Al Festival
Quando l’Italia ha scoperto Lucio Corsi: tutti pazzi e gelosi per “Volevo essere un duro” a Sanremo
Quando è salito sul palco dell'Ariston, gli italiani si sono divisi in due gruppi. “Chi c**zo è questo?”, si sono chiesti alcuni. “È un grande: lo conosco da anni”, hanno rivendicato altri. Lui si è meritato tutto
Spettacoli - di Antonio Lamorte

A 33 anni dall’ultima volta, quando il Napoli ha vinto di nuovo lo Scudetto, per la terza volta nella sua storia: questo amico che mischiò la gioia al risentimento. Perché geloso di quella volta, di quell’epoca, irripetibile, di quella squadra che per sette anni fu di Diego Armando Maradona. Perché geloso che quella felicità che aveva imparato a considerare come unica, indimenticabile, immarcescibile potesse essere replicata, appartenere a così tanta altra gente, altre generazioni, giovani e bambini che all’epoca erano appena neonati o nemmeno in progetto.
Quando è stata annunciata la partecipazione di Lucio Corsi alla 75esima edizione del Festival di Sanremo, quando è stato reso noto il testo della sua canzone inedita in gara Volevo essere un duro, quando è salito sul palco del Teatro Ariston per cantarlo finalmente quel brano per la prima volta, gli italiani si sono divisi in due parti. “Chi cazzo è questo?”, si sono chiesti alcuni. “È un grande: lo conosco da anni”, hanno rivendicato altri.
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Commenti di cattivo gusto sulla magrezza o sul trucco – insomma sull’estetica: tra l’altro né grottesca né riprovevole, semplicemente parte del pacchetto – a parte, non c’è dubbio che le esibizioni abbiano colto nel segno. Lucio Corsi ha conquistato se non tutti quasi nel giro di neanche 24 ore con due esibizioni delle sue, spigliate e solide. In entrambe le serate nella top5 dei più votati tra giornalisti e televoto, non manca chi lo dà come possibile outsider per la vittoria finale. Addirittura. Alcuni hanno scritto che questo è il Festival di Lucio Corsi.
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Abbiamo già scritto del suo mondo costruito in tre album, il primo pubblicato nel 2017 quando una serie di singoli ed ep avevano già mostrato il suo talento. Abbiamo scritto di come il suo immaginario costruito sul glam rock e sulla Maremma, su Gianni Rodari e i T. Rex, su Ivan Graziani e David Bowie piegato alle sue intuizioni abbia già mostrato maturità e ispirazione sopra la media. Gli è bastato prendere una chitarra in conferenza stampa e accennare Francis Delacroix, canzone che aveva già improvvisato nei live dell’anno scorso e che sarà inclusa nel suo nuovo album in uscita a marzo, per generare un altro momento memorabile di questa edizione della kermesse.
Questo exploit dice ancora una volta tanto della musica italiana: di quanto sia lasciato fuori dal mainstream pur essendoci completamente adatto. Ma non talent, non moda, non peloso. Lucio Corsi intanto ha comunque partorito album struttati e brillanti, ha suonato un po’ in tutta Italia, ha partecipato a collaborazioni significative. Qualche mese fa era entrato, anche con una canzone inedita Tu sei il mattino, nella terza stagione di Vita da Carlo di Verdone, in cui partecipava a Sanremo. L’attore e regista, nella fiction direttore artistico invitava Corsi reticente all’Ariston: “Dammi retta, andiamo a Sanremo. Un artista ha il dovere di donare il proprio talento, non di nasconderlo”. Era prevedibile che al Festival avrebbe fatto proselitismo. Pazienza per i gelosi, pazienza per chi non lo capisce a Sanremo: lui si è meritato tutto.
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