I piani
Ricostruire Gaza, il futuro della Striscia tra il piano Trump, Blair, l’Italia: “Affari per 53 miliardi di dollari”
Per le Nazioni Unite "distruzione sistematica", 55 milioni di metri cubi di rovine. La Striscia come le ipertecnologiche metropoli delle monarchie del Golfo, hub commerciale e resort internazionale
Esteri - di Redazione Web
Era ancora lontanissimo quel primo passo dell’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas annunciato dal Presidente degli Stati Uniti che lo stesso Donald Trump non aveva esitato a pubblicare la visione della “Trump Gaza” mentre nella Striscia andava avanti la carneficina scatenata dai massacri del 7 ottobre: era lo scorso febbraio quando sui social del tycoon compariva un video generato con l’intelligenza artificiale in cui si vedevano riviere e alberghi sfarzosi, aperitivi a bordo piscina con Benjamin Netanyahu, un onnipresente e sorridente Elon Musk, statue in oro dello stesso Presidente americano. A inizio settembre 38 pagine rivelate dal Washington Post illustravano un piano intitolato “GAZA RECONSTRUCTION, ECONOMIC ACCELERATION AND TRANSFORMATION”. E pure immaginava per la Striscia un futuro simile a quello delle aree metropolitane ipertecnologiche delle monarchie del Golfo.
Quel futuro oggi sembra più prossimo: mentre il bollettino del ministero di Hamas supera le 67mila vittime – per la rivista The Lancet erano oltre 70mila già a gennaio, senza contare i feriti, i bambini, gli anziani bisognosi di cure – l’intesa appena annunciata che si appresta a muovere i primi passi impone una visione per il futuro della Striscia. Che vuol dire: ricostruzione. Non c’è niente di stabilito o programmato, niente di chiaro neanche per quanto riguarda le garanzie. L’Italia si è detta già pronta a partecipare, lo ha anticipato il ministro degli Esteri Antonio Tajani subito dopo la firma dell’accordo.
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Le Nazioni Unite hanno parlato di “distruzione sistematica”. Le organizzazioni non governative parlano di ospedali, scuole, mercati, negozi, moschee ma anche abitazioni private sono andate distrutte o fortemente danneggiate dall’operazione. Save the Children ha scritto del 90% delle scuole distrutte o danneggiate, soltanto 14 gli ospedali che funzionano ma soltanto in parte. Per le Nazioni Unite servono almeno 53 miliardi di dollari in tutto per la ricostruzione della Striscia e anche per la Cisgiordania, una trentina per le infrastrutture fisiche e una ventina per le perdite economiche e sociali. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ci vorranno oltre sette miliardi di dollari soltanto per il settore sanitario. Si contano 55 milioni di metri cubi di rovine, una buona parte tra l’altro a rischio di contaminazione da amianto.

L’Unione europea aspira a un ruolo nella ricostruzione, anche attraverso un gruppo di Paesi donatori. E l’Italia non vuole restare a guardare come anticipato dalle parole del ministro degli Esteri del governo Meloni, Antonio Tajani, in collegamento a Rainews24, poco dopo l’annuncio dell’accordo da parte di Trump. “L’Italia è pronta a fare la sua parte: sia per la ricostruzione, sia per gli aiuti umanitari, sia per la formazione della futura classe dirigente palestinese. Siamo anche pronti a dare un contributo militare per una forza internazionale che possa unificare Gaza e Cisgiordania”.
Il Presidente statunitense, annunciando il suo piano ancora piuttosto nebuloso e indefinito nella parte della governance futura, aveva nominato l’ex premier britannico Tony Blair come membro di un Consiglio di pace internazionale che dovrebbe governare a interim la Striscia. Secondo indiscrezioni di BBC, Times, Guardian e Axios, il piano sarebbe la trasformazione della Striscia allo stesso tempo in un hub commerciale tra Medio Oriente e Occidente e in un resort internazionale non lontano da quella visione sfarzosa annunciata mesi fa.
“Non a caso ha tirato dentro uno come Tony Blair, non a caso ha mandato Jared Kushner, suo genero, a trattare tutta questa faccenda – commentava in un’intervista a L’Unità l’inviato di guerra ed editorialista de La Stampa Domenico Quirico – il vero incasso è il grande affare del Medio Oriente. Con gli Accordi di Abramo, gli oleodotti, i gasdotti, le forniture di armi, gli investimenti sulla ricostruzione. A Gaza non c’è più niente: se anche facessero soltanto dei condomini, non necessariamente degli alberghi a 5 stelle, la ricostruzione sarà qualcosa di enorme”.
