L'ex segretario della Cgil
Intervista a Sergio Cofferati: “Cancellare il Jobs act? Era ora, la crescita si fa con l’innovazione”
Sergio Cofferati: "L’unità delle opposizioni è fondamentale: non soltanto per fermare l’avanzata delle destre ma per ripensare l’Europa"
Interviste - di Graziella Balestrieri
Sono passati dieci anni da quando il termine Jobs Act è entrato a far parte del mondo del lavoro e inevitabilmente nel nostro quotidiano. Un Jobs Act che si è rivelato fallimentare per una e più generazioni, costrette ad accettare situazioni e contratti di lavoro che non garantivano e non garantiscono nessuna dignità e nessuna speranza di una vita migliore. Dei danni apportati dal Jobs Act nel mondo del lavoro, del referendum, di Europa, astensionismo, Pd e cambiamenti in atto all’interno del nostro paese e fuori (vedi alla voce guerre) parliamo con Sergio Cofferati, già segretario della Cgil, sindaco di Bologna e parlamentare europeo, uscito dal Pd il 17 gennaio del 2015, rientrato nel 2023 con il nuovo corso della segretaria Elly Schlein.
Referendum per l’abrogazione del Jobs Act: che senso ha in questo momento storico?
Ho sempre ritenuto il Jobs act frutto di una brutta legge e penso che i contenuti e l’intenzione di quella legge debbano essere cancellati e per farlo bisogna cambiare la legge o completamente toglierla di mezzo. Il referendum che la Cgil mette in campo non è solo quello relativo al Jobs act. Tutto questo secondo me ha una doppia funzione utile: una è quella di riportare l’attenzione sul merito delle norme che la Cgil vuole che vengano cambiate o addirittura cancellate, l’altro è quello, attraverso questa attenzione nuova, di riportare una discussione nell’opinione pubblica e in particolare trattandosi di un’iniziativa del sindacato tra i lavoratori di riaprire e rafforzare una discussione sulle cose da fare per il futuro, che sono: politica economica, politica sociale e ovviamente regole e diritti. Dunque, è giusto e potenzialmente utile che ci sia questa occasione.
Ma addirittura dieci anni per accorgersi che il Jobs Act non funzionava?
Come le dicevo ho sempre considerato la legge che introduceva il Jobs act un errore clamoroso da parte della sinistra e i dati che oggi sono a nostra disposizione, relativi alla composizione del mercato del lavoro e delle dinamiche che si sono attivate all’interno lo sta a confermare; dunque, che si debba cambiare lo considero necessario. Lo si poteva fare prima? Sarebbe stato meglio, sarebbe stato auspicabile ma visto che così non è andata che lo si affronti adesso il tema è sempre utile.
La Cgil e i sindacati riusciranno ad avere un dialogo con questo governo?
Credo che sarà molto difficile però questo non deve fermare né scoraggiare i sindacati, che devono formulare le loro proposte e sostenerle con tutti gli strumenti che hanno a disposizione, sia quello di promozione legislativa come conseguenza dei referendum sia quelli di natura contrattuale che devono essere inseriti nei contratti di categoria di settore ma anche con politiche generali da proporre alle imprese e al governo.
La sinistra, secondo lei, appoggerà i sindacati su queste tematiche del lavoro?
Certo, i temi dei referendum sono i temi che interessano l’elettorato che in larga parte è anche della sinistra, sia di quella riformista che di quella più estremista… le forze politiche non hanno un motivo o una ragione per ignorare gli spazi che questa circostanza apre e credo che sia molto importante ricercare tra sindacati e imprese occasioni di confronto sistematico che in un secondo momento, però non lontano dal primo, dovrebbe coinvolgere anche il governo. L’economia italiana e le ricadute sulla struttura produttiva sono state più consistenti e positive negli anni nei quali si è usato come schema quello della concertazione, ovvero confronti ripetuti nel tempo a scadenza periodica e ricerca di soluzioni che potevano essere inserite o nei contratti collettivi con (o in) accordi generali tra chi lavora e i proprietari delle imprese dall’altra parte quando necessario, cioè spessissimo anche con il governo.
Sicurezza sul lavoro: i lavoratori muoiono ed è subito notizia. E poi…il nulla?
