Il caso dell'ex presidente

Perché è stato arrestato Rodrigo Duterte, i 7mila morti per la guerra alla droga un crimine contro l’umanità

Mandato internazionale contro l’ex Presidente filippino per le migliaia di esecuzioni di nove anni fa

Esteri - di Marco Perduca

11 Marzo 2025 alle 16:30

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AP Photo/Vernon Yuen
AP Photo/Vernon Yuen

La Corte penale internazionale ha chiesto l’arresto per l’ex presidente filippino Rodrigo Duterte accusandolo di crimini contro l’umanità. Eletto nel 2016, su una piattaforma “law and order”, in poche settimane aveva lanciato una lotta senza quartiere contro spacciatori e consumatori di droghe ritenendoli causa di tutti i mali che affliggevano le Filippine nel silenzio di Trump e le lamentele europee. Le cifre ufficiali hanno poi ammesso circa 7000 vittime, le ong locali e internazionali hanno sempre sostenuto che i morti fossero tre volte di più.

Contrariamente a quanto accaduto nei confronti di Almasri, l’allerta rossa dell’Interpol è stata resa nota pubblicamente in anticipo cogliendo Duterte a Hong Kong. La notizia che 7000 agenti fossero stati sguinzagliati per catturarlo nella sua città natale e nella capitale pare quindi più “utile” agli scontri politici ai vertici delle Filippine, la figlia di Duterte è vice-presidente, che ad assicurare l’ex Presidente alla giustizia internazionale, però è un fatto. Il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale dall’Interpol, ma che quando questa arriverà lo Stato farà quanto necessario per collaborare – collaborare con l’Interpol perché Duterte ritirò le Filippine dallo Statuto di Roma della Corte proprio perché ne temeva le accuse. Da Hong Kong, territorio dove la Cpi non ha competenza, Duterte si è detto disponibile all’arresto confermando che quanto aveva ordinato da Presidente fosse per ragion di Stato e non per volontà personale, però “se questo è davvero il destino della mia vita” ha detto alla Reuters “Lo accetterò. Possono arrestarmi e processarmi”.

Nell’attesa degli sviluppi, va ricordato che è principalmente grazie alla mobilitazione della società civile filippina e internazionale che si è arrivati a questa decisione della Cpi. Esattamente otto anni fa infatti, l’Associazione Luca Coscioni, insieme alla fondazione DRCnet e Non c’è pace senza giustizia, alla presenza della Commissione per i diritti umani delle Filippine, diretta dal compianto Chito Gascon, organizzavano un incontro in seno alla Commissione sulle droghe dell’Onu di Vienna per denunciare l’operato della polizia e degli squadroni della morte ispirati da Duterte. L’impegno civile per la giustizia, la democrazia e la libertà di stampa nelle Filippine ha fatto sì che nel 2021 Maria Ressa, co-fondatrice di Rappler, il principale sito di notizie digitali del Paese, abbia ricevuto (col giornalista russo Dmitry Muratov) il Premio Nobel per la Pace.

Da allora non è passata riunione all’Onu di New York o Vienna che non si sia insistito pubblicamente per chiedere l’incriminazione di Duterte e la liberazione della Senatrice Leila de Lima che fu tra le prime a denunciare coraggiosamente le spedizioni punitive subendo un arresto con accuse oltraggiose. Liberata l’estate scorsa, de Lima sarà a Roma a fine marzo. Ci sarebbe da paragonare questa vicenda con il caso Almasri, ma se ne riparlerà…

11 Marzo 2025

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