La nuova pellicola del regista
Guadagnino e la gogna, al Festival di Venezia il regista e Julia Roberts portano il tema delle molestie (e delle molte verità)
Il film del regista italiano che vede protagonista Julia Roberts affronta il delicato tema delle molestie. L’ex pretty woman, docente di Yale, dovrà fare fronte alle accuse rivolte da una sua studentessa a un collega, che viene licenziato in tronco. Ma la giovane avrà detto la verità?
Cinema - di Chiara Nicoletti
Il terzo giorno della 82esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia porta un solo nome: Julia Roberts. Alla sua prima volta al Lido, l’attrice hollywoodiana, protagonista della nuova pellicola di Luca Guadagnino, After The Hunt, presentata oggi fuori concorso, era già sbarcata nei giorni scorsi, facendo già parlare di sé poiché fotografata in tenuta casual con un cardigan con tanto di trama composta dalle facce del suo regista. Segno che il sodalizio con Guadagnino, nato con questo film, potrebbe essere solo l’inizio di una collaborazione più duratura.
After the hunt ritrae Alba, una professoressa di etica e filosofia di un’università d’elite americana che si ritrova a un bivio personale e professionale quando una sua studentessa modello, Meg, interpretata da Ayo Edebiri, muove un’accusa contro uno dei suoi colleghi ed amici, interpretato da Andrew Garfield e rischia di mettere a nudo un oscuro segreto del suo passato. Luca Guadagnino entra nelle aule di Yale per un’esplorazione dei rapporti umani e delle relazioni personali, guardate, questa volta, con un approccio diverso dai suoi film precedenti, dalla prospettiva del potere e non più da quella del desiderio. In conferenza Guadagnino è stato accompagnato, oltre che da Roberts, Edebiri e Garfield, anche da Michael Stuhlbarg e Chloë Sevigny, che nel film interpretano rispettivamente il marito di Alba e una sua collega psicologa di facoltà.
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Si sono subito scaldati i motori e gli animi poiché dalla stampa spagnola è arrivata una domanda che ha portato Julia Roberts a prendere subito la parola per smentire le accuse fatte al film di minare i principi femministi, la solidarietà femminile e tutto quanto ottenuto dal movimento #MeToo: “Penso di non essere una persona sgradevole, non è nella mia natura, ma non credo che sia così, che il film riporti in vita vecchie discussioni. E non credo necessariamente che si limiti a rievocare il solito dibattito sulle donne messe l’una contro l’altra o che non si sostengono a vicenda”, precisa. “Uscendo dal cinema, ne avete parlato tutti ed è proprio questa la sensazione che volevamo creare: che ognuno uscisse con emozioni, punti di vista e sensazioni diverse. E che si inizi a riflettere su cosa si crede veramente, su quali siano le proprie convinzioni, perché noi ve le abbiamo smosse dentro. Penso davvero che sia la sceneggiatura di Nora Garrett che il film di Luca abbiano fatto un lavoro straordinario nell’affrontare la complessità di questo tema. E poi, questo è davvero un film sulla responsabilità personale, su quello che ci raccontiamo, non solo quello che diciamo agli altri. E penso che sia un punto di vista molto fresco su un tema che sembra irrisolvibile”.
Dalle parole di Julia Roberts si evince la capacità di After the Hunt di essere sia abile thriller psicologico che riflessione quasi filosofica. Lo dimostra Luca Guadagnino introducendo i temi del film: “Fin dall’inizio ho pensato che fosse un film sul potere. Su come ciascuno di noi oggi combatta per difendere il proprio spazio più che per conquistarlo. È una tensione costante: contro le nostre fragilità, contro gli attacchi degli altri, persino contro la verità. Perché non esiste una verità, ma tante verità, quelle di ciascuno. La vita è una guerra costante tra le verità. Questo racconta il film, insieme alla nostra caccia perenne al potere”.
I titoli di testa di After The Hunt evocano subito “la grafica” di Woody Allen. Un caso o un omaggio? “Quando ho iniziato a pensare a questo film insieme ai miei collaboratori, non riuscivamo a smettere di pensare a Crimini e misfatti, o Un’altra donna, o persino Hannah e le sue sorelle. C’era un’infrastruttura narrativa nella storia che sembrava molto legata alla grande opera di Woody Allen tra il 1985 e il 1991”, rivela il regista. “E avevo già giocato con quella estetica alcune volte in passato e ho sentito che fosse anche interessante riflettere su un artista che, in un certo senso, è stato al centro di discussioni e controversie riguardo al suo essere e su quale sia la nostra responsabilità nel guardare al suo lavoro.”