I negoziati a Sharm El Sheik

Accordo per Gaza, tutte i punti del piano di pace di Trump accettato da Israele e Hamas

C’è anche il nome di Barghouti nella lista dei prigionieri che Hamas ha presentato a Tel Aviv. Fonti vicine ai negoziatori danno vicino l’accordo: Israele si prepara a ricevere il tycoon

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

9 Ottobre 2025 alle 17:00

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AP Photo/Khaled Elfiqi


Associated Press / LaPresse
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AP Photo/Khaled Elfiqi Associated Press / LaPresse Only italy and spain

Il suo nome è nella lista. Dopo 23 anni, potrebbe essere liberato. È più di una possibilità. Una conferma, indiretta ma probante viene da Ramallah. Fadwa Barghouti, moglie del leader palestinese Marwan Barghouti, ha lasciato la capitale cisgiordana martedì sera ed è arrivata al Cairo. Lo ha riferito una fonte palestinese a Ynet. L’arrivo in Egitto della donna, avvocata dei diritti umani, ha sottolineato un’altra fonte, «suscita notevole interesse nel contesto dei negoziati per un accordo, in cui Hamas insiste per il rilascio di Barghouti».

I negoziati tra Hamas e Israele in Egitto sono in corso ormai da tre giorni. Sin dal principio, numerose testate giornalistiche arabe, israeliane e statunitensi hanno raccolto informazioni sulle trattative attraverso fonti a vario titolo informate sui fatti. Le più recenti indiscrezioni – difficili da confermare in assenza di comunicazioni ufficiali – riguardano le richieste di Hamas e i progressi fatti sul ritiro israeliano. Eccone una sintesi: un alto funzionario israeliano ha dichiarato al canale televisivo saudita Al-Hadath che le parti si stanno «avvicinando con cautela al completamento della prima fase dell’accordo di Gaza». La stessa fonte ha dichiarato inoltre che Tel Aviv chiederà di «modificare la mappa del ritiro nella prima fase dell’accordo». Il quotidiano qatariota «Al Araby» sostiene che nella serata di ieri i negoziati si sono concentrati sulla lista dei prigionieri palestinesi da coinvolgere nello scambio con Israele. Le fonti citate dalla testata riferiscono che Hamas ha inserito nell’elenco anche il nome del leader del Fronte popolare Ahmed Saadat, oltre che quello di Marwan Barghouti. La testata israeliana Ynet, citando un funzionario israeliano, rivela che «la posizione araba ha un peso senza precedenti» e che «Trump sta esercitando una forte pressione per completare la prima fase» del negoziato.

Durante i negoziati che si sono svolti ieri in Egitto, «liste di prigionieri per i quali viene richiesto lo scambio, basate su criteri e numeri concordati, sono state scambiate» tra le parti. A confermarlo è l’esponente di Hamas Taher Nunu. Si tratterebbe di liste sia di ostaggi sia di prigionieri palestinesi. Secondo quanto reso noto da Nunu – scrive il Times of Israel – i colloqui sono incentrati sui meccanismi per mettere fine alla guerra e per il ritiro delle forze israeliane: “I mediatori stanno facendo grandi sforzi per rimuovere ogni ostacolo all’attuazione di un cessate il fuoco e c’è uno spirito di ottimismo in tutti”. Secondo un articolo pubblicato dal Wall Street Journal, Hamas chiede che i corpi dei suoi leader assassinati Yahya e Muhammad Sinwar siano tra quelli rilasciati da Israele, insieme a quelli dei condannati per terrorismo e dei detenuti ancora in vita, in cambio dei 48 ostaggi detenuti dai gruppi terroristici a Gaza. A riprendere la notizia è il Times of Israel. La richiesta era già stata avanzata in precedenza, ma Israele l’aveva respinta, osserva il quotidiano.

Siamo alla stretta finale. Il canale saudita Al-Hadath riferisce che una delegazione della Jihad islamica palestinese si è unita ieri ai colloqui per la tregua e la liberazione degli ostaggi a Gaza, Lo riferiscono i media israeliani. Parteciperà anche una delegazione del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, fazione minore ma ancora attiva all’interno del fronte terroristico palestinese. Nel suo discorso per il secondo anniversario dell’attacco del 7 ottobre 2023, il leader della Jihad islamica ha dichiarato che è possibile «raggiungere un’intesa sulle clausole riguardanti il rilascio dei prigionieri entro i prossimi giorni, privando così Israele dei suoi pretesti per l’aggressione». Israele si sta preparando alla possibilità che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump arrivi nel Paese nel caso venga firmato un accordo per la liberazione degli ostaggi e la tregua a Gaza. Lo rivela Ynet. In Israele si stima che Trump voglia recarsi nella regione per «celebrare» di presenza il grande risultato. Tutto dipende dall’esito dei colloqui di Sharm el-Sheikh, in Egitto, ma le indicazioni sono positive. L’Egitto, mediatore chiave nel processo, ha invitato Trump a partecipare alla cerimonia che potrebbe tenersi al Cairo.

