Impennata di detenuti
Decreto Caivano: la legge voluta da Nordio che ha devastato la giustizia minorile
Per la prima volta anche le carceri per ragazzi in crisi per il sovraffollamento. Non bastano i letti, le attività rallentano, sale la tensione e iniziano gli incidenti: un disastro totale, insomma, ma molto utile alla propaganda
Giustizia - di Alessio Scandurra
Il 15 settembre 2023 veniva pubblicato in gazzetta ufficiale il cosiddetto Decreto Caivano, un provvedimento d’urgenza adottato dopo gravissimi fatti verificatisi al Parco Verde di Caivano. A fronte di uno dei contesti dal punto di vista sociale più difficili del meridione d’Italia, il Governo Meloni rispondeva con una raffica di misure penali e sanzionatorie destinate come al solito a lasciare immutati i problemi e a crearne semmai di nuovi. Come Antigone da subito denunciammo che il Decreto avrebbe avuto un impatto devastante sul sistema della giustizia minorile, e ad un anno di distanza purtroppo la realtà allarmante che abbiamo davanti non può che darci ragione.
A ottobre 2022, momento in cui si insedia l’attuale Governo, le carceri minorili ospitavano 392 persone, numero del tutto in linea con il dato immediatamente precedente la pandemia. Al 15 settembre 2024 erano 569. In ventidue mesi i giovani detenuti sono cresciuti del 48%. Un’impennata senza precedenti e che non trova alcun fondamento in un parallelo aumento della criminalità minorile, che è anzi in calo da diversi anni. E se negli undici mesi che vanno dall’ottobre 2022 al settembre 2023, quando è entrato in vigore il Decreto Caivano, le presenze in IPM sono aumentate di 59 unità, nei successivi undici mesi, da quando dunque il Decreto è in vigore, l’aumento è stato di 129 presenze, ovvero più del doppio.
Decreto Caivano: il sovraffollamento degli IPM
Ne consegue il sovraffollamento degli IPM, fenomeno comune per gli adulti ma del tutto nuovo per i minorili. Dei 17 IPM italiani, ben 12 ospitano più persone di quelle che dovrebbero. Il più sovraffollato è Treviso, con 22 ragazzi per 12 posti regolamentari (affollamento 183,3%). Seguono il Beccaria di Milano (145,9%) e Acireale (129,41%). E di conseguenza in molti IPM diventa impossibile anche solo garantire a tutti un letto, e ci si arrangia con i materassi per terra o le brandine da campeggio. Ma non sono solo i letti che mancano. Non bastano gli spazi per le attività e non basta il personale, di polizia, educativo e sanitario. Tutto diviene di conseguenza più difficile, le attività rallentano, la tensione sale ed iniziano gli incidenti, che a loro volta comportano ulteriori chiusure e nuove tensioni. Non a caso dall’entrata in vigore del decreto si è registrata una serie di proteste e di incidenti senza precedenti, che hanno inondato la stampa nazionale.
Il dossier Antigone
Dai dati presentati qui, e dai molti altri contenuti presenti nel dossier di Antigone presentato oggi all’Associazione stampa romana, si direbbe che il decreto Caivano, a un anno dalla sua approvazione, si sia rivelato un colossale fallimento. Ma purtroppo le cose non stanno proprio così. Sempre in occasione di questo anniversario il Capo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, Antonio Sangermano, rivendica come successi alcune delle cose che noi identifichiamo come disastri. Come l’invio agli istituti per adulti di quei maggiorenni che, avendo commesso il reato da minori e non avendo ancora compiuto 25 anni, avrebbero potuto restare nel circuito della giustizia minorile, e che vengono invece mandati negli istituti per adulti come misure sanzionatoria e disciplinare. Vuoti a perdere.
Un fallimento per la giustizia minorile? Niente affatto. Dice sempre Sangermano, parlando in questo caso addirittura di minori: “i minori stranieri devono essere salvati, ma devono anche voler essere salvati”. Se l’offerta trattamentale non incrocia i loro bisogni, non li attira e non li coinvolge, sono fatti loro, vuoti a perdere anche in questo caso. Perché questa è la cultura penale e penitenziaria di questo governo, il cui indirizzo politico non a caso anche Sangermano chiama in causa. Giro di vite e pugno di ferro. E pazienza se la ricetta non funziona, se accresce le tensioni e avvelena l’aria di chi in carcere ci vive e ci lavora. Vuol dire che aumenteranno le proteste e gli incidenti dentro, e la recidiva fuori. Che non sono certo cose belle da vedere, ma alla fine dei conti sono anche sono cose utili nella perpetua campagna elettorale che vive il nostro paese.
*Antigone