La decisione
Guerra a Gaza, la Corte internazionale di giustizia ordina a Israele di fermare l’offensiva su Rafah: Netanyahu isolato
Esteri - di Redazione
È sempre dall’Aia, nei Paesi Bassi, che arrivano notizie funeste per Israele. La Corte internazionale di giustizia con sede nella città olandese ha ordinato al governo di Benjamin Netanyahu di fermare l’offensiva militare a Rafah, la città della Striscia di Gaza al confine con l’Egitto, dove da mesi si erano rifugiati oltre un milione di profughi palestinesi.
L’Icj ha deliberato dando seguito alla richiesta arrivata dal Sudafrica la scorsa settimana, nell’ambito di una più ampia causa presentata contro Israele lo scorso dicembre, ordinando inoltre ad Israele di aprire il valico di Rafah per permettere l’ingresso degli aiuti umanitari destinati al popolo.
La Corte dell’Aja ordina: “Israele fermi offensiva su Rafah”
“In conformità con queste indicazioni, sotto la convenzione del genocidio, Israele deve immediatamente fermare la sua offensiva militare e ogni altra azione nel governatorato di Rafah che potrebbe infliggere sul gruppo palestinese in Gaza condizioni di vita che potrebbero portare alla loro distruzione fisica, del tutto o in parte”, ha affermato il presidente della Corte Nawaf Salam.
La Corte ha inoltre ordinato a Israele di presentare un rapporto sulle misure adottate per la popolazione palestinese entro un mese.
Soltanto lunedì il procuratore capo della Corte penale internazionale, con sede sempre all’Aia ma completamente separato dall’Icj e che non dipende dall’Onu, aveva chiesto alla Corte di emettere un mandato di arresto per il primo ministro israeliano Netanyahu e il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, oltre che per tre leader di Hamas nella Striscia di Gaza.
Gli investigatori a Gaza per indagare sul genocidio
La Corte internazionale di giustizia ha poi ordinato alle autorità di Tel Aviv di consentire agli investigatori indipendenti di entrare nell’enclave palestinese per indagare sulle accuse di genocidio che pendono contro Israele.
“Israele deve adottare misure efficaci per garantire il libero accesso alla Striscia di Gaza a qualsiasi commissione d’inchiesta, missione d’inchiesta o organo investigativo incaricato dagli organi competenti delle Nazioni Unite di indagare accuse di genocidio”, ha dichiarato Salam.
Le reazioni
Non si sono fatte attendere le reazioni. Il primo ministro israeliano Netanyahu ha convocato una riunione con una serie di ministri per fare il punto della situazione. Allo stato attuale è improbabile che Tel Aviv rispetti la decisione della Corte, seppure in teoria vincolanti. Da mesi il governo Netanyahu, il più a destra nella storia dello Stato ebraico, nega di star commettendo un genocidio nella Striscia di Gaza, rivendicando come “legittima difesa” le operazioni militare in corso nell’enclave palestinese governata da Hamas come risposta all’attentato del 7 ottobre 2023.
Col suo solito “stile”, il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, leader dell’estrema destra religiosa e fondamentale per la tenuta dell’esecutivo di Netanyahu, ha definito l’ordinanza dell’Aia “irrilevante” e la Corte “antisemita”. La risposta, secondo Ben-Gvir, dovrebbe essere una sola: “L’occupazione di Rafah, l’aumento della pressione militare e della completa distruzione di Hamas, fino al raggiungimento della completa vittoria nella guerra”.
Il Sudafrica, promotore dell’iniziativa accolta dalla Corte, ha ovviamente accolto con favore l’ordine di interrompere le operazioni militari su Rafah.