Il processo
Perché Irene Pivetti è stata condannata: il caso delle Ferrari vendute per finta in Cina
Un esito che di certo non era quello da lei sperato. L’ex presidente della Camera Irene Pivetti è stata condannata a 4 anni di reclusione dai giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Milano per evasione fiscale e autoriciclaggio.
L’inchiesta a carico di Pivetti, indagine in cui figurano anche l’ex campione di Gran Turismo Leonardo Isolani, la moglie Manuela Mascoli, la figlia di lei Giorgia Giovannelli, il notaio Francesco Maria Trapani e l’imprenditore Candido Giuseppe Mancaniello, riguarda una serie di operazioni commerciali fatte nel 2016 del valore di circa 10 milioni di euro, che riguardavano in particolare la compravendita di tre Ferrari Granturismo e il marchio della scuderia Isolani Racing Team.
In particolare Pivetti, come ricostruisce il Corriere della Sera, avrebbe prima acquistato per 1,2 milioni una scuderia di auto da corsa appartenente a due società dell’ex pilota Leonardo Isolani e della moglie Manuela Mascoli, per poi rivenderla per 10 milioni alla società cinese More & More Investment del gruppo Daohe.
Second quanto ricostruito dai pm nessuno dei beni, ad eccezione del marchio con logo del cavallino rampante, fu davvero trasferito a Pivetti e poi al compratore cinese. L’obiettivo dell’ex terza carica dello Stato, utilizzando una società di Hong Kong con 10 centesimi di capitale, senza sede o dipendenti o conti, sarebbe stato “acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe” ma “senza comparire in prima persona” in modo da “ostacolare l’accertamento ed indurre in errore il Fisco nella ricostruzione dei suoi redditi”.
Proprio nell’ambito di questa indagine lo scorso settembre la Cassazione aveva confermato il sequestro di beni da circa 3,5 milioni di euro nei confronti dell’ex presidente della Camera.
Il pm Giovanni Tarzia, titolare delle indagini del nucleo di polizia economico-finanziaria della GdF, si è visto confermare così l’impianto accusatorio per cui aveva chiesto una condanna dell’ex terza carica dello Stato a quattro anni, mentre dall’altra parte l’avvocato difensore Filippo Cocco l’assoluzione della sua assistita.
Come pene accessorie l’ex presidente della Camera e imprenditrice ha ricevuto l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per 12 mesi.
Con Pivetti sono stati condannati anche i coimputati Leonardo Isolani e la moglie Manuela Mascoli a 2 anni con l’ipotesi di autoriciclaggio. Assolta invece la loro figlia Giorgia Giovannelli dalla stessa accusa, ma per un episodio diverso.
“Questo è solo il primo tempo. Sono assolutamente innocente, ma non mi aspettavo nulla di diverso”, ha dichiarato Pivetti alla stampa uscendo dall’aula di tribunale. “Se mi sento una perseguitata dalla giustizia? Sì, ma non sono qui a fare la vittima, il problema non è mio ma di tutti i cittadini e il problema è che il sistema ogni tanto ha bisogno di prendere qualcuno come bersaglio, meglio se una persona con una visibilità”, ha aggiunto l’ex parlamentare.
Quello di Milano non è l’unico processo in corso che vede Pivetti sul banco degli imputati: lo scorso giugno la procura di Busto Arsizio aveva chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio dell’imprenditrice per frode in forniture pubbliche sulla compravendita dalla Cina di mascherine per 35 milioni in pandemia Covid.