Gli orrori del '900 in pellicola
Quali sono i migliori film sulla Shoha: da “Schindler’s list” a “La zona d’interesse”, i capolavori del cinema per non dimenticare l’Olocausto
Da successi internazionali come “Schindler’s list” e “La scelta di Sophie” a capolavori italiani come “La tregua” e “La vita è bella”: nel tramandare la memoria il grande schermo svolge da anni un ruolo preziosissimo
Cultura - di Chiara Nicoletti

“Siamo diventati genitori, nonni, anche bisnonni. La maggior parte di noi è scomparsa e presto finirà questa generazione che non era destinata a sopravvivere. E arriverà il momento in cui anche coloro che ci hanno messo in discussione, scompariranno. I libri saranno quindi gli unici custodi della nostra memoria. Non sono le informazioni che mancheranno ma il contatto unico, insostituibile, travolgente di colui che dice: “Ero lì, è successo”.
Le parole di Simone Veil, politica francese scomparsa nel 2017 e sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz. La riflessione di Veil, incipit del film autobiografico Simone Veil – La donna del secolo, ci porta a rispondere che, a tenere viva la memoria, il cinema ha dato un grande contributo. E questa tendenza a raccontare, da diverse angolazioni e punti di vista, l’orrore dell’Olocausto, fortunatamente non si placa, cossiché ogni 27 gennaio, Giorno della Memoria, viene celebrato con un nuovo sguardo, spesso italiano. È appena andato in onda, su Rai1, La farfalla impazzita con Elena Sofia Ricci che ripercorre la storia esemplare di Giulia Spizzichino, ebrea romana segnata dallo sterminio nazista della sua famiglia, che lottò per ottenere la condanna dell’esecutore della strage delle Fosse Ardeatine. La settimana della Memoria non è ancora finita e vista l’impellente necessità di ricordarci che la storia si ripete, ecco uno sguardo ai migliori film sulla Shoah, per non dimenticare.
La scelta di Sophie, 1982: è valso a Meryl Streep il suo secondo Oscar ed è tratto dall’omonimo romanzo di William Styron. Da poco inserito tra i 100 migliori film americani di tutti i tempi dall’American Film Institute, La scelta di Sophie, il lager di Auschwitz lo descrive attraverso i ricordi della protagonista, sopravvissuta al campo di sterminio ma segnata, appunto, dalla scelta del titolo, quella su chi salvare tra i suoi due figli. Il film del regista di Tutti gli uomini del presidente parla dei segni, delle cicatrici emotive indelebili di chi sopravvive ma non riesce mai veramente a tornare a vivere.
Schindler’s list, 1993: c’è un prima e dopo nella narrazione cinematografica della Shoah e quella linea di demarcazione l’ha certamente tracciata questo capolavoro diretto da Steven Spielberg, vincitore di 7 premi Oscar. Girato quasi interamente in bianco e nero e tratto dal romanzo di Thomas Keneally, narra la storia vera del tedesco Oskar Schindler, magistralmente interpretato da Liam Neeson, che salvò centinaia di ebrei dalla Shoah, impiegandoli nella sua fabbrica. Con un piede nel grande cinema hollywoodiano del tempo ma un’onestà documentaristica, specialmente nelle scene dei rastrellamenti, dove mostra le vittime e ne rappresenta schiettamente i corpi martoriati e sofferti, Spielberg consegna immagini che non si possono più cancellare dalla memoria e segna di fatto la coscienza collettiva, facendo la storia del cinema.
Jona che visse nella Balena, 1993: nello stesso anno di Schindler’s List, l’italiano Roberto Faenza vinceva tre David di Donatello per uno dei suoi film più significativi, il cui soggetto, incentrato e ambientato durante l’Olocausto, era tratto dal romanzo autobiografico dello scrittore Jona Oberski, intitolato Anni d’infanzia. Un bambino nei lager. Storia di un bambino ebreo che da Amsterdam, viene deportato insieme ai genitori in due campi di concentramento, Westerbork e poi Bergen-Belsen. Prima di essere finalmente salvato, perde il padre, morto di stenti e la madre, ormai obnubilata dalle torture subite. Memorabile l’inserimento nel film, da parte dell’autore della colonna sonora, il maestro Ennio Morricone, dell’oggi famoso brano Gam Gam, che seppur composto solo negli anni 70, cita il Salmo 23, tradizionalmente cantato dagli ebrei durante lo Shabbat.
