L'inaugurazione dell'hotspot
Squadrismo Italia-Albania: Meloni e Rama fanno picchiare il deputato Radicale Riccardo Magi
Un presidente del Consiglio che mostra apertamente - volendolo mostrare - il suo disprezzo per i naufraghi che sono scampati alle torture in Libia sfuggendo alla morte, beh, forse non s’era mai visto.
Editoriali - di Piero Sansonetti
Non saranno fascisti, d’accordo. Però un po’ squadristi sono. Meloni, premier italiana, e il Presidente albanese Edi Rama ieri mattina hanno fatto una pessima figura.
Le guardie di Rama, mentre passava il corteo delle auto con la presidente italiana (che andava a inaugurare il campo di concentramento per migranti deportati dall’Italia,) hanno aggredito il deputato radicale Riccardo Magi, colpevole di aver mostrato un cartello con scritto: “Un miliardo. Spot elettorale”.
Il miliardo è quello che l’Italia spende per questa prigione-fuori-confine. Le guardie hanno spinto Magi, lo hanno colpito, sollevato di peso, trascinato lontano dal corteo, gli hanno strappato la giacca, lasciato una macchia di sangue sulla camicia.
Meloni, che ha assistito alla scena e ha capito subito – perché di politica se ne intende – che se non interveniva sarebbe stata travolta dalle polemiche, ha fatto fermare l’auto, è scesa e ha chiesto che fosse interrotta l’aggressione. Gridando: “Lasciatelo, è un deputato”.
Probabilmente Magi l’ha fatta franca (e in serata è potuto rientrare in Italia) proprio perché è un deputato. Altrimenti chissà cosa gli sarebbe successo.
Lui, quando lo hanno lasciato, ha tentato di avvicinarsi alla Meloni, ma un gruppetto di guardie ha fatto muro. E comunque Magi ha gridato: “Se si comportano così con un deputato davanti alle telecamere, posso immaginare cosa succederà ai poveri cristi”, riferendosi ai migranti che saranno destinati alla deportazione in questo campo di concentramento albanese, a 70 Km da Tirana.
La Meloni, sprezzantemente, ha commentato: “Poveri cristi, seee”. Ora uno può esser di destra, di sinistra, di centro, di qualunque partito, o magari può essere per l’astensione, può essere cattolico, o ebreo, o musulmano o ateo, qualunque cosa: ma un presidente del Consiglio che mostra apertamente – volendolo mostrare – il suo disprezzo per i naufraghi che sono scampati alle torture in Libia sfuggendo alla morte, beh, forse non s’era mai visto.
Quanto sono lontane le lacrime versate da Berlusconi, vecchio leader della destra, al porto di Brindisi – in uno dei momenti più alti della sua lunga carriera politica – per i migranti affogati dopo che la loro barca era stata speronata da una motovedetta della marina italiana. “Poveri cristi, seeee”.
È agghiacciante. Credo che anche Magi sia rimasto di sasso. Si era appena concluso uno scambio di battute. Meloni, scesa dalla macchina, aveva attaccato verbalmente Magi, sostenendo che era lì solo per provare a superare lo sbarramento del 4 per cento alle europee.
Magi gli aveva replicato spiegando che era lì, invece, per contestare la scelta politica del governo di buttare un miliardo per uno spot elettorale (l’apertura in pompa magna del campo di concentramento in Albania) violando la Costituzione, il diritto d’asilo, l’umanità, il buonsenso.
Rama e Meloni prima dell’incidente avevano tenuto una conferenza stampa di quelle che si usano adesso, senza domande, per celebrare l’apertura di questo che loro chiamano hotspot.
Realizzato in fretta e furia per poter essere inaugurato tre giorni prima del voto europeo, e cercare in questo modo a di far recuperare a FdI qualche voto della Lega che a sua volta ha sottratto voti a FdI con Vannacci e la decima Mas.
In quella conferenza senza stampa Rama ha attaccato aspramente i giornali italiani e anche la Rai, senza che Meloni spendesse una sola parola di difesa del suo paese.
P.S. Elly Schlein ha protestato vigorosamente per l’aggressione a Magi e per l’incostituzionalità del campo di concentramento. Anche Conte ha protestato.
Ma sostenendo che il problema è che il centro non funzionerà e i migranti si “diffonderanno per le strade delle città italiane”. Ha detto così: “diffonderanno”. Come un virus. Non c’è grande distanza tra il linguaggio di Conte e quello di Meloni.