La ricostruzione dei pestaggi
Inchiesta sulle torture al Beccaria, ecco cosa succedeva nel carcere minorile di Milano
La psicologa del Beccaria ha riportato i racconti dei giovani detenuti a un consigliere comunale che ha avvisato il Garante di Milano. Così le segnalazioni sono arrivate in procura
Giustizia - di Angela Stella
Racconti di “rumori di pestaggio e urla”, di agenti arrivati “in venti”, di “lividi” e “segni dell’anfibio sul collo”: sono quelli che ha raccolto, attraverso colloqui con alcuni ragazzi che erano detenuti, una psicologa in servizio presso il carcere minorile Beccaria di Milano.
Come abbiamo raccontato ieri 13 agenti di polizia penitenziari sono stati arresti e otto sospesi, perché accusati a vario titolo di maltrattamenti e torture. Di questi racconti la psicologa ne ha parlato, poi, col consigliere comunale David Gentili, che ha trasmesso le informazioni al Garante dei detenuti del Comune di Milano, Francesco Maisto. Segnalazioni arrivate, infine, in Procura e finite nell’inchiesta della Procura di Milano.
Il 30 marzo 2023, poi, la psicologa, davanti ad inquirenti ed investigatori, ha rivelato quelle confidenze di “alcuni ragazzi”, ricostruendo così, in particolare, tre aggressioni. Ha spiegato che in quei colloqui è venuto a galla “un clima particolarmente pesante” all’interno del Beccaria “con un recente aumento della frequenza delle segnalazioni di episodi critici”.
Un giovane, in particolare, le aveva riferito “che era scoppiato un incendio” e che “tale incendio era stato attribuito” ad un ragazzo (una delle 12 vittime delle presunte violenze). Quest’ultimo “venne portato in un ufficio del capoposto (…) mi raccontò di aver sentito rumori di pestaggio e urla”. Poi, la descrizione dei “segni dell’anfibio sul collo”.
E ancora: “Mi ha parlato di rumori di colpi e che erano arrivati in venti agenti (…) mi ha anche raccontato che quel ragazzo sarebbe stato ammanettato”. E che gli agenti dicevano “di aver esagerato” ed erano “preoccupati”. Un altro ragazzo le ha riferito di “un pestaggio” subìto direttamente da quattro agenti.
“Aveva un problema di dipendenza – ha messo a verbale la psicologa – chiedeva l’accendino per fumare”. Gli agenti “lo avrebbero invitato a fumarla nel loro ufficio, ove poi lo avrebbero picchiato”. E un altro ancora le avrebbe detto che un altro giovane “fu picchiato pochi giorni dopo di lui” e che “lo aveva sentito dai rumori quando si trovava nel reparto infermeria”.
Inoltre come scritto dall’aggiunto Letizia Mannella e i pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena nella richiesta di custodia cautelare da cui è scaturita l’ordinanza del gip Stefania Donadeo, il “metodo di violenze” attuato nel carcere minorile Beccaria di Milano “ha avuto il suo principale fondamento nel contributo concorsuale omissivo e doloso di una serie di figure apicali, con posizione di garanzia effettiva nei confronti dei detenuti” e “fra questi” l’ex “comandante della Polizia Penitenziaria”, ieri sospeso, “che ha consapevolmente agevolato e rafforzato le determinazioni criminose dei suoi sottoposti”.
Intanto Italia Viva, Alleanza Verdi e Sinistra, Più Europa e Partito Democratico chiedono al Guardasigilli di riferire in Aula sui fatti accaduti all’Ipm Beccaria di Milano che hanno portato all’arresto di tredici agenti di polizia penitenziaria e di altri otto sospesi per le violenze e le torture. Contemporaneamente il Partito Radicale tramite Don Ettore Cannavera lancia una petizione per l’abolizione delle carceri minorili.