Parla l'ex ministra
Intervista a Livia Turco: “Radicalità evangelica e radicalità politica, l’opposizione si unisca per gli ultimi”
«Fraternità è la parola chiave da trasportare dalla cultura cristiana alla politica, così che l’opposizione si unisca e ricostruisca le sue proposte concentrandosi sul sociale e sul riscatto degli ultimi»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Livia Turco, una vita a sinistra. Più volte parlamentare, già ministra per la Solidarietà sociale (1996-201) e ministra della Salute (2006-2008), oggi fa parte della Direzione nazionale del PD. Nel suo percorso politico una costante è stata l’attenzione verso il cattolicesimo democratico, nella sua molteplicità e ricchezza di espressioni sociali, culturali, politiche.
Ciclicamente, i cattolici vengono chiamati in causa come “assenti” dal valzer della politica. C’è chi agogna un partito cattolico, chi correnti cattoliche nei partiti, anche il Pd, che facciano valere i propri convincimenti. Siamo alle solite o c’è qualcosa di nuovo?
Una fase nuova coinvolge l’associazionismo ed il variegato mondo del cattolicesimo democratico che potrebbe essere sintetizzata così: come tradurre la radicalità evangelica in radicalità politica.
Come alimentare e rendere capace non solo di azioni, ma di parole pubbliche e di pensiero condiviso nella sfera pubblica il magistero di Papa Francesco. Esso si basa su un nuovo annuncio del Vangelo attraverso la figura fraterna e misericordiosa del buon samaritano. Compito del cattolicesimo democratico, molto avvertito dal ricco e plurale associazionismo cattolico, è come fare diventare la fraternità il paradigma di un nuovo pensiero politico che ridefinisca il nostro modello di sviluppo a partire dall’amore per l’ambiente e dal riscatto degli ultimi; le relazioni tra popoli e Stati in cui diventa centrale la pace, intesa non solo come assenza di conflitti, ma rigenerazione del mondo il cui viviamo; la rinascita della democrazia. Temi cruciali ed urgenti in questo nostro tempo e che devono incidere nell’agenda politica. Una questione che le associazioni hanno discusso in un seminario svoltosi il 26 marzo di quest’anno presso la sede delle Acli e che anima un interessante libro curato da Claudio Sardo, “Sfidare il realismo. Politica dei cristiani e radicalità Evangelica” (Marietti Editore).Tema al centro delle recenti settimane sociali che hanno visto una volta partecipazione ed una ricchezza di temi scanditi all’interno di un perimetro ben definito: la fraternità come rigeneratrice della democrazia. Riflessione che ha trovato i suoi punti più alti negli interventi del presidente Mattarella e di Papa Francesco e che trova una riflessione compiuta nel libro di Padre Francesco Occhetta, presidente della fondazione Fratelli tutti, “Democrazia. La sfida della fraternità”. La fraternità comporta una rottura antropologica che riscopra il valore generativo della relazione con l’altro, con l’altra e ridefinisce il senso stesso della libertà e dell’uguaglianza.
E qui entra in gioco la sinistra.
La fraternità è un tema che va al cuore della sinistra, che ha nel suo patrimonio genetico la dimensione comunitaria della vita ed è stata, seppure con categorie diverse, costruttrice, per l’appunto, di fraternità. Che non può non rielaborare, in un tempo in cui abbiamo fatto e facciamo esperienza della interdipendenza e del legame che unisce le persone di ogni parte del mondo ed unisce tutte le parti del mondo, sempre più globale, multipolare ed interdipendente.
Una corrente di pensiero abbina l’idea del cattolicesimo politico come perno di “moderazione”, di equilibrio tra estremi. Ma non è una lettura forzata, politicista? Il mondo solidale, quello che si batte per i diritti dei più deboli e indifesi, è denso di Ong, associazioni, di ispirazione cattolica. Come la mettiamo?
Non voglio certo interpretare né semplificare la complessa storia del cattolicesimo politico, scandito da fasi diverse e sempre attraversato da pluralità di pensieri e di modalità nel rapporto con la politica. La capacità di mediazione e di dialogo è un tratto sempre rivendicato dal cattolicesimo democratico e sociale. Oggi la Chiesa è animata da un magistero papale molto radicale, a partire dal valore della fraternità, capace di incidere nelle agende politiche dei paesi di tutto il mondo. Un magistero che anima il protagonismo di un associazionismo ampio e plurale sui temi della pace, della lotta contro la povertà, della difesa dell’ambiente, del sostegno alle famiglie. Ma è molto attivo anche un associazionismo che attacca la libertà femminile sull’aborto, propone una concezione tradizionale della famiglia. Il motto “Dio, patria, famiglia” che anima la destra italiana è condiviso da parte delle gerarchie cattoliche, oltre che animare un robusto associazionismo.
