Il caso Sala

Cecilia Sala in carcere a Teheran senza letto e in isolamento da 14 giorni: Farnesina convoca l’ambasciatore iraniano, “no” del Pg di MIlano a domiciliari per Abedini

Cronaca - di Redazione

2 Gennaio 2025 alle 11:14

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Cecilia Sala in carcere a Teheran senza letto e in isolamento da 14 giorni: Farnesina convoca l’ambasciatore iraniano, “no” del Pg di MIlano a domiciliari per Abedini

In isolamento, costretta a dormire sul pavimento con due coperte, una utilizzata come materasso di fortuna e l’altra per coprirsi dal freddo pungente, costretta a fare i conti con luci accese 24 ore su 24. Sono le condizioni di detenzione di Cecilia Sala, la giornalista italiana arrestata a Teheran, in Iran, lo scorso 19 dicembre: da quattordici giorni la 29enne, collaboratrice de Il Foglio e autrice di podcast per Chora Media, è costretta in questo regime di detenzione da parte della autorità iraniane del carcere di Evin, noto per le sue condizioni brutali e per ospitare i dissidenti.

Un quadro ben diverso rispetto a quanto assicurato in un primo momento dal regime: Cecilia Sala dal momento dell’arresto, avvenuto per una generica accusa di aver “violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran”, ha potuto incontrare per mezz’ora l’ambasciatrice italiana in Iran Paola Amadei.

Il pacco consegnato alle autorità del carcere dall’ambasciatrice sabato 28 dicembre, che conteneva alcuni libri, sigarette, un panettone, articoli per l’igiene e una mascherina per coprire gli occhi, non è stato ricevuto ad oggi dalla giornalista. Il Ministero degli Esteri iraniano aveva assicurato alcuni giorni fa che il pacco fosse stato consegnato in cella, circostanza questa smentita da persone vicine ai genitori di Cecilia Sala, che il primo gennaio hanno ricevuto una nuova telefonata dalla figlia: ai familiari la giornalista, privata anche dei suoi occhiali da vista, ha chiesto di “fare in fretta”, di trovare una soluzione per poter tornare in libertà e in Italia.

Accuse respinte dal regime iraniano. Su X l’ambasciata iraniana a Roma sottolinea che a Cecilia Sala “sono state fornite tutte le agevolazioni necessarie”.

“L’ambasciatore del nostro Paese ha annunciato in questo incontro che sin dai primi momenti dell’arresto della signora Sala, secondo l’approccio islamico e sulla base di considerazioni umanitarie, tenendo conto del ricorrente anniversario della nascita di Cristo e dell’approssimarsi del nuovo anno cristiano, si è garantito l’accesso consolare all’ambasciata italiana a Teheran, sono state inoltre fornite alla signora Sala tutte le agevolazioni necessarie ,tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari”, si legge in una nota.

Le richieste italiane

Di fronte a questo quadro l’Italia, tramite una nota verbale che la Farnesina attraverso l’ambasciatrice Paola Amadei, ha consegnato al governo iraniano, ha chiesto a Teheran garanzie totali sulle condizioni di detenzione di Cecila Sala” e la sua “liberazione immediata“.

L’Italia chiede, in primo luogo, che alla detenuta vengano assicurate le migliori condizioni nel penitenziario di Evin, con la possibilità di fornirle generi di conforto. Sul punto fonti della Farnesina fanno notare che “i tempi e le modalità di detenzione saranno una indicazione univoca delle reali intenzioni e dell’atteggiamento del sistema iraniano nei confronti della Repubblica italiana”.

Tra le richieste trasmesse alle autorità di Teheran anche quella di un nuovo incontro tra l’ambasciatrice e Sala dopo quello del 27 dicembre. “Spero che possa esserle concesso in tempi rapidi”, ha affermato il ministro degli Esteri Antonio Tajani ribadendo che si sta “lavorando con grande discrezione per risolvere questo intricatissimo problema: ce la stiamo mettendo tutta, siamo in contatto con la famiglia costantemente”.

Tajani che dopo due settimane “batte un colpo” e convoca l’ambasciatore iraniano a Roma. “Ho dato mandato al Segretario generale della Farnesina di convocare l’Ambasciatore iraniano a Roma. L’incontro avverrà alle ore 12. Il Governo, come dal primo giorno dell’arresto di Cecilia Sala, lavora incessantemente per riportarla a casa e pretendiamo che vengano rispettati tutti i suoi diritti. Fino alla sua liberazione, Cecilia e i suoi genitori non saranno mai lasciati soli”, ha scritto su X il vicepremier e ministro degli Esteri.

Caso, quello di Cecilia Sala, anche al centro di un vertice tenuto questo pomeriggio a Palazzo Chigi alla presenza della premier Giorgia Meloni, del ministero degli Esteri Tajani, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e i servizi di intelligence.

Il collegamento con “l’uomo dei droni”

La detenzione di Cecilia Sala nel carcere di Evin è legata all’arresto avvenuto all’aeroporto milanese di Malpensa di Mohammad Abedini Najafabadi, fermato il 16 dicembre scorso, tre giorni prima del fermo di Sala, su richiesta degli Stati Uniti.

Attualmente detenuto nel carcere milanese di Opera, secondo le autorità di Washington, che ne chiedono l’estradizione, sarebbe legato al regime dell’Ayatollah Khamenei. Negli Stati Uniti Mohammad Abedini Najafabadi è accusato di associazione per delinquere, violazione delle leggi sull’esportazione e sostegno ad organizzazione terroristica.

Secondo gli inquirenti americani il tecnico-informatico 38enne, cittadino svizzero-iraniano, avrebbe creato una società schermo attraverso la quale acquistare componenti tecnologiche per la costruzione dei droni utilizzati dai pasdaran iraniani, compresi quelli costati la vita a tre soldati americani nell’attacco del 28 gennaio 2024 in Giordania.

Il suo difensore, l’avvocato Alfredo De Francesco, ha chiesto gli arresti domiciliari per il suo assistito, ma i tempi non saranno brevi. “Io sono un accademico, uno studioso: non sono certo un terrorista – ha detto Najafabadi nel corso di un colloquio con il legale e il console iraniano -. Non capisco questo arresto, sono stupito”.

La Procura: “No ai domiciliari”

La posizione della Procura generale di Milano è però netta: parere negativo alla richiesta del difensore del tecnico svizzero-iraniano alla scarcerazione.

Per la procuratrice generale Francesca Nanni, si legge in una nota, “la messa a disposizione di un appartamento e il sostegno economico da parte del consolato dell’Iran, insieme a un eventuale divieto di espatrio e obbligo di firma, non costituiscono una idonea garanzia per contrastare il pericolo di fuga del cittadino di cui gli Usa hanno chiesto l’estradizione”. La Procura generale sottolinea inoltre che “nel merito delle accuse mosse dalle autorità statunitensi, ci si riserva una approfondita e completa valutazione all’esito degli atti che verranno trasmessi”.

Stesso “suggerimento” arrivato in una nota trasmessa nelle scorse al ministero degli Esteri e della Giustizia italiani dalle autorità statunitensi che avevano richiesto il fermo di Amedini. Per Washington Mohammad Abedini Najafabadi è “estremamente pericoloso e non va scarcerato“. Nel documento si specificano le ragioni dell’altissimo rischio di fuga dell’ingegnere 38enne, una volta fuori dal carcere milanese di Opera.

di: Redazione - 2 Gennaio 2025

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