Il nuovo film del regista
Ron Howard parla di Eden: “L’occidente di ieri è lo stesso di oggi”
La pellicola del regista premio Oscar racconta la storia vera di due tedeschi che nel 1929 si trasferirono sull’isola di Floreana, ma si trovarono a fare i conti con altri occidentali rapaci
Spettacoli - di Chiara Nicoletti
Ad aprire il 42° Torino Film Festival ci ha pensato il premio Oscar per A Beautiful Mind Ron Howard con Eden. Al regista e storico Ricky Cunningham di Happy Days è stato chiesto molto del film ma non si poteva non partire dalla scottante attualità del suo paese, gli Stati Uniti. Pochi ricorderanno infatti che nel 2020 Howard realizzò Elegia americana, con Amy Adams e Glenn Close, dove portava sul grande schermo le vicende tratte dal libro di memorie del 2016 di J.D.Vance, scrittore e politico repubblicano, nominato come candidato vice presidente per la campagna presidenziale del 2024 di Donald Trump.
Interrogare Howard all’indomani delle elezioni americane era dunque d’obbligo, prima di addentrarsi dentro “il giardino” di Eden. “È molto difficile per me commentare l’amministrazione e cosa sarà, perché è un’incognita. Le elezioni sono avvenute, ho votato, ma non è andata come volevo. Sono però un cittadino di un paese democratico e adesso è il momento di andare avanti e di fare il nostro meglio, guardando al futuro. Ho le mie preoccupazioni, naturalmente, ma dovremo aspettare e vedere dove finisce la retorica e iniziano le decisioni”, spiega il regista. Eden è un drama thriller con un cast ricco, con attori del calibro di Jude Law, Ana De Armas, Vanessa Kirby, Daniel Brühl e Sydney Sweeney e sarà distribuito in Italia prossimamente da 01 Distribution. Si ispira alla storia vera, raccontata in ben due biografie contrastanti e controverse, del dottor Friedrich Ritter e di sua moglie Dora Strauch, sullo schermo Law e Kirby, due europei idealisti che fuggirono dalla Germania nel 1929, rinnegando i valori borghesi distruttori della natura dell’umanità, per trasferirsi sull’isola disabitata di Floreana, nell’arcipelago delle Galápagos.
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I due, data la fama della loro impresa, furono raggiunti dapprima da Margaret e Heinz Wittmer (Brühl e Sweeney) coloni seri e capaci, e successivamente dalla sedicente baronessa Eloise Bosquet de Wagner Wehrhorn (De Armas) seguita dai suoi due amanti, un servitore ecuadoriano e un piano per aprire un hotel di lusso sull’isola. La convivenza problematica, data la sfida climatica e di sopravvivenza sull’Isola portò ad un vero e proprio carnage, una sfida di affermazione e di civiltà. Ron Howard affronta in maniera impattante e cupa il tema del rapporto con la natura, altro motivo di preoccupazione in relazione alla politica di Trump.
Non si sbilancia troppo su questo argomento il regista di Apollo 13 ma commenta “Non credo si tratti solo degli Stati Uniti però. In tutto il mondo siamo in lotta per cercare di capire l’impatto degli esseri umani sul pianeta. E certamente questo è uno dei temi del film che spero possa portare a un punto di svolta per gli spettatori riguardo la gamma di approcci che tutti possiamo scegliere di adottare o non adottare nella nostra convivenza con la natura”. Aggiunge poi una riflessione Ron Howard: “Sono molto preoccupato, come tutti gli esseri umani, per la grande sfida di trasformazione che sta avvenendo in questo momento nel mondo. È come se fossimo al tempo di una rivoluzione industriale unita al Rinascimento, moltiplicata per mille volte con un acceleratore. Condivido una situazione di ansia che molte altre persone nel mondo stanno vivendo e per cui purtroppo non ho una risposta. Ed è per questo che ho trovato interessante osservare che alla fine degli anni Venti e all’inizio degli anni Trenta, in particolare in Europa, c’erano delle persone che sentivano il bisogno di reinventarsi, di trovare un altro posto dove vivere e un diverso modo di vivere”.
Un tema classico quello di Eden ma anche contemporaneo, ragiona Howard. Che rivela: “Ho conosciuto questa storia quindici anni fa durante una vacanza alle Galapagos e ne sono stato totalmente affascinato. Ho pensato, sarebbe potuto benissimo essere un soggetto di Herzog o di Terrence Malick. Ero con la mia famiglia e tutto ciò che abbiamo fatto è stato parlare di questi personaggi. Si è creato un dibattito. ‘Tu cosa avresti fatto? Sarebbero emersi i tuoi impulsi più oscuri o te ne saresti in qualche modo liberato?’ “. Per lungo tempo, nonostante questa conversazione interiore sui temi “oscuri” del film non l’avessero abbandonato, Ron Howard si è chiesto se questa storia potesse risuonare con l’oggi. E poi c’è stato il click: “Ci sono stati momenti in cui ho pensato che questa storia avesse scarsa rilevanza con l’attualità, ma dopo la pandemia ho capito che il legame con il momento che stiamo vivendo è forte e che ci saremmo potuti facilmente immedesimare con i personaggi”.
L’oscurità dei temi con cui ha avuto a che fare Ron Howard è chiara nella fotografia del film: nonostante ci fossero 40 gradi e il sole fosse perennemente a tormentare e illuminare gli interlocutori di questa storia, Eden non vede mai veramente la luce, è cupo, tra il grigio e il seppia, in chiara contrapposizione con i desideri dei suoi abitanti. Sono i tre personaggi femminili a farla da padrone nel film, è loro l’evoluzione più interessante, la sfida più avvincente, soprattutto quella della mite e all’apparenza obbediente Margaret, interpretata da una Sydney Sweeney lontanissima dai ruoli da femme fatale a cui ci ha abituato. “Trovo interessante l’arco narrativo delle tre donne, le scelte che compiono per sopravvivere. Sono tre personalità diverse: la baronessa è una narcisista in cerca della fama, Dora è una donna più profonda a livello intellettuale, che scava in se stessa per trovare la verità, e Margaret che non riesce a concepirsi in un ruolo diverso da quello di sposa e madre, ma che trova in se stessa una forza che non credeva di avere” conferma Howard.
A Fred Film Radio, media partner del Torino Film Festival, il regista aggiunge a questo proposito che “la sceneggiatura ha attratto queste grandissime artiste perché racconta una storia dove le protagoniste femminili risaltano e si posizionano al centro per le loro gesta tragiche, a volte eroiche e il film racconta queste loro avventure e il loro percorso”. Tutti i film di Ron Howard sono dei titoli da super botteghino e sono stati dunque distribuiti dai grandi Major Studio. Eden fa eccezione poiché, se in Italia lo vedremo prossimamente, negli Stati Uniti non si sa ancora quando arriverà nei cinema. Spiega l’arcano lo stesso Howard: “Una delle ragioni per cui mi sono preso il mio tempo per girare questo film è che non si tratta di una produzione convenzionale da Studio. Sapevo di avere bisogno di una produzione indipendente, proprio per avere la giusta libertà, impostare il tono corretto che volevo e renderlo creativamente ambizioso come penso che sia. È sicuramente una novità per me – conferma – ma penso che sia una realtà dell’industria odierna. Sono stato in grado di realizzare Eden con il controllo completo, è il film con cui volevo sperimentare da quasi quindici anni”.