Un tema cruciale è quello della pace. Senza scomodare La Pira, e venendo ai giorni nostri, segnati da guerre infinite, dall’Ucraina al Medio Oriente, il pacifismo non è nel dna del cattolicesimo sociale e politico più avanzato?
Da molto tempo Papa Francesco ammonisce il mondo intero sul fatto che stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi. Di fronte ai drammatici conflitti tra Ucraina e Russia e tra Gaza ed Israele, il Papa, le gerarchie ecclesiastiche e la Cei, hanno messo in atto azioni concrete per una diplomazia di pace: cessare i conflitti, aprire un negoziato e si sono costantemente appellate agli Stati, ai governi perché mettessero in atto azioni diplomatiche per avviare negoziati di pace. La pace non solo come assenza di conflitti ma come nuova cooperazione tra i popoli, multilateralismo, riduzione degli armamenti, superamento delle diseguaglianze nel mondo, autorevolezza delle istituzioni sovranazionali, a partire dall’Onu, sono le proposte che animano le tante associazioni ed il variegato mondo del cattolicesimo democratico. È importante che tali proposte diventino sempre più parte del dibattito pubblico e coinvolgano i partiti e le istituzioni, per incidere e trovare soluzioni più avanzate.
Sul filo della memoria, legando il presente ad un passato di altissimo valore culturale, oltre che politico. Ricordo il carteggio su Rinascita tra il segretario del Pci Enrico Berlinguer e monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea. Quale valore ebbe allora quel confronto e cosa ci lascia oggi?
Il carteggio Bettazzi-Berlinguer è sicuramente una delle pagine più significative del dialogo tra cattolici e comunisti. Nella sua Lettera del 1976, Monsignor Bettazzi riconosce al Pci di essere un partito che si è guadagnato la stima e la fiducia di molti cattolici e di aver avuto il coraggio di eleggere in Parlamento con una lista autonoma – la Sinistra indipendente – importanti ed autorevoli personalità del mondo cattolico. Berlinguer nella sua risposta accoglie i solleciti rivolti da monsignor Bettazzi, affinché siano riconosciute nella loro autonomia, anche nelle esperienze di governo, le istituzioni e le opere di ispirazione cattolica che operano in campi importanti come il sociale, la scuola, la salute. Ricorda che l’attenzione al sentimento religioso e la considerazione che da una coscienza religiosa può scaturire un inedito ed originale contributo per la trasformazione sociale e per la costruzione di un mondo più umano e giusto ha scandito tutta la storia del Pci. A partire dal pensiero di Gramsci, Togliatti, i lavori nella Assemblea costituente, anche negli anni difficili della guerra fredda, per fermare la corsa agli armamenti ed affermare la pace, l’attenzione alle novità del concilio Vaticano II. L’attenzione e la elaborazione del sentimento religioso è stata una delle radici della originalità e peculiarità del comunismo italiano.
Un “campo largo”, altro tema che ritorna ciclicamente fuori, per essere davvero attrattivo non dovrebbe definirsi soprattutto per e non solo contro?
L’ azione messa in atto con molta efficacia dalla segretaria del Pd Elly Schlein, dall’insieme del gruppo dirigente nella sua pluralità e che ha condotto agli importanti risultati elettorali recenti è stata contrassegnata da proposte concrete “per”: salario minimo, sanità pubblica, immigrazione, politica europea, politica per la pace, per il sostegno alle fasce più deboli, per la libertà femminile, per il sostegno alla maternità e paternità, per il diritto al lavoro, per la democrazia in un contesto di sviluppo umano e sostenibile, di difesa e rinascita della democrazia. Bisogna proseguire su questa strada affrontando anche il rinnovamento del partito. Proseguire nella politica unitaria. Che non è solo rapporto tra forze politiche, ma aggredire il nodo duro del forte astensionismo. Dunque, la sfiducia dei cittadini e cittadine verso la politica. Bisogna costruire un legame tra la politica e la vita delle persone. Costruire nella società dei contesti che siano generatori di vita, avendo fiducia nei nostri giovani, mettendo in moto, come si sta facendo con la Conferenza, la forza delle donne, costruendo una solidarietà tra le generazioni. Bersani e Gianni Cuperlo hanno proposto nei giorni scorsi i comitati per l’Alternativa. Ricordo la fecondità dei comitati dell’Ulivo che si chiamavano “L’ Italia che vogliamo”. Condivido questa proposta: abbiamo bisogno di promuovere la cittadinanza attiva, plurale, territoriale. Li chiamerei “comitati per la Rinascita della democrazia”, ricordando che, come recita l’articolo 3 della Costituzione, non c’è democrazia senza giustizia sociale. Democrazia, giustizia sociale, libertà, fraternità.