Le motivazioni della sentenza
Il Comitato Giambellino lavorava bene, ma così la procura di Milano lo ha annientato
Le motivazioni della sentenza che discolpa i membri dell’associazione: occupare case pubbliche sfitte e darle ad aventi diritto non è reato
Cronaca - di Frank Cimini
“C’era la continuazione tra più fatti di occupazioni abusive di immobili ma va esclusa l’esistenza di una associazione per delinquere” Lo scrivono in 113 pagine i giudici della corte di appello di Milano per spiegare perché il 6 dicembre scorso hanno assolto dal reato più grave i giovani del Comitato Giambellino Lorenteggio, che in primo grado erano stati condannati dopo essere stati agli arresti domiciliari e subito altre misure cautelari.
”Lo scopo del comitato era quello di occupare case popolari vuote e assegnarle ai richiedenti cercando poi di rendere definitiva l’occupazione contro le iniziative della polizia in particolare monitorando eventuali movimenti degli agenti”, aggiungono i giudici, secondo i quali si trattava di una ipotesi scolastica, quella della associazione per delinquere, perché il reato associativo prevede una associazione per delinquere finalizzata alla esecuzione di un vasto programma criminoso per la commissione di un numero indeterminato e non preventivato di reati. Il Comitato “agiva a livello di quartiere, non aveva la pretesa di estendere le sue attivita’ fuori dai limiti territoriali ove se fosse presentata l’occasione”.
La procura di Milano da questa vicenda esce seccamente sconfitta. Ma purtroppo questo accade dopo la chiusura delle scuole di teatro e di calcio e pure della mensa popolare. Cioè delle realtà messe in piedi dal Giambellino. Insomma i pm hanno distrutto il Giambellino azzerando la lotta per la casa e contro le disuguaglianze sociali. Uno dei pm apparteneva a Md e questo dimostra che quando c’è da praticare la repressione senza che vi sia sovversione, Magistratura Democratica non è seconda alle correnti centriste e di destra.
Secondo la corte di appello “la decisione di primo grado non può essere condivisa perché gli imputati hanno occupato immobili sfitti che la stessa Aler non ha saputo gestire in modo efficiente. L’immagine pubblica dell’ente non è stata compromessa dall’azione degli imputati che semmai hanno approfittato di un vuoto di presenza da parte dell’azienda pubblica”. ”Le offese rivolte ai funzionari di Aler – si legge ancora nella sentenza – avrebbero dovuto formare oggetto di specifica azione da parte di costoro non riguardando l’ente in quanto tale. In ogni caso non è stata raggiunta la prova dell’ammontare del danno in quanto il primo giudice si è limitato a motivare genericamente sul punto con la formula ‘avuto riguardo alla gravità delle condotte consumate’”.