Un Paese spaccato
La Georgia guarda a Mosca, stop ai colloqui di adesione all’Ue: esplode la protesta di piazza
La Georgia pro-Europa torna in piazza contro il governo filo-russo di Irakli Kobakhidze, il primo ministro di “Sogno georgiano” uscito vincitore dalle elezioni parlamentari dello scorso 26 ottobre macchiate da evidenti brogli.
Una folla si è radunata davanti al parlamento di Tbilisi, decine di migliaia di manifestanti “armati” di bandiere del Paese, dell’Unione Europea e dell’Ucraina, per protestare contro la decisione del governo di non partecipare ai negoziati per l’adesione all’Ue prima della fine del 2028.
Un segnale, per i manifestanti, di una ulteriore spinta dell’esecutivo verso le sirene del Cremlino di Vladimir Putin. Non a caso in piazza, dove non sono mancati momenti di tensione, si sono sentiti ripetutamente slogan contro il governo di Kobakhidze “schiavo di Mosca”.
Governo che, per reprimere le proteste, ha inviato nelle strade la polizia: gli agenti hanno caricato più volte i manifestanti, utilizzando idranti e gas lacrimogeni per disperdere la folla. A fine giornata il ministero dell’Interno del paese ha fatto sapere che tre agenti di polizia sono rimasti feriti, due dei quali sono stati ricoverati in ospedale.
In piazza tra i manifestanti c’era anche la presidente filoeuropeista uscente del Paese, Salomé Zourabichvili. Quest’ultima ha definito la decisione dell’esecutivo come “la fine del colpo di stato costituzionale in atto da settimane”.
La mossa del governo di “Sogno georgiano” di rimandare i negoziati è arrivata poche ore dopo la risoluzione adottata dal Parlamento europeo in cui si condannava le elezioni parlamentari georgiane, denunciando “irregolarità significative” di cui il partito del primo ministro Irakli Kobakhidze “è pienamente responsabile”.