L'attacco su Beirut

Israele: gli estremisti di destra protestano per la detenzione dei “soldati-eroi”, cancellato l’ultimo brandello di democrazia

Le proteste di estremisti di destra per la detenzione dei “soldati-eroi” getta ulteriori ombre sulla democrazia israeliana. Nel mirino Ben-Gvir che ha permesso accadesse con l’aiuto di Netanyahu

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

31 Luglio 2024 alle 10:00

Condividi l'articolo

Civil defence workers gather at the wreckage of a destroyed building that was hit by an Israeli airstrike in the southern suburbs of Beirut, Lebanon, Tuesday, July 30, 2024. An Israeli airstrike hit Hezbollah’s stronghold south of Beirut Tuesday evening causing damage, a Hezbollah official and the group’s TV station said. (AP Photo/Hussein Malla)
Civil defence workers gather at the wreckage of a destroyed building that was hit by an Israeli airstrike in the southern suburbs of Beirut, Lebanon, Tuesday, July 30, 2024. An Israeli airstrike hit Hezbollah’s stronghold south of Beirut Tuesday evening causing damage, a Hezbollah official and the group’s TV station said. (AP Photo/Hussein Malla)

Parlamentari che alla guida di un manipolo di facinorosi assaltano un carcere. Parlamentari di governo. Ministri che insultano giudici, il figlio del premier che sproloquia e accusa magistrati e vertici delle Forze armate di essere in combutta con i terroristi di Hamas. Israele, attacco alla democrazia. A lanciare l’allarme è un editoriale di Haaretz: “La catena di eventi che si è verificata lunedì presso la struttura di detenzione militare di Sde Teiman e successivamente all’ingresso della base militare di Beit Lid nello Sharon è la prova vivente e diretta dell’avanzata disintegrazione di Israele sotto Benjamin Netanyahu. Ogni anello della catena indica una decadenza sistemica; presi insieme, sono mortali. […] In questo mondo alla rovescia, il problema non sono i riservisti che hanno presumibilmente abusato di un detenuto, non sono i soldati che si sono barricati all’interno della struttura e hanno rifiutato l’ordine della Polizia militare di andarsene, non sono i parlamentari che hanno presumibilmente fatto irruzione nella base, non sono gli agenti di polizia che sono rimasti a guardare, non sono i ministri che si sono affrettati a esprimere il loro sostegno ai riservisti (Bezalel Smotrich: «Chiedo all’avvocato generale militare di togliere le mani di dosso ai nostri eroici combattenti») – ma piuttosto l’ufficio dell’avvocato Generale militare. È a loro che si chiede di dare risposte”.

Sebbene il capo di Stato maggiore dell’Idf, Herzl Halevi, abbia appoggiato l’avvocato Generale militare e la Polizia militare, cosa importa se Netanyahu, come è sua abitudine, ha aspettato due lunghe ore prima di denunciare l’incidente. È la sua prassi abituale per strizzare l’occhio all’estrema destra. I suoi membri hanno capito benissimo che possono agire impunemente e lunedì, insieme a circa 200 persone, hanno manifestato presso la base di Beit Lid, dove erano stati portati i nove soldati. Decine di persone hanno preso d’assalto la base. Sono intervenuti anche i deputati Tally Gotliv e Yitzhak Kroizer. Quest’ultimo ha minacciato l’avvocato generale dell’esercito dicendo: «Stai attento, togli le mani dai nostri combattenti». Il parlamentare Limor Son Har-Melech ha detto: «L’avvocato generale militare è un criminale. Il popolo di Israele combatterà i nemici esterni e quelli interni». I parlamentari erano accompagnati da persone mascherate, come i criminali. «Lo stato di Netanyahu ha perso il controllo dell’estrema destra. Chi semina caos raccoglierà caos. Se non verranno fermati, smantelleranno lo Stato per sempre».

Lo scontro è totale. Il ministro della Difesa, Yoav Gallant, anche lui come Netanyahu del Likud, ha inviato una lettera al primo ministro esortandolo a indagare sull’operato del ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, in particolare sul fatto se abbia ordinato alla polizia di non fermare i rivoltosi nelle basi dell’Idf di Sde Teiman e di Beit Lid. Basi dove sono stati arrestati e poi trasferiti nove soldati per presunti abusi sessuali ai danni di un detenuto di Hamas. Lo riporta Times of Israel. «Vi invito ad agire con mano pesante contro i membri della coalizione che hanno preso parte ai disordini e a ordinare un’indagine per verificare se il ministro della Sicurezza nazionale abbia impedito o ritardato la risposta della polizia ai violenti incidenti a cui hanno preso parte membri del suo partito», ha scritto Gallant nella lettera resa pubblica. Gallant ha affermato che gli eventi nelle due basi «danneggiano gravemente la sicurezza del paese e l’autorità del governo che esiste grazie all’esercito». Così Haaretz. E tutto questo, mentre Israele è a un passo dall’invasione del Libano.

