La sentenza a Teheran

Iran: confermata la condanna a morte per Pakhshan Azizi, accusata di ribellione e detenuta a Evin

L'arresto nel 2023, per mesi detenuta in isolamento prolungato, accusata di legami con gruppi armati fuorilegge. Processo "gravemente ingiusto" per Amnesty. Il ricorso e la campagna

Esteri - di Redazione Web

13 Gennaio 2025 alle 19:28

Condividi l'articolo

FOTO DA AMNESTY INTERNATIONAL
FOTO DA AMNESTY INTERNATIONAL

Sta facendo il giro del mondo, nei giorni successivi alle notizie sull’arresto in Iran e la liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala, la vicenda di Pakhshan Azizi: condannata a morte dalla Corte Suprema di Teheran. Accusata di ribellione, di legami con gruppi curdi. È detenuta nel carcere di Evin, lo stesso dov’era detenuta Sala per tre settimane, considerata la prigione degli oppositori della teocrazia sciita. Respinto il ricorso alla Corte Suprema, l’avvocato Amir Raisian ha annunciato che presenterà una richiesta per un nuovo processo.

A dare la notizia alcuni gruppi a difesa dei diritti umani. Azizi ha 40 anni. Era stata condannata a morte a giugno, è stata ritenuta colpevole di “ribellione” dopo l’arresto nell’agosto del 2023, detenuta in isolamento prolungato per cinque mesi senza poter parlare con un avvocato o con la famiglia, accusata di far parte di gruppi armati curdi fuorilegge. Gli avvocati hanno negato qualsiasi legame con le organizzazioni. “Nonostante i numerosi difetti del caso, il ricorso è stato respinto e la condanna a morte è stata confermata”, ha dichiarato l’avvocato difensore.

 

Il processo è stato definito “gravemente ingiusto” da Amnesty International. L’organizzazione ha descritto Azizi come un’operatrice umanitaria e attivista della società civile che dal 2014 al 2022 ha aiutato donne e bambini nei campi nel nord-est della Siria e nel nord dell’Iraq sfollati dai territori controllati dallo Stato Islamico. Per Amnesty International Azizi è stata sottoposta a “sparizione forzata” e a “torture e altri maltrattamenti durante gli interrogatori”. Sarebbe stata costretta a torture e altri maltrattamenti per costringerla a “confessare” legami con gruppi curdi di opposizione. E lei avrebbe sempre negato.

“Il processo di Pakhshan Azizi – scrive ancora Amnesty – svoltosi in due sessioni il 28 maggio e il 16 giugno 2024, è stato gravemente iniquo. Il suo ricorso è stato respinto dalla Corte suprema”. Per l’ong Norvegia Iran Human Rights l’azione penale punta a intimidire la società civile dopo le rivolte scoppiate a partire dal settembre 2022, dopo la morte di Mahsa Amini: le più estese dalla fondazione della Repubblica Islamica. “Questa sentenza illegale, emessa per incutere timore nella società e impedire nuove proteste, deve essere condannata con la massima fermezza dalla comunità internazionale”, ha affermato il direttore di Ihr, Mahmood Amiry-Moghaddam.

13 Gennaio 2025

Condividi l'articolo