L'appello e la polemica
Lucio Corsi, gli zingari, i Rom: perché “Altalena Boy” non è una canzone razzista
Il marionettista rom Rašid Nikolić ha pubblicato una lettera invitandolo il cantautore di "Volevo essere un duro" a modificare il testo di una vecchia canzone
Cultura - di Antonio Lamorte

C’era una volta un bambino scomparso. Sparito nel nulla, al parco, all’improvviso. È la storia di un prodigio, l’unico a compiere il giro della morte in altalena: l’Altalena Boy. O un giallo da cronaca nera: chi lo ha presto, rapito, sequestrato? E in quel parco ci arrivano i giornali, stile “Chi l’ha visto?”, a intervistare chi c’era, a riportare dettagli anche insignificanti ma succulenti, a raccogliere ogni scampolo di un caso irrisolto, pettegolezzi e dichiarazioni. E la gente che parla, che mormora, che solleva dubbi, cha fa congetture, che punta il dito, che intravede un fenomeno straordinario, che non si dà una spiegazione.
Era il 2015 e Lucio Corsi aveva 21 anni appena. Altalena Boy è stata la canzone che ha rivelato il suo talento puro, già raffinato, immaginifico, cantautorale e glam, fiabesco e sognante. Per quel brano Lucio Corsi, fresco del grande successo del Festival di Sanremo con Volevo essere un duro e poco prima della pubblicazione del suo nuovo album, del prossimo tour e della partecipazione a Eurovision, è stato messo alla sbarra: accusato di aver cantato in quella canzone che, quel ragazzino, “c’è chi dice l’hanno preso gli zingari e l’han portato in un parco fuori Roma. Il marionettista rom Rašid Nikolić ha pubblicato una lettera, sottoscritta da altri attivisti e associazioni, premettendo di aver provato a mettersi in contatto con l’artista, invitandolo a riconoscere il suo errore, a modificare o a ritirare la canzone, a incontrare attivisti e associazioni, a compiere un gesto concreto di riparazione a sostegno della comunità Rom e contro i pregiudizi.
“Riteniamo estremamente grave l’utilizzo del termine ‘zingaro’ che è un insulto, un dispregiativo che significa ‘schiavo’ e richiama al periodo in cui il popolo Rom fu schiavizzato per 500 anni nei principati Danubiani. Consideriamo inoltre ancora più grave la diffusione dello stereotipo infondato secondo cui i Rom ruberebbero i bambini, un pregiudizio che ha avuto e continua ad avere conseguenze discriminatorie e violente sulla nostra comunità. Questo stereotipo ha radici antiche ed è stato usato nel corso della storia per giustificare persecuzioni, segregazione e violenze contro il popolo Rom. La sua perpetuazione, specialmente in una canzone dal tono giocoso e infantile, contribuisce a normalizzare un’idea pericolosa e a rafforzare pregiudizi che ancora oggi alimentano odio e discriminazione”.
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Ai tempi della cancel culture e del woke, è una lettera che torna a sollevare il tema scivoloso e controverso – sicuramente ancora da sciogliere del tutto: e infatti sul punto abbiamo intervistato l’attivista e attrice Dijana Pavlovic – di chi può raccontare, fare ironia, sarcasmo, utilizzare o non utilizzare certe espressioni. “I termini sbagliati, dispregiativi o incorretti in particolare la parola ‘zingaro’ e simili appartengono a noi e alla nostra lunga storia di dolore e solo noi possiamo usarli per educare, esorcizzare, spiegare e ricordare”. Per Treccani si tratta invece dell’”adattamento italico di uno dei nomi, Atsigan e più tardi Tsigan, dati agli Zingari, che significherebbe ‘intoccabile‘”. Ma in questo caso l’unica responsabilità dell’artista è quella di cantare una storia. E una storia non deve essere ripulita e normalizzata dalla sua lingua – per quanto discriminatoria – e dai suoi personaggi – per quanto spregevoli. Qui si tratta di fiction: nessuno mai si è sognato di processare Maccio Capatonda per i suoi sketch parodistici sul giornalismo in cui una passante puntualmente sentenziava: “Hanno stati i zingheri”.
Altalena Boy non riverbera un pregiudizio, lo ha fatto inavvertitamente quest’accusa, a leggere alcuni commenti squallidi, dal letamaio di razzismo rinfaccia quello stereotipo e che giustifica e parteggia perfino per le ronde di improvvisati giustizieri urbani. Un’intemerata che tra l’altro avanza e pretende senza appello delle spiegazioni e delle ammende che Corsi riterrà opportuno prendere oppure no in considerazione magari aggiungendo qualcosa al dibattito. Lo scriviamo su un giornale che delle persecuzioni al popolo Rom si occupa spesso e senza equivoci anche quando il tema non è all’ordine del giorno. Altalena Boy non è una canzone razzista: riverbera quello che siamo davanti a un accadimento straordinario. Alcuni ci vedono la magia, altri la cronaca nera. Magari un giorno la ascolteremo e da lontano penseremo a quando una minoranza era discriminata così ferocemente.