L'omicidio di Giulia Cecchettin
L’ergastolo è un’inutile vendetta, anche per Filippo Turetta
Ieri c’è stata la sentenza. Condivisa dall’opinione pubblica. Il padre di Giulia: “La violenza di genere non si combatte con le pene”
Cronaca - di Piero Sansonetti
“La violenza di genere non si combatte con le pene. Oggi abbiamo perso tutti. Nessuno mi ridarà indietro Giulia, non sono né più sollevato né più triste rispetto a ieri. È chiaro che è stata fatta giustizia, ma dovremmo fare di più come esseri umani, la violenza di genere va combattuta con la prevenzione. Come essere umano mi sento sconfitto, come papà non è cambiato niente rispetto a ieri o a un anno fa”.
Ha detto così Gino Cecchettin, il padre di Giulia, la ragazza uccisa a coltellate un anno fa da Filippo Turetta. Non sappiamo se queste sue parole, e quelle che ha detto altre volte in altre occasioni, avranno molto ascolto. L’impressione è che il processo che si è concluso ieri pomeriggio, con la sentenza di ergastolo, abbia sollecitato nel paese una vera e propria sollevazione giustizialista. Il ragionevole sdegno per questo orrendo delitto, e per il maschilismo che c’è dietro, si è trasformato quasi tutto in sete di vendetta. In ricerca della pena più dura possibile. In richiesta di aggravanti delle aggravanti delle aggravanti.
Ieri in molti protestavano perché a Filippo Turetta non sono state riconosciute alcune aggravanti, tra le quali quella della crudeltà mentale. C’è una parte assolutamente maggioritaria dell’opinione pubblica che si sente “giudice”, o più precisamente “giudice feroce”. E se gli dici che la ferocia non aiuta la crescita di una società moderna, ti rispondono: “Lui è stato feroce, merita una risposta feroce”. Quella di Gino Cecchettin resta una voce nel deserto. La nobiltà d’animo, la maturità intellettuale, doti rarissime. I giudici hanno deciso per l’ergastolo. Negli ultimi tempi fioccano gli ergastoli. Probabilmente anche perché i giudici sentono la pressione dell’opinione pubblica, dei giornali, delle tv, dei social. Il movimento femminista ha dimostrato di essere ancora forte, un anno fa, quando è sceso in piazza, compatto, mobilitando migliaia di giovani, femmine e maschi. Però evidentemente non ha più quella dote, che aveva alle sue origini almeno in alcune delle sue componenti più importanti, che era il garantismo. Non sa dire: combattiamo il patriarcato ma senza ergastoli.
L’ergastolo lo hanno inventato i patriarchi. L’ergastolo è una pena crudele. E per questo è incompatibile con la nostra Costituzione. L’ergastolo è solo una concessione al giustizialismo che trionfa nell’opinione pubblica. È una pena contraria al diritto. Una società diventa veramente moderna e civile quando fa sua la convinzione che la vendetta è una bestialità, che lo Stato deve rifiutare la vendetta, che non è con la ferocia che si affronta la ferocia degli assassini. Che le carceri sono una cosa orrenda e bisogna tendere ad abolirle. Che la giustizia non è qualcosa che si costruisce attorno alla pena. Spesso giustizia e pena sono un ossimoro. Chissà quanti tra quelli che oggi invocano ergastoli e 41 bis, la sera, con gli amici, cantano le canzoni di De André. Sappiamo, per esempio, che Salvini è un fan di De André. Chissà se lo hanno mai ascoltato quando cantava: “Lo sanno a memoria il diritto di Dio, ma scordano sempre il perdono…”