Il viaggio in America della premier
L’equilibrismo di Giorgia Meloni e la diffidenza dei repubblicani che la reputano poco affidabile
Il viaggio in America della premier ma diserta il ricevimento del presidente Usa. Nè con Biden né con Trump: i due forni di Giorgia
Politica - di David Romoli
Alla fine Giorgia ha incontrato Zelensky, ma solo in un colloquio a due, disertando il ricevimento offerto da Biden di cui proprio il presidente ucraino era ospite d’onore. Basta pensare a quanto la stessa Meloni, appena un anno fa, avrebbe cancellato ogni impegno pur di non mancare all’evento per cogliere la portata del gesto. Si è presentata ieri al vertice sull’Ucraina, ma solo in remoto invece che in carne e ossa e non è la stessa cosa. Ha ricevuto un premio prestigioso da un’associazione importante come l’Atlantic Council, formalmente al di sopra delle parti ma di fatto vicina ai Democratici, però ha insistito nonostante le resistenze perché a consegnarlo fosse l’imprenditore più vicino a Donald Trump che ci sia al mondo, Elon Musk.
Come spesso capita nei rapporti internazionali, l’importante nell’escursione della premier italiana oltre Atlantico sono stati i gesti simbolici e i messaggi indiretti molto più che non i discorsi ufficiali, soprattutto quelli recitati al Palazzo di Vetro. Quei segnali qualcuno li ha interpretati anche come una presa di distanza dalle posizioni filo-ucraine ardenti assunte dalla leader di FdI sin da quando era all’opposizione. Non un rovesciamento di linea ovviamente, ma una posizione molto più tiepida che corrisponderebbe a una sorta di attesa tra i classici “due forni”. La premier italiana, insomma, aspetterebbe di vedere chi abiterà alla Casa Bianca nei prossimi quattro anni prima di decidere se confermare il radicalismo pro Ucraina e atlantista che le ha aperto moltissime porte negli ultimi due anni o se riscoprire un afflato diplomatico, trattativista e pacifista di cui sin qui non si era vista traccia.
In realtà è molto difficile che Giorgia Meloni corregga la sua posizione sulla guerra tra Russia e Ucraina e nulla di quello che ha detto in questi giorni a New York autorizza a sospettarlo. In compenso è chiaro che la premier ha cercato di evitare contatti troppo diretti con quel Joe Biden la cui benedizione è pur stata a lungo per lei preziosa. La si può capire. La leader della destra italiana sa bene di essere piuttosto impopolare negli ambienti che circondano l’ex presidente ricandidato. Non le perdonano le effusioni con il nemico Biden. La considerano se non proprio una traditrice almeno un’alleata del tutto inaffidabile. Però la presidente del Consiglio italiana non può permettere che il presidente degli Usa mantenga un rapporto privilegiato non con lei ma con il suo vice Matteo Salvini, che si dà il caso sia suo competitor diretto sia nell’alleanza di governo italiana sia nella destra europea.
A oggi, tuttavia, proprio questa sarebbe la situazione ove Trump fosse eletto il prossimo 6 novembre. Si tratta dello stesso Trump che, nel corso del disastroso duello televisivo con Kamala Harris, ha elogiato Victor Orbàn come il più importante leader europeo. E Orbàn è quello che, a sua volta, esalta Salvini chiamandolo “il nostro eroe” e “il patriota più coraggioso d’Europa”. Sia nelle vesti di capo del governo che in quelle di leader della destra italiana, un quadro simile sarebbe per Giorgia insostenibile. La presa di distanza nei confronti del presidente uscente, il rapporto cercato e trovato con Musk (dovuto peraltro anche e forse soprattutto a interessi economici), l’ostentato spostamento a destra nel discorso della premiazione, l’unico davvero significativo in questo viaggio, si spiegano così.
Non è affatto detto che basti. La diffidenza dei circoli e delle chat Maga (Make America Great Again) non è facilmente superabile. In Europa la competizione tra la leader italiana e Marine Le Pen è ormai palese. Orbàn fa l’amicone ma tra un sorriso e un abbraccio l’ha sgambettata forse più di ogni altro in luglio con la creazione del gruppo europeo i Patrioti. Di Salvini si è già detto.
Ma quella frattura a destra Meloni deve trovare il modo di risanarla: la sua intera politica in Europa si basa sulla possibilità di tenere aperta la comunicazione tra una destra radicale ma anche pragmatica e un centro moderato ma sbilanciato a destra. Per questo, pur senza rimettere in discussione le posizioni che le garantiscono legittimazione e ascolto da parte di quel centro, deve recuperare credibilità e autorevolezza anche tra i Patrioti. E forse, tra le tante chances che la neonata amicizia con il Tycoon di Tesla offre, c’è anche questa e non all’ultimo posto.