Il caso dell'ex ministro

Il processo a Mario Landolfi: “Anatomia di un’ingiustizia”

Nel libro del giornalista Maurelli la storia del procedimento giudiziario nei confronti dell’ex ministro condannato per corruzione.: una strage dei principi del giusto processo

Giustizia - di Amedeo Laboccetta

7 Febbraio 2025 alle 15:30

Condividi l'articolo

Photo credits: Sara Minelli/Imagoeconomica
Photo credits: Sara Minelli/Imagoeconomica

Succede a Napoli. Anzi a Santa Maria Capua Vetere, nel Palazzo di Giustizia da sempre simbolo dell’orgoglio cittadino e da sempre concupito dalla contigua Caserta, unico capoluogo italiano privo del foro. Ma è una storia di malagiustizia quella raccontata da Luca Maurelli, giornalista in forze al Secolo d’Italia, nel suo ultimo libro (“Anatomia di un’ingiustizia – il processo a Mario Landolfi” – Guida Editore, 18€, PP 220), che ha il pregio di riportare alla luce la storia di un procedimento giudiziario dipanatosi nei tre gradi di giudizio per ben 16 anni e che ha visto sfilare sul banco dei testimoni magistrati come Raffaele Cantone e Alfredo Mantovano, boss di camorra del calibro di Augusto La Torre ed ex ministri come Altero Matteoli.

Ex-ministro, del resto, è anche chi siede alla sbarra degli imputati: Mario Landolfi, già MSI, poi AN e quindi PdL, titolare delle Comunicazioni nel III governo Berlusconi e dal 2007 inquisito dalla Dda napoletana con un ragguardevole gruzzoletto di accuse, tra cui spicca la corruzione di un Consigliere Comunale di Mondragone, sua Città natale, aggravata dell’agevolazione mafiosa. Di tutte resterà in piedi solo quest’ultima pur depurata dalla circostanza aggravante. Landolfi esce dunque pulito dall’accusa più infamante, ma resta definitivamente impigliato nella corruzione: due anni, pena sospesa e non menzione della pena.

Nel processo l’ex Ministro si comporta come un imputato d’altri tempi: fa acquisire al dibattimento tutte le richieste dell’accusa, rinuncia alla prescrizione e quando la Camera nega l’utilizzo delle sue conversazioni telefoniche, lui prima le pubblica sul proprio profilo Facebook per poi spogliarsi delle sue prerogative parlamentari e farsi interrogare dal pm, che così può acquisirne il contenuto. Ma non basta: la condanna arriva uguale, la Corte d’Appello la conferma “per relationem”, mentre la Cassazione differirà la sentenza di circa due mesi per poi dichiarare inammissibile il ricorso. C’è da chiedersi, a questo punto, che cosa abbia spinto Maurelli a bollare come “ingiustizia” una decisione passata in tre gradi di giudizio.

Premessa: se un pregio ha il suo libro, è quello di raccontare una storia di tribunale senza appesantimenti testuali e senza tecnicismi. La lettura scorre piacevole perché l’autore, con apprezzabile sapienza narrativa, alterna le fasi processuali alla descrizione del contesto territoriale, alla personalità dell’imputato, alla sua storia personale, familiare e politica. Ma non divaghiamo. Dov’è, dunque, l’ingiustizia?

A leggere Maurelli, quasi ovunque: dalla decisione di riconvocare, dopo sei ore di camera di consiglio convocata per emettere la sentenza, Giuseppe Valente, pentito dalla memoria colabrodo (23 “non ricordo” e 3 “non so” in trenta pagine di verbale), già presidente del Consorzio rifiuti Ce4 ed esponente di Forza Italia e unico teste di accusa a carico di Landolfi, benché sia stato escusso e nonostante ne siano state acquisite tutte le dichiarazioni rese nei vari filoni processuali – a cominciare da quello a carico di Nicola Cosentino, che anche per le sue propalazioni verrà condannato a 10 anni di carcere – all’omissione/manipolazione di testimonianze, alla surrogazione delle evidenze probatorie con ipotesi e suggestioni, e, infine, alla clamorosa, insanabile, contraddizione tra gli annunciati criteri di valutazione della prova e la loro concreta attuazione. Tutto documentato.

Insomma, una vera strage dei principi che regolano il giusto processo. Per questo, una volta letto il libro di Maurelli sorge spontanea la domanda: con questi giudici ha ancora senso confinare la presunzione d’innocenza nei tre gradi di giudizio?

7 Febbraio 2025

Condividi l'articolo