Il segnale che sia ormai solo questione di tempo, molto ravvicinato, viene dall’appello lanciato da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia ai propri connazionali che vivono in Libano perché abbandonino al più presto il Paese dei cedri. Lo stesso aveva fatto giorni fa l’Italia. Il piano d’attacco per un’incursione di terra in profondità è pronto da tempo, già firmato. Nelle scorse settimane una quota consistente delle forze dispiegate a Gaza era stata spostata verso il fronte Nord, in previsione di un’evoluzione del conflitto in quella direzione. «Nasrallah è un assassino di bambini che agisce per conto dell’Iran per diffondere il terrore nella regione. Dobbiamo fermarli ora, prima che sia troppo tardi», scrive su X il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, riferendosi al leader di Hezbollah. «Non ci aspettiamo un’invasione di terra israeliana, ma se dovesse succedere, siamo pronti. Se decidessero di entrare in Libano, metteremmo piede in Galilea». Così una fonte di Hezbollah ad al-Jazeera. «Gli inviati stranieri hanno suggerito di non rispondere ad alcun attacco per non espandere il conflitto ma noi risponderemo», ha aggiunto, «la leadership della resistenza deciderà la forma e la portata della risposta a qualsiasi potenziale aggressione».

Secondo fonti di media internazionali, Hezbollah ha respinto le richieste degli inviati di numerosi Paesi, con in testa gli Usa, di astenersi dal rispondere a un eventuale attacco israeliano come rappresaglia per i 12 bambini e adolescenti uccisi da un razzo lanciato dal Libano sabato scorso sul villaggio druso di Majdal Shams. Durante l’altra notte, le forze di difesa israeliane (Idf) hanno colpito circa 10 obiettivi terroristici di Hezbollah in sette diverse aree del Libano meridionale. Lo riferisce l’Idf aggiungendo di avere eliminato un miliziano di Hezbollah nell’area di Bayt Lif, oltre ad aver colpito un deposito di armi e strutture militari delle milizie legate all’Iran. Un trentenne è morto per le ferite riportate in un attacco con razzi contro il nord di Israele. Lo riferisce il Jerusalem Post sulla base di notizie confermate dai soccorritori. In precedenza, i media israeliani avevano riferito di un attacco con razzi contro il kibbutz di HaGoshrim. Secondo le Idf, 10 razzi sono stati lanciati dal Libano contro il nord di Israele, la maggior parte dei quali intercettati dallo scudo di difesa aerea Iron Dome, mentre uno ha colpito il kibbutz di HaGoshrim, uccidendo l’uomo, raggiunto da una scheggia. Le forze di difesa israeliane hanno risposto con l’artiglieria, mentre i caccia hanno colpito un sito nel sud del Libano.

Dal 2006 Hezbollah ha accumulato un gran numero di razzi e missili, stimati fra i 120 e i 200 mila, e ha aggiunto al suo arsenale piccoli carri armati, droni kamikaze che la contraerea israeliana fatica a intercettare, sistemi antimissile e anche alcune centinaia di missili balistici, guidabili a distanza e capaci di colpire con precisione strutture militari e civili in zone anche molto lontane dal confine. Si stima inoltre che Hezbollah disponga di 30-40mila soldati addestrati, parte dei quali veterani delle guerre civili in Siria, quindi con molta esperienza di guerra. Il rischio è che una guerra aperta arrivi a coinvolgere anche l’Iran, sostenitore di Hezbollah, sia altri paesi alleati, come la Siria o lo Yemen in mano agli Houthi. Intanto, continua il martirio di Gaza. La protezione civile della Striscia ha riferito di almeno 300 corpi recuperati a Khan Younis, nel sud dell’enclave palestinese, dopo il ritiro delle forze israeliane. In un comunicato rilanciato da al-Jazeera, i soccorritori hanno dichiarato che molti dei corpi sono in stato di decomposizione. «Le nostre squadre stanno ancora cercando persone scomparse», ha aggiunto la protezione civile. Le autorità sanitarie di Gaza, gestite da Hamas, hanno comunicato il nuovo bilancio dei morti palestinesi nella Striscia dall’inizio del conflitto: sono 39.400 le vittime, mentre i feriti sono 90.996.

31 Luglio 2024

Condividi l'articolo