Finito nell'ombra di Gaza
Caso Almasri, l’Aula copre le bugie del governo e salva i ministri dal processo
“Tutelarono l’interesse pubblico”. Finito nell’ombra di Gaza, il caso dei ministri che salvarono l’aguzzino libico si chiude con l’aiuto di franchi tiratori nel centrosinistra
Politica - di David Romoli
In politica ci vuole anche fortuna e a Giorgia Meloni, come ad altri prima di lei, la fortuna non manca. Ieri i deputati dovevano votare l’autorizzazione a procedere contro i ministri Nordio e Piantedosi e il sottosegretario Mantovano per la liberazione con rimpatrio di lusso del criminale libico Almasri richiesta dal Tribunale dei ministri. Il risultato, l’autorizzazione negata, era certo e la Giunta si era già espressa in questo senso. Il danno poteva in compenso essere la risonanza pubblica di uno scandalo che costituisce l’incidente di gran lunga più serio e grave che sia mai occorso a questo governo.
Ma ieri gli occhi erano tutti puntati su Gaza e sulla tregua di Trump. Le opposizioni, peraltro, non erano riuscite a tenere alta tensione e attenzione sul caso. Il successo diplomatico del presidente americano si riflette in parte anche sul governo europeo che più aveva appoggiato la sua strategia, quello italiano. Insomma tutto cospirava perché il governo se la cavasse a buon mercato nonostante la vicenda fosse tanto clamorosa quanto scandalosa e nonostante i ministri avessero indiscutibilmente mentito al Parlamento cambiando più volte versione sulla dinamica dei fatti. Eco mediatica molto bassa. I leader dei partiti d’opposizione, forse perché consapevoli di non avere chances di vittoria, hanno preferito non intervenire di persona, così contribuendo a smorzare la tensione intorno al caso.
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Infine, ciliegina sulla torta, i voti contrari alla richiesta sono stati molti più del previsto. Si è votato a scrutinio segreto tre volte, una per ciascuna richiesta. Per respingerla erano necessari 234 voti a favore della relazione di maggioranza della Giunta contraria all’autorizzazione. Ne sono arrivati 251 su Nordio, 252 su Mantovano e addirittura 256 su Piantedosi: una parte dell’opposizione, circa una ventina di franchi tiratori, si è dunque schierata a favore della tesi illustrata dal relatore di maggioranza, il forzista Piero Pittalis: “I membri del Governo hanno agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante e per perseguire un preminente interesse pubblico”. Anche le bugie al Parlamento sono pienamente giustificate: “Non può essere considerata mendace: il principio di leale collaborazione tra Governo e Parlamento impone di fornire informazioni veritiere, ma compatibili con la tutela di dati sensibili e di intelligence”. Perché, se in ballo c’erano questioni tanto delicate da giustificare anche la menzogna, il governo non abbia apposto il segreto di Stato resta inspiegato.
A differenza delle opposizioni il governo non ha fatto nulla per mettere la faccenda in sordina. Al contrario si è presentato in aula quasi al completo e al momento del voto è entrata in aula per votare anche la stessa premier. Una strategia mediatica studiata per rivendicare orgogliosamente la liberazione del torturatore in nome del “preminente interesse pubblico”. La maggioranza ha festeggiato la vittoria con applausi e pacche sulle spalle. Nordio, gongolando per quei voti in più arrivati dall’opposizione, si è scagliato contro il Tribunale dei ministri: “Lo strazio che il Tribunale dei ministri ha fatto delle norme più elementari del diritto è tale da stupirsi che non gli siano schizzati i Codici tra le mani, ammesso che li abbiano consultati”. Nordio però non è ancora tranquillo perché il caso non è del tutto chiuso: per la sua potentissima capo di gabinetto, Giusi Bartolozzi, zarina di via Arenula, non è necessaria alcuna autorizzazione. È indagata dalla procura di Roma e se l’indagine finirà con il rinvio a giudizio sotto processo, con Bartolozzi, ci sarà l’intero governo.
Francesco Romeo, avvocato di una delle vittime di Almasri, Lam Magok Biel Ruei, non intende darsi per vinto neppure nella causa che coinvolge direttamente i ministri: “Chiederemo al Tribunale dei Ministri di sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato innanzi la Corte Costituzionale per ristabilire il principio previsto dalla Carta secondo cui spetta all’autorità giudiziaria il potere di applicare la legge”. Quella liberazione pilotata, facilitata e permessa, corredata poi da una raffica di goffe versioni contrastanti dei ministri responsabili, continuerà a tenere col fiato sospeso il governo. Sempre che l’opposizione, se e quando ne avrà l’occasione, riuscirà a tenere la vicenda sotto i riflettori invece che, come ieri, in penombra.