I mediatori di Egitto e Qatar hanno avviato una sessione di consultazione con le delegazioni statunitense e israeliana a Sharm el Sheikh, alla quale hanno partecipato l’inviato statunitense Steve Witkoff e il genero del presidente statunitense Donald Trump, Jared Kushner. Lo riferisce l’emittente televisiva egiziana «Al Qahera News». L’incontro ha fatto seguito a una sessione tra i mediatori e la delegazione del movimento islamista palestinese Hamas, che ha presentato le proprie richieste e le ha trasmesse alle delegazioni statunitense e israeliana. Le prossime ore saranno cruciali per i negoziati, secondo quanto riferito da fonti palestinesi ad Agenzia Nova. Ormai è un negoziato arabo-israeliano-palestinese. Con la super visione americana. Hamas ha accolto con favore la partecipazione del premier del Qatar e dei capi dei servizi segreti di Egitto e Turchia ai negoziati per la risoluzione del conflitto nella Striscia di Gaza. Lo ha dichiarato il rappresentante del movimento, Izzat al Risheq. «Accogliamo con favore la partecipazione del primo ministro, del ministro degli Esteri del Qatar, nonché dei capi dei servizi segreti di Turchia ed Egitto ai negoziati in corso a Sharm El-Sheikh. Questo darà ai negoziati un forte impulso per ottenere risultati positivi nella fine della guerra e nello scambio di prigionieri, e inoltre ridurrà lo spazio di manovra per [il primo ministro israeliano Benjamin] Netanyahu per continuare l’aggressione e interrompere i negoziati», ha affermato al Risheq.

Nel frattempo, quelle a ridosso di Gaza restano acque “agitate”. Israele ha annunciato che «un altro futile tentativo di violare il blocco navale legale e di entrare in una zona di combattimento si è concluso in un nulla di fatto». La Freedom Flotilla Coalition ha riferito dell’abbordaggio della nave Coscience e delle altre otto imbarcazioni dirette nella Striscia di Gaza a circa 120 miglia nautiche (220 chilometri) dalle coste dell’enclave palestinese. «Le navi e i passeggeri saranno trasferiti in un porto israeliano – ha fatto sapere il ministero degli Esteri su X – tutti i passeggeri stanno bene e al sicuro. I passeggeri dovrebbero essere espulsi in tempi rapidi». «I volontari della missione “Conscience” sono stati attaccati e probabilmente rapiti dalle forze israeliane mentre si trovavano in acque internazionali, diretti ad aprire un corridoio marittimo verso Gaza. Si tratta di volontari provenienti dall’Italia. La flottiglia stava navigando nel rispetto del diritto internazionale, al di fuori della giurisdizione israeliana». Lo scrivono gli attivisti della Freedom Flotilla Coalition in merito alla nuova spedizione di aiuti verso Gaza intercettata dalle forze israeliane. «Chiediamo al governo e al popolo italiano di condannare questo crimine e di esigere il rilascio immediato di tutti i volontari sequestrati, oltre alla fine del blocco illegale e del genocidio in corso a Gaza», spiegano. Per i nove italiani fermati sulla nuova Flotilla «abbiamo chiesto alle autorità israeliane di garantire loro il rispetto di tutti i diritti che spettano ad ogni Persona». Lo ha dichiarato il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, a Villa Madama. «La nostra unità di crisi è anche attivata 24 ore su 24. Per adesso – ha aggiunto- non abbiamo segnalazioni di problemi alle persone mentre andremo a seguire minuto per minuto le condizioni dei nostri connazionali».

Porre fine alla mattanza significa anche dare una speranza ai bambini di Gaza, quelli ancora in vita. Dichiara la Direttrice generale dell’Unicef Catherine Russell:Da oltre 700 giorni, i bambini di Gaza vengono uccisi, mutilati e sfollati in una guerra devastante che è un affronto alla nostra comune umanità. Gli attacchi israeliani su Gaza City e su altre parti della Striscia di Gaza continuano. Il mondo non può e non deve permettere che questo continui. Negli ultimi due anni, secondo le notizie, un numero sconcertante di 64.000 bambini sono stati uccisi o mutilati in tutta la Striscia di Gaza, tra cui almeno 1.000 appena nati. Non sappiamo quanti altri siano morti a causa di malattie prevenibili o siano sepolti sotto le macerie. La carestia persiste a Gaza City e si sta diffondendo verso sud, dove i bambini vivono già in condizioni disastrose. La crisi legata alla malnutrizione, soprattutto tra gli infanti, rimane drammatica. Mesi senza cibo adeguato hanno causato danni permanenti alla crescita e allo sviluppo dei bambini. La necessità di un cessate il fuoco non potrebbe essere più urgente. Da sabato mattina, secondo le notizie, almeno 14 bambini sono stati uccisi, mentre i bombardamenti da parte di Israele continuano a colpire Gaza City e altre zone.

L’Unicef accoglie con favore tutti gli sforzi volti a porre fine alla guerra e a stabilire un percorso verso la pace a Gaza e nella regione. Qualsiasi piano deve portare a un cessate il fuoco, al rilascio degli ostaggi e al passaggio sicuro, rapido e senza ostacoli degli aiuti umanitari – attraverso tutti i valichi e le rotte disponibili – nella misura estremamente necessaria per tutti gli abitanti di Gaza, soprattutto i bambini. Il diritto internazionale umanitario è chiaro: chiediamo a Israele di garantire la piena protezione della vita di tutti i civili. Negare l’assistenza umanitaria ai civili è inequivocabilmente proibito. I principi di distinzione, proporzionalità e precauzione devono guidare tutte le azioni militari e i civili che non possono, non vogliono o scelgono di non evacuare le zone di combattimento rimangono civili e devono essere sempre protetti. Ogni bambino ucciso è una perdita insostituibile. Per il bene di tutti i bambini di Gaza, questa guerra deve finire ora”.

9 Ottobre 2025

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