Io sono ancora qua

Paulo Fonseca: l’allenatore del Milan, leader silenzioso cui non “frega un casso” anche se ti chiami Leao

In discussione praticamente dal suo arrivo sulla panchina rossonera, hanno pagato le sue scelte contro l'Udinese. "Nessun calciatore è più importante della squadra. Quello che penso lo dico dentro lo spogliatoio, faccia a faccia con i giocatori"

Sport - di Antonio Lamorte

22 Ottobre 2024 alle 16:04

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GRAFICA DA FOTO DA LAPRESSE
GRAFICA DA FOTO DA LAPRESSE

Per quanto si possa darli per spacciati, li trovi sempre lì, lì nel mezzo, o sulla fascia, o insomma da quelle parti. Passano gli anni e le stagioni, le sessioni di calciomercato o le aste del Fantacalcio, ma niente: non se ne vanno, in qualche modo resistono. Li chiameremmo i “resilienti” se la definizione non fosse stata così abusata in questi anni, arrivando a comparire persino nel piano che dovrebbe salvare l’economia dell’Europa. Ma alla fine quello sono. Calciatori, allenatori, altri attori del mondo del pallone messi in discussione una volta sì e un’altra pure, a volte gratuitamente, a volte a ragione, che però non mollano. E li trovi sempre lì, a dirlo con i piedi e con il fiato: eh già, io sono ancora qua, come canta Vasco Rossi. Questa rubrica è dedicata e ispirata a loro.

A Paulo Fonseca non gliene “frega un casso”. E si va in panchina anche se ti chiami Rafael Leao, ovvero uno dei protagonisti dello Scudetto del 2021/2022, l’ultimo vinto dal Milan, la stella dei rossoneri, uno dei pochi calciatori nel Campionato di Serie A a dare l’impressione di poter vincere la partita da solo o quasi da un momento all’altro. E che è apparso svogliato, contrariato, negligente in questo inizio di stagione. A Milano l’allenatore portoghese è stato messo in discussione dal primo momento. Non è Antonio Conte, che a Napoli ha riportato l’entusiasmo perduto. Non è Thiago Motta, che alla Juventus ha portato un’idea di gioco forte e al passo con i tempi dopo gli anni dell’ancien régime di Massimiliano Allegri.

Fonseca non avrà il pedigree di altri colleghi più blasonati però è un allenatore navigato e che rivendica la sana abitudine di parlare chiaro guardando agli occhi. “Non sono un attore”, aveva detto in conferenza stampa alla vigilia di Milan-Udinese, partita già campale dopo due sconfitte consecutive contro Bayer Leverkusen e Fiorentina. Il momento delicato dura dall’inizio della stagione, la vittoria nel derby contro l’Inter sembrava aver risollevato un po’ morale e ambiente. E invece no. “Quello che penso lo dico dentro lo spogliatoio, faccia a faccia con i giocatori. Se abbiamo qualche problema non mi frega un casso del nome del giocatore. Per me è importante affrontare immediatamente il problema con chi ha sbagliato”.

A Roma, Theo Hernandez e Leao non avevano partecipato al cooling break restando lontani dal gruppo. A Firenze la coppia Tomori-Abraham si era accalappiata il pallone per calciare il rigore puntualmente sbagliato scavalcando le gerarchie dettate dall’allenatore. Era finita 2 a 1 per i viola “Per me nessun calciatore è più importante della squadra, del Milan. Ci dobbiamo assumere la responsabilità quando sbagliamo. Se qualcuno sbaglia nello spirito di squadra per me è difficile”. Risultato: Leao in panchina, Tomori in panchina. Dentro Okafor, dentro Pavlovic.

A San Siro c’era l’Udinese rivelazione di inizio stagione, due punti più in alto dei rossoneri. È andata a finire 1 a 0, una partita aperta fino agli ultimissimi minuti, con un uomo in meno per gran parte della gara dopo l’espulsione di Reijnders e due spaventi da paura per due gol in fuorigioco millimetrici dei friulani. Grande prestazione di Okafor, decisivo nell’azione del gol partita di Samu Chukwueze al 13esimo. Convincente anche il difensore serbo. E Milan a 14 punti. “Siamo ancora troppo santi, dobbiamo essere più diavoli – ha detto Fonseca – Vincere deve essere la nostra normalità”.

Ha annunciato che gli intoccabili Leao ed Hernandez – scampato alla lezione soltanto perché squalificato con l’Udinese – giocheranno contro il Brugge in Champions League dopo la riverniciata della settimana scorsa. È il leader silenzioso che perdona dopo la ramanzina, di certo meglio del “boss” Zlatan Ibrahimovic, tronfio e pomposo davanti alle telecamere ma lontano dal club e dallo stadio, del quale non si conosce il ruolo misterioso e il luogo da dove “comando io” e “tutti lavorano per me”. La parabola di Fonseca al Milan è una delle trame più interessanti di questa Serie A.

La classifica di Serie A all’ottava giornata

Tiene botta il Napoli di Antonio Conte, anche sul campo dell’Empoli dov’è stato tutto tranne che spettacolo. 1 a 0 su rigore e altri 3 punti per restare in vetta. 1 a 0 anche dell’Inter all’Olimpico contro la Roma, gol del capitano Lautaro, e della Juventus contro la Lazio con autogol e prestazione convincente e difensivamente imperturbabile. Sembra aver preso il ritmo l’Atalanta di Gasperini: 2 a 0 a Venezia. Goleada della Fiorentina a Lecce, 6 a 0, e Monza che ha pasteggiato in casa di un Verona tutto da rivedere, 3 a 0. Domenica è già tempo di big match Juventus-Inter e Fiorentina-Roma.

22 Ottobre 2024

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