Questo è un dramma che va affrontato. Servono comportamenti mirati a difendere la propria incolumità e la propria salute ma ancora prima sono indispensabili leggi che rendano vincolanti più di quanto lo sono ora – ora lo sono assai poco – le forme di organizzazione del lavoro soprattutto in alcuni settori più esposti di altri. Ci sono attività nelle quali il rischio è oggettivamente più alto, questo rischio poi viene incrementato in alcuni settori dal fatto che non c’è un rapporto diretto tra i lavoratori e l’impresa ma ci sono appalti, sub appalti che per produrre risparmio d’impresa per le aziende finiscono col togliere qualsiasi forma di sicurezza per i lavoratori. Questa terribile anomalia va rapidamente cancellata. Dunque, le cose da fare sia sul piano legislativo che su quello contrattuale per dare a chi lavora non soltanto un reddito adeguato ma anche una sicurezza adeguata devono essere considerate tra le priorità di questi tempi. Credo che ci siano alcune leggi che devono essere modificate o addirittura introdotte: lo statuto dei lavoratori è del 1970, legge straordinaria di grandissima importanza e valore ancora oggi, però oggi ci sono lavoratori che non sono protetti da quella legge perché il loro lavoro non esisteva nel 1970 e allora bisogna scrivere uno statuto nuovo che mantenga e difenda i valori di quello preesistente ma ne allarghi l’area di intervento e di condizionamento verso coloro che non erano presenti nel mercato in quegli anni. La seconda cosa che deve essere fatta sul piano legislativo a mio parere è una legge sulla rappresentanza. Noi oggi abbiamo più di un migliaio di contratti collettivi, una parte di questi contratti, una gran parte, sono fatti da organizzazioni sindacali non rappresentative e imprese che sfruttano questa possibilità per offrire condizioni molto limitanti alle persone che lavorano per loro. È indispensabile fare dei contratti nazionali di lavoro ma stabilire per legge che li può fare soltanto chi è rappresentativo sia nelle imprese che nel sindacato e i contratti devono rispettare i criteri rappresentatività e devono essere attivati soltanto se approvati dai diretti interessati. Diversamente i finti contratti, con valori sempre più bassi, sono quelli che non danno nessuna certezza per le condizioni di vita delle persone che lavorano e indirettamente qualche volta, e direttamente addirittura in altre circostanze, influiscono sul venir meno della sicurezza nel lavoro.
Il referendum contro il Jobs Act potrebbe essere motivo di spaccatura nel Pd?
No, no! Questa è un’iniziativa sindacale, poi le forze politiche risponderanno come meglio ritengono considerando distinto il ruolo del sindacato, come sempre, da quello dei partiti. Dentro ogni partito, non solo della sinistra, dunque non solo nel Pd, ma anche nelle forze più moderate, la qualità del lavoro dev’essere considerato, quale è, un tema importantissimo. Le imprese competono quando hanno dei prodotti di qualità e quando le modalità di costruzione o di attivazione di quei prodotti sono innovative. Nella globalizzazione la concorrenza non si fa pagando poco le persone che lavorano ma attraverso l’innovazione e la ricerca. Delors lo sosteneva, già alla fine del secolo scorso. Il libro bianco di Delors era un testo di straordinaria importanza, poi non applicato ma io credo che il tema debba essere considerato tra quelli prioritari ancora adesso: qualità nel lavoro, conoscenza, dunque innovazione e ricerca, oltre che sicurezza e condizioni materiali positive per chi lavora.
Le elezioni europee e il successo della Schlein: può la segretaria dem contrastare Meloni e l’avanzata della destra? Sola con il Pd o ha bisogno di altre forze?
Penso che un Pd forte sia importante per più ragioni; una di queste è quelle che diceva lei adesso (contrastare l’avanzata della destra) un Pd con un’area di consensi che cresce deve, – non solo può ma deve – proporre alle altre forze progressiste, sia quelle che guardano verso il centro sia quelle che sono orientate a sinistra, di stare insieme. Sono convinto che uno schieramento di ampie proporzioni sia necessario non solo per battere la destra in Italia ma per realizzare anche nel mercato globale i cambiamenti di cui parlavamo prima. Questi cambiamenti devono essere fatti in Europa ma perché vengano fatti in Europa è importante che in ogni singolo paese per il momento parliamo del nostro, questo schieramento vasto, questo schieramento largo è necessario ed è molto importante che i contenuti guardino al lavoro come un valore assoluto.