La tregua, 1997: ancora Italia nel racconto delle persecuzioni naziste, questa volta per mano del maestro Francesco Rosi che con questo titolo firmò l’ultima regia della sua carriera. Presentato al 50esimo Festival di Cannes traspone al cinema il romanzo omonimo di Primo Levi, dove lo scrittore narra il suo difficile viaggio di ritorno nella natìa Torino dopo l’abbandono di Auschwitz da parte delle truppe tedesche per l’intervento di quelle sovietiche. Con John Turturro nei panni di Levi, La Tregua ha vinto 4 David di Donatello.
La vita è bella, 1997: Far vivere ad un bambino il rastrellamento come un gioco nel tentativo di tenerlo lontano dall’orrore, se non fisicamente, almeno mentalmente. Ecco la trama del film italiano dei record co-scritto, diretto e interpretato da Roberto Benigni. Presentato a Cannes, oltre agli indimenticabili 3 Oscar tra cui quello alla colonna sonora di Nicola Piovani, acclamata in tutto il mondo, 9 David di Donatello e 5 Nastri d’argento, il film incassò 92 miliardi di lire in Italia ed è, a quasi 20 anni di distanza, una delle pellicole italiane tra le più conosciute e apprezzate in tutto il mondo.
Il pianista, 2002: riportiamo un’intervista di quell’anno del regista Roman Polański, che, avendo fatto esperienza dei lager lui stesso, dichiarò di aver ricevuto l’offerta di dirigere Schindler’s list ma che per un coinvolgimento “troppo personale” nelle vicende, aveva optato per la più “leggera” trama de Il Pianista. Tratto dal romanzo autobiografico omonimo del compositore Władysław Szpilman, racconta le sue vicende dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale al ghetto fino alla fuga e la liberazione. Palma d’oro al Festival di Cannes e vincitore di 3 Premi Oscar, il film ha consacrato Adrien Brody alla fama internazionale.
Il Bambino con il pigiama a righe, 2008: l’amicizia tra due bambini, uno figlio del comandante tedesco del campo e l’altro ebreo prigioniero nel lager. Il campo di sterminio visto attraverso il filtro ingenuo dell’infanzia. Nonostante il successo tra il pubblico più giovane e le famiglie, il film, per il suo epilogo inaspettato, è stato aspramente criticato da studiosi di quel periodo poiché accusato di oscurare i reali fatti storici e creare una falsa equivalenza tra vittime e carnefici.
Il Figlio di Saul, 2015: Se Schindler’s List aveva reso visibile l’orrore attraverso uno sguardo schietto sui corpi e sugli avvenimenti, l’opera prima del regista ungherese László Nemes, attraverso il formato insolito del 4.3 e un punto di vista in soggettiva sulle vicende, completa il quadro con tutti gli altri sensi. Costretto a fare da sonderkommando e dunque con il compito di rimuovere i cadaveri dei suoi “compagni” di lager, Saul individua tra i corpi quello di suo figlio. Storia di un padre che cerca disperatamente di dare degna sepoltura al figlio. Indimenticabile.
Il fotografo di Mauthausen, 2018: la Spagna celebra un personaggio fondamentale della sua storia, Francesc Boix. Fotoreporter e poi partigiano, durante l’imprigionamento nel campo di concentramento di Mauthausen – Gusen, incaricato dalle stesse SS di documentare fotograficamente ciò che accadeva lì dentro, conservò i negativi e fu testimone chiave nel Processo di Norimberga. È grazie a Boix che oggi sappiamo delle torture, le sevizie, gli esperimenti condotti dentro i lager nazisti.
La zona di interesse, 2023: chiude la carrellata il Miglior film Straniero agli Oscar 2024. Il titolo che più d’ogni altro rappresenta il nostro presente indifferente all’orrore che si consuma, letteralmente, ad un passo da noi. Una famiglia benestante vive felice all’aria aperta e i giardini fioriti mentre al di là del muro di casa, c’è il campo di concentramento di Auschwitz diretto dal capofamiglia. Della ‘soluzione finale’ se ne sente l’odore e a volte il rumore ma non importa a nessuno.