Anima della città
Pulcinella: chi è e cosa rappresenta la maschera simbolo di Napoli: la storia, il significato, l’opera di Gaetano Pesce
Personificazione della napoletanità, personaggio della Commedia dell'Arte. De Filippo: "Non è la caricatura di un uomo, è la caricatura dell’uomo. Per questo è universale". Successo e scandalo per l'opera di Gaetano Pesce
Cultura - di Redazione Web
Spopola sui social, com’era prevedibile, ed è ormai una nuova attrazione della Napoli da anni invasa da turisti in ogni momento dell’anno. E c’è ancora chi si chiede cos’abbia da spartire con Pulcinella “Tu si ‘na cosa grande”, l’opera di Gaetano Pesce alta 12 metri installata in Piazza Municipio che rappresenta una re-interpretazione del tradizionale abito di Pulcinella. È costata 200mila euro al Comune e ha raccolto sui social milioni di visualizzazioni, interazioni, commenti, like, condivisione. Secondo l’Osservatorio turistico urbano del Comune almeno 170mila visitatori hanno visitato la piazza lo scorso fine settimana.
Per Vittorio Sgarbi, critico d’arte e politico, intervistato da Radio Kiss Kiss, la scultura è una provocazione artistica e un passo in avanti rispetto alla “Venere degli Stracci” di Pistoletto esposta in Piazza Municipio prima del Pulcinella. “Il fatto che un’opera d’arte faccia discutere è il significato stesso, vuole determinare ironia, divertimento e quindi ‘Tu si na cosa grande’ è il riferimento al sesso, l’erotismo. Non c’è da parte di Pesce una provocazione, ma un’interpretazione delle mille anime di Pulcinella, una delle quali è anche quella che ha una forza di trazione erotica che si vede in quest’opera col riferimento sentimentale dei due cuori trafitti. Promozione alla città? Viene guardata con ironia e divertimento, non solo c’è una comunicazione fredda e turistica, ma è appassionata, calda e grande”. Il movimento femminista “Terra di Lei” ha lanciato una petizione per chiedere al sindaco di Napoli la rimozione dell’opera in quanto simbolo della “dittatura patriarcale”.
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Chi era Pulcinella
Pulcinella, molto semplicemente, è innanzitutto una delle maschere più note in tutta Italia della Commedia dell’arte. Indissolubilmente legato alla sua città: Napoli. E quindi spesso ritratto, disegnato, scolpito con il Vesuvio, una pizza, un piatto di spaghetti al pomodoro, un mandolino. Personaggio dal carattere sfrontato, esuberante ma anche pigro, vorace, sempre affamato, opportunista, chiacchierone. Pulcinella non è una figura monodimensionale, si può dire però che rappresenta l’abbandono del popolo a ogni istinto. E i dualismi tra uomo e donna, città e campagna, furbizia e stupidità, angelo e demone.
La storia della maschera di Napoli
Le prime attestazioni iconografiche letterarie e iconografiche risalgono agli anni Venti del XVII secolo ma secondo alcune ricostruzioni il personaggio era ancora più antico, derivante dalle commedie Atellane dell’Antica Roma. Maccus, del quale sarebbe un discendente, era un servo dal naso lungo e la faccia bitorzoluta, che indossava una mezza maschera e che interpretava il ruolo del sileno o quello del satiro. Il tipo attuale venne ideato da Silvio Fiorillo, anche se durante i secoli ha subito delle variazioni.
Gobbo, allampanato, vestito di un camiciotto bianco e calzoni bianchi da facchino, alla cinta una spatola, un cappello bicorno, baffi e barba, la maschera nera dal naso pronunciato e aquilino detta “’a mezza sola”. Alla fine del Seicento il cappello divenne a forma di pan di zucchero, detto “o’cuppullone”. Discussa l’etimologia del nome: secondo la Treccani forse suggerito dalla voce chioccia o dal naso a becco, che rimandava al piccolo pulcino, forse la storpiatura di qualche cognome diffuso nella Regione, Pulcinello o Polsinelli. Altra versione rimanda a un contadino di Acerra, Puccio d’Aniello, che nel ‘600 si sarebbe unito come buffone a una compagnia di girovaghi di passaggio nel suo paese.
Pulcinella per Eduardo De Filippo
Pulcinella col passare del tempo è diventato sempre di più la personificazione della napoletanità, del carattere della città di Napoli. L’enciclopedia propone le caratteristiche dell’esuberanza, il virtuosismo mimico e canoro, lo spirito ironico, canagliesco e generoso, la filosofia pratica e disincantata. Rappresentato e interpretato dal Seicento al Settecento all’Ottocento, nel Novecento divenne una figura quasi prevalentemente del teatro dei burattini. Grandi Pulcinella furono comunque Ettore Petrolini ed Eduardo De Filippo.
Il più famoso Pulcinella dell’800 fu Antonio Petito detto “Totonno ‘o pazzo” per la sua vitalità, figlio di Salvatore Petito, attore che lasciò il più grande corpus di commedie pulcinellesche. De Filippo, citando Giorgio Arcoleo, ragionando sulle origini del personaggio sosteneva che Pulcinella era nato dall’istinto popolare e non dall’ingegno di una sola persona o artista. “Pulcinella – disse in una conversazione per la Rai con Franco Zeffirelli – non è la caricatura di un uomo, è la caricatura dell’uomo. Per questo è universale”.
Di Pulcinella si trovano tracce in Francia – dove rappresentava la plebe – già al tempo di Entico IV, alla metà del Seicento altre tracce sono state trovate in Germania, Spagna e Inghilterra – dove è diventato Punch, e ha dato il nome a una rivista. È stato interpretato anche da Raffaele Viviani, Enzo Cannavale, Massimo Raineri, Massimo Troisi e Pino Daniele che in Suonno d’ajere, canzone inclusa nel suo album d’esordio Terra mia, interpretava la parte di Pulcinella che una volta tolta la maschera denunciava il dolore dei poveri e immaginava un’azione di rivolta.