La storia
Coppia di genitori gay bloccati in California “ostaggio” della legge Meloni sulla maternità surrogata: in Italia rischiano il processo

Rischiano l’arresto e una pena fino a due anni di carcere, oltre a una multa fino a 600mila euro. È la sorta che potrebbe toccare ad una coppia gay aretina che nove mesi fa ha fatto ricorso alla maternità surrogata in California, negli Stati Uniti, per coronare il proprio sogno di diventare genitori.
Oggi quel sogno diventa un incubo per effetto della guerra scatenata dal governo italiano e da Giorgia Meloni contro la Gpa, la gestazione per altri, diventata reato universale, ovvero perseguibile non soltanto se commessa in patria ma in qualunque parte del mondo.
A raccontare la vicenda è il Corriere Fiorentino. La coppia gay protagonista di questa storia è composta da due professionisti che vivono ad Arezzo, anche se lavorano altrove: i due, come tante altre coppie gay, uomini e donne, decidono di recarsi all’estero per mettere su famiglia tramite Gpa, in Paesi in cui la fecondazione eterologa e la maternità surrogata è legale per gli omosessuali.
I due si recano in California, a San Diego, dove trovano una donna disposta a portare avanti la gravidanza che ha inizio grazie al seme donato da uno dei due. Una procedura iniziata quando la pratica in Italia era sì illegale, ma non penalmente perseguibile con l’arresto come dal 3 dicembre scorso, quando è entrata in vigore la legge Varchi (dal nome dalla relatrice della proposta, la deputata di Fratelli d’Italia Maria Carolina Varchi): due settimane fa, quando il figlio della coppia è nato, per la coppia è sorta la questione del ritorno in Italia.
Tornare ad Arezzo comporterebbe infatti il processo, ipotesi da poter aggirare soltanto facendo apparire il neonato come figlio del solo padre biologico, ma lasciando così l’altro partner privo di ogni diritto genitoriale sul bimbo.
La coppia e il caso sono seguiti dall’avvocato Gianni Baldini, docente dell’Università di Siena noto per le sue battaglie in difesa dei diritti civili, ultima quella relativa alla legge regionale toscana sul fine vita: una terza possibilità è quella dell’autodenuncia, con il legale ce dunque andrebbe a sollevare sulla vicenda della coppia aretina una questione di incostituzionalità fino alla Consulta.