La Marx Renaissance
Galvano Della Volpe, chi era il grande filosofo genio ignorato dall’Italia ma rilanciato dalla Germania
Tradotta in tedesco la sua opera “Logica come scienza storica”. È uno dei maggiori filosofi italiani del ‘900, sempre sottovalutato. La sua definizione del marxismo come “galileismo morale”
Cultura - di Michele Prospero
Da circa un ventennio assistiamo ovunque a una “Marx Renaissance”, che ha però quasi risparmiato l’Italia. Quello che un tempo era un fertile laboratorio del marxismo occidentale, dopo la “crisi” teorica proclamata negli anni ’80, cui è seguito il suicidio del Pci, non si è più riavuto dal lento declino. Se un limite affiora, nell’onda delle odierne pubblicazioni assai eterogenee sul pensatore di Treviri, è la scarsa attenzione rivolta allo statuto logico dell’analisi sociale. Va perciò accolto come un frutto che spunta inatteso fuori stagione il rilancio – dalla Germania – del prodotto più raffinato del marxismo italiano, con la traduzione della Logica come scienza storica di Galvano della Volpe. A sobbarcarsi una impresa così ardua, come la resa in tedesco del periodare disteso e complesso del “conte rosso”, è Alfred J. Noll, studioso di filosofia politica e giuridica con un passaggio da deputato a Vienna nelle file della sinistra ecologista.
Nella estesa e informatissima introduzione a “Logik als historische Wissenschaft” (edito da Felix Meiner Verlag, Hamburg), Noll ricorda che l’uscita del volume di della Volpe era programmata negli anni ’70, ma nel 1978 la serie “Philosophische Texte”, giunta all’ottava tappa, fu interrotta. A partire dalla metà dei ’70, dello scaffale dellavolpiano erano comunque disponibili in lingua tedesca Rousseau e Marx e la Critica del gusto. Nel 1981 fu stampato anche un interessante libro di Karin Priester – poi divenuta una politologa rinomata per i suoi importanti saggi sul populismo – dedicato a della Volpe e Gramsci. La monografia (Studien zur Staatstheorie des italienischen Marxismus: Gramsci und Della Volpe, Frankfurt am Main, 1981) rapportava il progetto dellavolpiano di una “scienza positiva” ai rilievi di un suo critico come Vacca; un capitolo approfondiva inoltre lo “sforzo di Cerroni di stabilire una teoria generale marxista dello Stato”.
Ora c’è finalmente la ripresa di un cantiere rimasto a lungo fermo. Avendo già curato nel 2023 una raccolta di 40 scritti minori di della Volpe, ricompresi tra il 1940 e il 1968, adesso Noll propone la Logica, che egli ritiene, d’accordo in questo con Colletti, degna di occupare i vertici della filosofia marxista del ‘900. Con almeno vent’anni di anticipo, infatti, della Volpe si applicò intensamente all’interpretazione delle pagine del giovane Marx quando queste “erano pressoché sconosciute in tutto il mondo”. Mediante il supporto di un Marx ostile alla filosofia speculativa, egli disegnò una “logica empirica” che collocava la critica dell’economia politica nel solco del pensiero scientifico più solido. Noll ravvisa che “dopo il 1945, in Italia della Volpe aveva posto con notevole energia (ben prima di Althusser) la questione dell’irriducibilità del metodo di Marx a quello dei suoi antecedenti filosofici, e anche i suoi (numerosi) oppositori dovettero ammettere che il grande pregio della sua opera era stato quello di affrontare il problema nell’ottica più radicale, cioè sul terreno logico ed epistemologico”.
Della Volpe, nel corso dei decenni che precedettero il suo principale contributo alla gnoseologia, aveva condotto riflessioni filologiche su alcuni classici del pensiero filosofico. “Ciò che colpisce di questi lavori di carattere più storico – avverte Noll – è che essi si pongono in totale contrasto con l’immagine che solitamente si ha della cultura filosofica italiana dell’epoca. Della Volpe esamina i testi in modo analitico, accurato e critico, e si avvale di una completa padronanza della letteratura critica riconosciuta sul piano internazionale. L’impressione che emerge è quella di uno studioso filologicamente ferrato, aperto alle esperienze culturali d’oltralpe e dotato anche di un sapere straordinario e di finezza di indagine”. Nella fase marxista della sua ricerca filosofica, della Volpe risistemò l’officina di Marx (letta come “galileismo morale”) sulla scia dei criteri di Aristotele, Galilei (appunto) e Hume, ultimando gli schemi di una “scienza storico-sperimentale”. “Della Volpe – afferma Noll – postula la necessità di una nuova comprensione della logica contemporanea nel senso di una riscoperta del significato delle sue categorie al di là di un contesto puramente linguistico (e quindi meramente sintattico), ma riferito al più ampio livello dei processi storici concreti”.
Ai chiacchieroni che ancora oggi riciclano il luogo comune di una “egemonia comunista”, la quale avrebbe spadroneggiato nel dopoguerra impossessandosi di ogni istituzione e spazio, si può rispondere con le parole di Galvano della Volpe, pronunciate come bilancio della sua fatica intellettuale: “Ho settant’anni e sono il solo professore italiano che non sia riuscito ad avere un trasferimento”. Noll è dell’opinione che il filosofo di Imola, benché relegato nell’isolamento del piccolo ateneo messinese, abbia definito un originalissimo “tentativo di autochiarimento all’interno della teoria marxista” che merita di essere recuperato da un immotivato oblio. Bisognerà pure trovare una “logica” a questa “Marx Renaissance”, che avanza sovente sprovvista di una bussola concettuale rigorosa.