Il colpo di scena
Caso Liliana Resinovich, il tecnico dell’autopsia: “Forse ho provocato la frattura della vertebra”
L’inchiesta sulla morte di Liliana Resinovich, la 63eenne triestina scomparsa nel dicembre 2021 e trovata senza vita il 5 gennaio 2022, continua a riservare sorprese e colpi di scena.
Dopo l’iscrizione nel registro degli indagati del marito Sebastiano Visintin, dopo che la richiesta di archiviazione del caso è stata respinta dal gip ed esclusa l’ipotesi di suicidio, pista iniziale degli inquirenti, l’ultima novità dal preparatore anatomico che l’11 gennaio 2022, nella sala anatomica dell’obitorio di via Costalunga, partecipò all’esame autoptico sul corpo di Liliana.
Come scrive oggi il quotidiano Il Piccolo, lo specialista nei giorni scorsi si è presentato spontaneamente dagli inquirenti per raccontare che potrebbe esser stato lui a provocare la frattura alla vertebra di Liliana Resinovich.
Il tecnico è un giovane triestino il quale, come scrive Il Piccolo, non esclude che alcune manovre da lui stesso eseguite sul cadavere possano aver causato la lesione alla faccetta superiore sinistra della vertebra toracica T2, rinvenuta nel corso della seconda autopsia eseguita sui resti della donna, effettuata dall’antropologa forense Cristina Cattaneo. Il preparatore anatomico dovrebbe essere ascoltato dal pubblico ministero Ilaria Iozzi, che dirige le indagini sul decesso di Resinovich.
Proprio la frattura della vertebra, che come ricorda Il Piccolo non era stata rilevata dalla Tac eseguita l’8 gennaio 2022, due giorni prima dell’autopsia, è stata recentemente oggetto di scontro tra la difesa di Visentin e i consulenti della famiglia Resinovich: i legali del marito non escludevano infatti che fosse stata procurata nel momento del ritrovamento del cadavere o in ogni caso “post mortem”, e le dichiarazioni del preparatore anatomico sembrano confermare tali dubbi.
Era il 5 gennaio 2022 quando il corpo di Liliana Resinovich venne ritrovato dopo che la donna era sparita a metà dicembre: era in un’aiuola, infilato in due sacchi neri della spazzatura, nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste. Non vennero ritrovati né il cellulare, né documenti, né portafogli. Secondo i risultati della prima autopsia, la donna era morta per soffocamento, “scompenso cardiaco acuto”, non compariva però se la causa fosse stata omicidio o suicidio.
La 63enne, ex dipendente della Regione in pensione, era sposata con l’ex fotoreporter Visintin, che denunciò la scomparsa della moglie la sera del 14 dicembre 2021. Nella vicenda è entrato anche Claudio Sterpin, amico di vecchia data che la donna aiutava con le faccende domestiche, con cui Resinovich avrebbe avuto una relazione, e presso cui avrebbe dovuto recarsi il giorno della scomparsa.