Ma lo schieramento largo comprenderebbe anche i Cinque stelle?
Sì, certo. Poi la convergenza deve essere fatta non su forme astratte ma discutendo insieme politiche di merito. Esercitare un’opposizione in questa fase ma per andare al governo alla prima occasione. Questo processo è importante per l’Italia ma la stessa cosa vale per l’Europa. L’Europa, se vuole stare con il suo sistema economico e con i suoi sistemi sociali positivamente nel mondo globale deve fare questa scelta, cioè, deve combattere per i processi di innovazione e di valorizzazione nell’economia e contemporaneamente di chi crea l’economia, cioè il paese lavoratore.
L’Europa però continua intanto a spostarsi a destra, anche estrema…
Un motivo in più per fare quello che le dicevo, perché quella destra lì si combatte intanto difendendo i diritti e la democrazia e poi avendo un’idea positiva dello sviluppo nelle politiche economiche e nelle politiche sociali.
Questo ultimo voto degli europei è stato un voto contro l’Europa?
Credo che ci sia ancora in molti paesi un’ostilità verso l’Europa, verso l’idea di Europa, quella dei padri fondatori, un’ostilità che ha preso visibilità in questo ultimo periodo con il rafforzamento dei partiti di estrema destra, che è un elettorato che è trasmigrato dal centro verso la destra , quando ha visto che l’Europa aveva le condizioni per cambiare in positivo, ed essendo ostile all’idea di Europa ovviamente cercano di combatterne la rappresentanza data dal Parlamento europeo e dalle politiche che poi il parlamento è in grado di sviluppare.
Il Conflitto israelo- palestinese e il ruolo dell’Europa,
L’Europa ha opinioni diverse sia su questo conflitto che su quello in Ucraina. È indispensabile lavorare il più possibile insieme per creare le condizioni perché le guerre finiscano il più rapidamente possibile e non dicendolo semplicemente o considerandolo come un bisogno positivo ma astratto. C’è un terreno sul quale è possibile lavorare ed è il terreno della diplomazia, che deve essere esercitata molto di più di quanto sia stata esercitata in questi ultimi mesi.
Il dramma dei migranti, due giorni fa in Calabria 70 dispersi in mare.
Un altro evento terribile, l’ennesimo dramma. Incidenti di questa natura andrebbero evitati e per evitarli assolutamente occorre avere una politica per gestire l’immigrazione e mettere a disposizione gli strumenti che non lasciano queste povere persone in mezzo al mare con il rischio di non riuscire mai ad attraccare e morire cammin facendo.
È rientrato nel Pd dopo che esserne uscito nel 2015…come è cambiato da allora ad oggi?
Oggi il Pd è in una fase di potenziale rinnovamento e crescita in virtù del fatto che c’è un nuovo gruppo dirigente, c’è una segretaria con grande passione e intelligenza, dunque, le novità ci sono, si vedono e sono esplicite
E il suo ruolo oggi all’interno del partito?
Sono un cittadino iscritto al Pd, che ha votato per il Pd e che non ha nessun obiettivo sul piano della rappresentanza. È molto importante in molte occasioni aiutare il processo delle forze politiche senza chiedere nessun impiego di rappresentanza.
Se il Pd tornasse al governo e le venisse assegnato un incarico, accetterebbe?
No. Credo che il Pd debba puntare sulle donne e gli uomini di una generazione diversa da quella della storia più recente e dunque che debba essere in grado di fornire dei percorsi formativi che li mettano in condizioni poi di assumere responsabilità molto alte e impegnative dopo aver fatto quel tanto di esperienza che serve. Io la mia parte l’ho fatta, disposto ad aiutare ora il mio partito in tutte le circostanze ma sarebbe un errore. Ripeto che è indispensabile e fondamentale il rinnovamento delle forze politiche e va fatto usando l’intelligenza e l’energia dei giovani, quelli che hanno esperienza come nel mio caso, possono e devono metterla a disposizione ma senza pretendere incarichi di nessun genere.