I lavoratori in stato di agitazione
Biancoforno in agitazione, il biscottificio di Fornacette e le condizioni di lavoro vergognose
Il biscottificio di Fornacette produce eccellenze, ma offre condizioni di lavoro vergognose. Dopo anni di silenzio, gli addetti sono in stato di agitazione
Cronaca - di Marco Grimaldi
Forse qualcuno ricorda una vicenda sollevata anche dal sottoscritto più di un anno fa. Siamo a Fornacette, in provincia di Pisa, alla Biancoforno: il biscottificio eccellenza dei prodotti dolciari. Dalle palmine agli occhi di bue, sapori imbattibili.
Un anno, però, fa è scoppiato il caso: a quei biscottini speciali corrispondono condizioni di lavoro insostenibili. Ovvero? I turni sono comunicati da un giorno all’altro con un messaggio con l’orario di inizio turno ma non quello di fine. Paradosso: per concludere una giornata di lavoro di dieci ore, i lavoratori devono chiedere e ottenere un permesso.
Non sono concessi gli spazi per tenere le assemblee sindacali in azienda. Ferie e permessi sono prelevati forzatamente per coprire i giorni in cui i lavoratori sono tenuti a casa contro la loro volontà.
Ci sono interinali che lavorano da anni con salari più bassi al fianco di chi ha contratti a tempo indeterminato. Lavoratori e lavoratrici iscritti al sindacato sono in cassa integrazione, mentre all’interno dell’azienda altri lavoratori e lavoratrici di cooperative lavorano anche al posto loro e fanno straordinari.
Chi rivendica i propri diritti subisce minacce, viene tenuto per ore chiuso in una stanza, sottoposto a urla e offese. L’azienda mette addirittura investigatori privati alle calcagna delle dipendenti.
Dopo le pubbliche denunce e le vertenze, qual è oggi la situazione? Le condizioni di lavoro alla Biancoforno sono migliorate?
Tutt’altro: da un po’ di tempo a questa parte, continuano ad arrivare provvedimenti disciplinari ai lavoratori e alle lavoratrici. Ma attenzione, non a tutti: solo agli iscritti CGIL. “A parità di asserito errore”, chi si organizza riceve tre giorni di sospensione, chi no, nemmeno un’ora.
Ben undici contestazioni, quasi sempre strumentali e prive di fondamento. Serve un esempio? Cinque lavoratrici avrebbero commesso errori nell’applicazione di etichette o nel timbro indicante lotto e scadenza dei prodotti. In quattro casi, gli errori sono stati individuati internamente prima che la merce lasciasse lo stabilimento. Ciononostante, le dipendenti sono state accusate di negligenza e pressappochismo. Sospese tre giorni.
Alle 11 contestazioni si aggiunge la sospensione cautelare di una delegata, poi revocata con reintegro. Nello stesso modo “selettivo” è utilizzata la cassa integrazione. Operazioni chiaramente condotte dall’azienda per reprimere il dissenso e indebolire la partecipazione e la rappresentanza sindacale.
La FLAI-CGIL, dopo questa escalation, dopo anni di sfruttamento e denunce, ha indetto ieri (29 luglio) uno sciopero di due ore, a fine turno. Eppure, l’azienda è piccata: scrive in un comunicato ai lavoratori che solo all’alba di ieri mattina è stata avvisata dello sciopero che si sarebbe tenuto a fine turno nella giornata stessa. Senza preavviso! Scandaloso…
Mi domando se ora capiranno cosa vuol dire quando un padrone alle sette di sera non ti ha ancora toccato la spalla per permetterti di uscire. Ma ne dubito.
Infatti, l’azienda minaccia altre sanzioni disciplinari, citando leggi, regole e contratti che quando si tratta di diritti non rispetta mai.
Come dicevo, dall’inizio di questa vicenda è trascorso più di un anno. Oggi (30 luglio) l’ho portata di nuovo all’attenzione della Camera. Non è più accettabile tollerare la repressione e le intimidazioni, in un luogo in cui gli unici che meritano contestazioni disciplinari sono i padroni. Vi abbiamo rotto i biscotti? Lo faremo ancora e ancora, finché non la smetterete di perseguitare quelle lavoratrici. Noi siamo dalla loro parte. Il Governo da che parte sta?