Il femminicidio di Abano Terme
Nicoleta Rotaru, non fu suicidio: arrestato il marito, lei registrò il delitto sullo smartphone
Quello di Nicoleta Rotaru non fu un suicidio. A oltre un anno della morte della 37enne di origini romene e madre di due figlie piccole, trovata morta nel bagno della sua abitazione di Abano Terme (Padova) il 2 agosto del 2023 con una cintura di pelle stretta attorno al collo, i carabinieri sono arrivati ad una svolta: quello di Nicoleta si aggiunge infatti al lungo elenco di femminicidi.
A scriverlo è il Corriere della Sera. Il marito Erik Zorzi è stato arrestato per omicidio aggravato e comparirà ilp prossimo 17 settembre in tribunale per l’udienza preliminare.
La svolta nell’inchiesta condotta dai carabinieri è arrivata ascoltando l’audio del cellulare della donna, dal quale si percepisce chiaramente prima la discussione e poi la lotta che ha portato alla morte della donna.
Il 2 agosto dello scorso anno fu proprio il marito, camionista padovano di 42 anni, ad allertare il Suem 118 di Padova, chiedendo aiuto perché la moglie era chiusa da due ore nel bagno, non rispondendo ai suoi appelli. Giunti sul posto i medici, dopo aver sfondato la porta, la trovarono a terra priva di vita: tutto faceva pensare ad un gesto estremo, dalla porta chiusa dall’interno alla telefonata del marito, fino ai solchi sul collo di lei compatibili con la cintura usata per impiccarsi, oltre all’assenza di segni di violenza o effrazione, circostanza che avevano allontano i sospetti da lui.
Qualcosa però non tornava ai carabinieri, a partire dal contesto familiare: da tempo la coppia viveva di continui litigi, i carabinieri si erano già recati in passato lì su segnalazione dei vicini, al punto che la vittima aveva pensato di trasferirsi altrove con le figlie. I due, spiega il Corriere, erano già divorziati, lei aveva da tempo un altro fidanzato ed era rimasta a vivere in quella casa con l’ex marito solo perché stava aspettando la conferma del tempo indeterminato al lavoro.
La chiave è stata la stessa Nicoleta: era stata lei a documentare il suo assassinio, catturando il crescendo di insulti e rumori di lotta, compresi quelli successivi alla sua morte. Suoni che gli investigatori hanno ritenuto compatibili con un’azione omicidiaria. Non solo: i carabinieri, dopo una analisi approfondita, hanno capito che il pannello della porta del bagno si poteva smontare con estrema facilità: una serie di “prove” che hanno spinto all’arresto dell’uomo.