Inglesi alle urne
Elezioni Regno Unito, i sondaggi dicono Starmer: Labour verso ampia maggioranza, a casa la destra della Brexit
Il Labour verrà oggi incoronato dagli elettori con un’amplissima maggioranza. Prevista la conquista di almeno 450 seggi su 650
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
“È probabile che i laburisti vincano con la più grande maggioranza che questo paese abbia mai visto”: più che un lugubre vaticinio, quello del ministro del gabinetto Tory Mel Stride, uno che di elezioni se ne intende, appare come l’anticipazione di un disastro annunciato. Oggi, 4 luglio, gli elettori del Regno Unito sono chiamati alle urne per quella che i sondaggi da mesi descrivono come una vittoria a valanga dei laburisti, dopo 14 anni di governo dei Tories. Tanto che Rishi Sunak, primo ministro dall’ottobre del 2022 – ultimo dei cinque premier conservatori che si sono succeduti a Downing Street dall’approvazione della Brexit nel 2016 – ha fatto una campagna elettorale principalmente tesa ad esortare a non dare al Labour di Keir Starmer “l’assegno in bianco” che riceverebbe da una super maggioranza ai Comuni.
Il Labour è così avanti nei sondaggi che non solo potrebbe fare meglio del trionfo di Blair nel 1997, ma potrebbe conquistare una super-maggioranza mai vista nella Camera dei Comuni dalla Seconda guerra mondiale. Il Labour potrebbe infatti ottenere una “super maggioranza” mostruosa questa sera, ossia almeno 450 seggi – su 650 totali alla Camera dei Comuni – dai 205 attuali (o perlomeno prima della dissoluzione del Parlamento per la campagna elettorale). I conservatori al contrario potrebbero sprofondare da 344 ad addirittura 60, superati persino dai liberal-democratici con 71 seggi (da 15) e seguiti da Reform Uk del re della Brexit Nigel Farage da 0 a 18 seggi.
Ancora poche ore, e poi avrà al 10 di Downing Street inizierà l’era di Sir Starmer. “Lui è istintivamente un elettore ed una persona laburista, ma non lo è in modo tribale”, ha detto a Politico una persona molto vicina al sessantunenne leader laburista, spiegando che non ha la sua cerchia di deputati e spesso ha assunto funzionari pubblici di carriera per ruoli chiave, come la sua potente chief of staff, Sue Gray. Come leader del Labour Starmer ha promesso a elettori e leader di industria e mondo degli affari britannici una gestione affidabile della spesa pubblica e la ripresa della crescita economica. Escluso anche l’aumento delle aliquote delle tasse – tranne l’imposizione dell’Iva sulle rette delle scuole private e l’eliminazione dei “loophole” in favore di fondi e società energetiche – a fronte di stabilità economica e un miglioramento dei servizi pubblici, in particolare il servizio sanitario rendendo disponibili 40mila appuntamenti alla settimana per ridurre le liste d’attesa.
Il programma laburista prevede anche l’assunzione di 6500 nuovi insegnanti e l’apertura di altri 3mila nidi, la creazione di una società energetica di proprietà pubblica, Great British Energy, con la promessa di ridurre le bollette. Inoltre, vengono promessi 650mila nuovi posti di lavoro nelle industrie green. Sul fronte dell’immigrazione, Starmer promette di abolire la legge dei conservatori per la deportazione dei richiedenti asilo in Ruanda, ma al contempo si impegna a combattere le reti per l’ingresso di migranti clandestini. Da un’elezione all’altra. Dalla Gran Bretagna alla Francia. In attesa di domenica, giorno del secondo turno delle legislative, a Parigi sembra essere avvenuto il “miracolo della desistenza”. Per effetto dei patti di non belligeranza, Marine Le Pen vede sfumare la maggioranza assoluta di seggi (289 deputati). Secondo alcune stime che circolano tra i macronisti, il Rassemblement National potrebbe non ottenere più di 260 deputati, scendendo fino a 220 nell’ipotesi minima. La coalizione delle sinistre oscillerebbe tra 150 e 170 seggi. E a sorpresa il blocco centrale, dato per scomparso, avrebbe comunque tra 100 e 130 seggi.
Sono stime ancora non ufficiali, fatte circolare dalla maggioranza uscente per confermare la bontà della strategia di Emmanuel Macron che ha imposto la linea della desistenza a favore della sinistra nelle triangolari (tre candidati qualificati) che domenica avrebbero matematicamente favorito il Rassemblement National. Il “fronte repubblicano” – gli accordi tra partiti che nei decenni hanno sbarrato la strada all’estrema destra – è improvvisamente resuscitato: 218 candidati qualificati per il secondo turno di domenica hanno deciso di ritirarsi quando erano in terza posizione. Da oltre trecento triangolari previste, ce ne saranno meno di cento (95). Il resto delle sfide per i seggi dell’Assemblée Nationale sono 403 ballottaggi (e due quadrangolari). «Oggi il vero fronte repubblicano siamo noi», afferma Jordan Bardella, il giovane e arrembante presidente del Rn, ma i toni si fanno più sfumati, il trionfo non è più sicuro e a destra si comincia a ragionare sulla possibilità di andare al governo anche con una maggioranza relativa. Ancora qualche giorno e si saprà se il “miracolo della desistenza” si è avverato.