La rubrica Sottosopra

Il cambiamento climatico sta trasformando il Mediterraneo: conseguenze già oggi devastanti ma governi inerti

Negli ultimi 5 anni, nel Mediterraneo (e in Europa) si è registrato un aumento della temperatura di 2,3 gradi rispetto all’epoca preindustriale. Le conseguenze, già ora, sono devastanti, e diventeranno presto irreggibili se si continua ad andare avanti così.

Ambiente - di Mario Capanna

24 Novembre 2024 alle 12:00

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People walk through a street with piled furniture and rubbish on the sides in an area, affected by floods, in Paiporta, Valencia, Spain, Tuesday, Nov. 5, 2024. (AP Photo/Emilio Morenatti)
People walk through a street with piled furniture and rubbish on the sides in an area, affected by floods, in Paiporta, Valencia, Spain, Tuesday, Nov. 5, 2024. (AP Photo/Emilio Morenatti)

Il Mediterraneo è uno di quei luoghi in cui la verità è inseparabile dalla felicità.
(A. Camus)

La regione del Mediterraneo è quella che, a causa dei mutamenti climatici, si sta riscaldando più rapidamente. L’aumento delle temperature è più veloce, e maggiore del 20%, rispetto al riscaldamento medio globale. Una considerazione empirica può aiutarci a capire il fenomeno. Il Mare nostrum è sostanzialmente un grande lago e, fatto salvo l’apporto dei fiumi, il ricambio d’acqua dall’Oceano Atlantico, tramite lo stretto di Gibilterra, è minimo, come quello dall’Oceano Indiano attraverso il canale di Suez. Esso, inoltre, segna il confine tra il clima temperato dell’Europa e quello desertico, tipico dell’area nordafricana e mediorientale. Così, negli ultimi 5 anni, nel Mediterraneo (e in Europa) si è registrato un aumento della temperatura di 2,3 gradi rispetto all’epoca preindustriale, ben superiore alla media dell’1,5 – la soglia da non superare in base alle indicazioni della Conferenza di Parigi (2015).

Le conseguenze, già ora, sono devastanti, e diventeranno presto irreggibili se si continua ad andare avanti così. Grammenos Mastrojeni, segretario generale dell’Unione per il Mediterraneo, parla di “proiezioni di impatti inquietanti. Siamo entrati in una fase di accelerazione esponenziale nel cambiamento dell’ecosistema, al punto che non sappiamo più cosa succederà” (corsivi miei). Sappiamo, però, ciò che è accaduto: l’alluvione distruttiva in Emilia-Romagna, a Valencia, in Sicilia, in vari Paesi del centro e del nord Europa. Aggiunge Mastrojeni: “Abbiamo alterato l’equilibrio energetico del sistema Terra con questa coperta di gas serra che lascia entrare la radiazione solare ma non la lascia più uscire nello spazio (…) immagazzinando una quantità di energia enorme: a livello globale è superiore a 400mila bombe di Hiroshima al giorno”. Pazzesco!

E così abbiamo i “medicani” (gli uragani mediterranei), come quello abbattutosi sulla costa della Libia nel 2023, con il suo strascico di vittime, e le trombe marine devastanti, mai così frequenti, intense e distruttive come ora. L’aumento delle temperature medie sta già provocando il passaggio di una vasta area del Mediterraneo verso condizioni ecologiche tipiche delle regioni aride, con effetti compromettenti per gli esseri umani e tutti i viventi. La desertificazione si accompagnerà a minore disponibilità di acqua. Nell’est e nel sud del bacino mediterraneo, in presenza di scarse precipitazioni e di una rilevante crescita demografica, sono già 180 milioni le persone che vivono con disponibilità idriche insufficienti, mentre sono 80 milioni coloro che sono costretti a subire la mancanza estrema di acqua.

Periodi di siccità rovente e prolungata, come si è verificato nell’estate del 2024, si alterneranno – ammoniscono i meteorologi – a precipitazioni di tipo tropicale, tendenzialmente brevi ma di grande intensità, in grado di provocare dissesti idrogeologici (spesso con vittime e danni materiali ingenti) di vasta dimensione, come già è ampiamente successo. Insomma: andremo incontro alla moltiplicazione di eventi meteorologici estremi. I deleteri effetti mediterranei sono da un lato la prova inequivocabile delle conseguenze derivanti dai mutamenti climatici, mentre, dall’altro, evidenziano l’urgenza estrema di porre riparo all’inquinamento intensivo dell’ecosistema terrestre. Al di là delle chiacchiere, i governi si trastullano con l’inerzia, i rinvii e una sostanziale inattività. Mentre, ad esempio, il rieletto Trump, che diventerà a breve il primo Presidente americano pregiudicato, non solo nega i mutamenti climatici, ma ha già dichiarato di volere sviluppare al massimo i combustibili fossili, esattamente il contrario di quello che è necessario.

Non a caso ha designato come ministro dell’Energia il negazionista Chris Wright, fondatore di Liberty Energy – azienda che fornisce servizi alle compagnie che estraggono petrolio e gas dai giacimenti tramite il “fracking”, processo che prevede la perforazione e frantumazione delle rocce. Una ragione in più, questa, perché l’Europa, e i suoi Paesi mediterranei in particolare, si muovano con speditezza in direzione opposta, verso le fonti energetiche alternative. Ma questo potrà avvenire solo se si svilupperà rapidamente la coscienza collettiva dei cittadini circa i pericoli climatici che ci minacciano. Per fortuna i giovani sono sensibili al tema e si mobilitano di conseguenza. È dovere di noi tutti dare loro una mano.

24 Novembre 2024

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