consolidare, piuttosto che mitigare, il fenomeno delle SLAPP nel nostro sistema giudiziario, a danno del sistema democratico. Infatti in Italia l’acronimo SLAPP non ha una traduzione specifica. Spesso si parla di azioni legali temerarie, che possono essere di vario tipo (querele, richieste di risarcimenti, o anche solo minacce di azioni legali), ma che hanno tutte un comune denominatore: limitare la partecipazione pubblica andando a colpire direttamente giornalisti, attivisti, cittadini. Provocando quello che viene definito chilling effect: chi viene denunciato si trova costretto a interrompere l’azione, spesso per mancanza di risorse o per paura di cause lunghe e costose. Si tratta di episodi di auto-censura che scoraggiano la pubblicazione di inchieste, denunce sociali o attività civiche di monitoraggio.

Nei giorni precedenti al voto del Parlamento, CILD aveva pubblicato il policy brief “SLAPP in Italia: impatto, lacune normative e proposte”. Quello che si evidenzia, citando dati di CASE Europe (un network di organizzazioni che in tutta Europa sono impegnate nel promuovere riforme che limitino l’utilizzo delle SLAPP) è come l’Italia sia tra i paesi europei con il maggior numero di cause temerarie, con effetti reali e preoccupanti sulla libertà di espressione e partecipazione pubblica. Circa il 23% dei casi europei censiti coinvolge soggetti italiani, con una prevalenza di querele per diffamazione e richieste civili di risarcimento danni superiori ai 100.000 euro. Le SLAPP in Italia non rappresentano casi isolati, ma una tendenza consolidata, favorita da un sistema mediatico fragile (che spesso offre poche garanzie ai giornalisti o ha poche possibilità di affrontare cause lunghe, con richieste di risarcimento potenzialmente onerose), l’uso politico-giudiziario della diffamazione e la mancanza di strumenti efficaci di tutela preventiva.

La Direttiva Anti-Slapp prevedeva una serie di interventi: la possibilità per il giudice di rigettare in via prioritaria le azioni prive di fondamento; sanzioni dissuasive per il querelante, come nel caso di pagamento delle spese e a un risarcimento aggiuntivo per la parte lesa in caso di azioni legali evidentemente infondate; assistenza alle vittime tramite la creazione di centri di supporto nazionali e fondi per coprire i costi legali. Anche il Consiglio d’Europa è intervenuto sul tema nel 2024 con alcune raccomandazioni non vincolanti ma che costituiscono uno standard internazionale consolidato, che suggerisce misure più ampie e sistematiche rispetto a quelle previste dalla sola Direttiva UE. Tra queste: la depenalizzazione della diffamazione, privilegiando rimedi civili proporzionati (l’Italia è uno dei paesi dove la diffamazione è ancora punita con il carcere); l’introduzione di meccanismi di archiviazione accelerata per azioni temerarie; l’assistenza legale e finanziaria alle vittime; la formazione di magistrati e avvocati sul riconoscimento delle SLAPP.

Nel suo policy brief CILD, tenendo conto di questi documenti internazionali e del lavoro di diverse organizzazioni non governative che si occupano da tempo di questo tema, aveva proposto delle sue raccomandazioni, di cui il Parlamento non ha finora tenuto conto. Il recepimento italiano della Direttiva UE, pur doveroso, resta quindi parziale e insufficiente rispetto alle esigenze reali di tutela dei diritti fondamentali. Senza una legge nazionale organica, coerente si rischia di consegnare alle SLAPP una legittimazione di fatto, lasciando intatto il loro potere intimidatorio. Se non si affronta il problema nel suo complesso, definendo, prevenendo e sanzionando efficacemente tutte le azioni legali abusive, la libertà di espressione e di partecipazione rimarranno vulnerabili. Quel che serve è coraggio politico e legislativo, non un “compitino” da archiviare.

*Co-Direttore Esecutivo CILD

18 Dicembre 2025

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