L'inchiesta a Prato

Operai pagati 13 centesimi ad abito, la vergogna di Prato

Sono stati trovati i “diari di lavoro” manoscritti da ciascun lavoratore in cui venivano annotate la produzione giornaliera e le rispettive paghe corrisposte. In questo modo veniva ricostruito il prezzo pagato per ogni capo di abbigliamento confezionato pari a circa 13 centesimi.

Cronaca - di Frank Cimini

18 Ottobre 2024 alle 18:00

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Imagoeconomica via Facebook
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Forse stavano meglio gli operai descritti da Marx ai tempi suoi per spiegare la necessità del movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti. A Prato operai costretti a turni di lavoro di 13 ore, sette giorni su sette, in luoghi privi delle minime cautele di sicurezza, senza riposi, ferie, malattie, costretti a dormire in alloggi di fortuna. E, ciliegina su questa orrenda torta, pagati 13 centesimi per ogni capo di abbigliamento confezionato. Due imprenditori cinesi sono ora agli arresti domiciliari. Per altre due persone il gip ha disposto il divieto di dimora a Prato.

La denuncia dell’operaio cinese e l’inizio dell’inchiesta

L’inchiesta era nata dalla denuncia di un operaio cinese irregolare sul territorio italiano che aveva lavorato in un’azienda gestita da un suo connazionale. Alla procura di Prato l’operaio raccontava di aver lavorato in condizioni di sfruttamento. Il capannone in questione veniva individuato nella zona dell’ippodromo. C’erano due siti produttivi tra loro collegati di fatto gestiti da due nuclei familiari inquadrati come meri dipendenti che in precedenza avevano operato attraverso altre imprese. Una famiglia subentrava all’altra. Tutto, secondo quanto accertato finora nell’inchiesta, avveniva ai danni di almeno 24 immigrati extracomunitari dei quali quattro clandestini occupati in tempi diversi.

Le condizioni di sfruttamento e i diari di lavoro

Sono stati trovati i “diari di lavoro” manoscritti da ciascun lavoratore in cui venivano annotate la produzione giornaliera e le rispettive paghe corrisposte. In questo modo veniva ricostruito il prezzo pagato per ogni capo di abbigliamento confezionato pari a circa 13 centesimi. Emergeva la volontà degli imprenditori di massimizzare il profitto a qualsiasi costo, sociale, umano sanitario previdenziale. L’obiettivo veniva perseguito attraverso l’abbattimento del costo del lavoro creando una evidente distorsione economica e concorrenziale con le altre aziende del settore che rispettando le regole hanno costi maggiori di gestione.

Le conseguenze legali e il sequestro dei beni

Sono stati sequestrati preventivamente 184 mila euro. Il tutto finalizzato alla confisca del profitto del reato. Si tratta di debiti previdenziali dovuti. L’operaio cinese che aveva denunciato le condizioni di sfruttamento è stato inserito nel percorso di tutela previsto dal protocollo di intesa contro lo sfruttamento e ha ottenuto un permesso di soggiorno. Questa storia è l’ennesima dimostrazione dell’assenza di anticorpi nella nostra organizzazione sociale che impediscano fenomeni di questo tipo. E non basta certo consolarsi e rassegnandosi pensando che in quella zona i cinesi sono un mondo a parte dove le regole non sono mai esistite. Non è la prima volta che accade e purtroppo non sarà neanche l’ultima.

18 Ottobre 2024

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