La sentenza
Stati Uniti, la Corte Suprema blocca i finanziamenti pubblici per l’aborto: altra stretta ai diritti dai giudici trumpiani

Dai giudici ultraconservatori della Corte Suprema statunitense, ben sei sui nove che compongono il massimo tribunale del Paese, arrivano un nuovo colpo al diritto all’aborto.
Dopo aver smantellato la celebre Roe vs Wade, la sentenza della stessa Corte che nel 1973 riconobbe il diritto costituzionale all’aborto per le donne, rendendole legale a livello federale, poi ribaltata nel 2022 restituendo ai singoli Stati la possibilità di legiferare sulla materia in modo anche ultrarepressivo, oggi la Corte Suprema ha bloccato i finanziamenti pubblici per l’interruzione di gravidanza.
In una sentenza i giudici hanno stabilito che i singoli Stati dell’Unione possono tagliare i finanziamenti Medicaid a Planned Parenthood, la più grande associazione non governativa per la salute e i diritti riproduttivi negli Stati Uniti
Come in altre decisioni sul tema dei diritti civili, anche questa volta la Corte si è spaccata: la sentenza è stata presa col voto favorevole dei sei giudici conservatori, di cui tre di nomina trumpiana, con tutti i giudici di orientamento liberali che si sono schierati contro la proposta.
La vicenda risale al 2018, quando il governatore repubblicano del South Carolina Henry McMaster, Stato in cui l’aborto è vietato dopo la sesta settimana di gravidanza (con la sola eccezione dei casi di stupro, incesto e in cui la gravidanza mette a rischio la vita della madre), ordinò alle autorità statali di negare a Planned Parenthood i finanziamenti legati a Medicaid, il programma federale per la fornitura dell’assicurazione sanitaria ai cittadini a basso reddito. All’epoca il governatore dichiarò che “pagamenti provenienti dai fondi dei contribuenti alle cliniche per l’aborto, per qualsiasi ragione, diventano un finanziamento dell’aborto che nega il diritto alla vita”.
Dopo la causa intentata da Planned Parenthood, assieme a uno dei suoi pazienti, un giudice federale aveva inizialmente bloccato la direttiva statale, sottolineando che questa entrava in conflitto con i requisiti Medicaid che consentono ai pazienti di scegliere qualsiasi clinica per richiedere servizi medici. Oggi la ‘risposta’ della Corte Suprema, che dà ragione allo Stato del South Carolina.