La corsa piumata
Giorgia Meloni bersagliera, l’ultima carta del Mercante in Fiera che mancava a FdI
Ignazio Abbate, mio padre, sergente universitario dell’8° Reggimento bersaglieri, già presente nella battaglia di El Alamein, tornerà antifascista dalla guerra. Ma questo, forse, “Giorgia” non lo sa.
Editoriali - di Fulvio Abbate
Alle carte del “Mercante in Fiera” di Fratelli d’Italia mancava, si detto per completezza, Giorgia Meloni Bersagliere. Come d’altronde pretende quel gioco iconografico incastonato nel quotidiano domestico nazionale, gozzaniano, accanto, fra le altre, a Mietitrice, Arabo, Spagnola, Falco, Giapponesina, Maresciallo, Sfinge…
Lacuna colmata dal presidente del Consiglio nei giorni scorsi ad Ascoli Piceno, l’occasione il 71mo raduno nazionale dei fanti piumati. Le cronache del posto la raccontano accolta dal sindaco in piazza del Popolo, accarezzata da un bouquet di “ciao Giorgia”, strette di mani, selfie ingordi, sosta allo storico caffè Meletti, affacciata dalla stessa terrazza ha poi salutato la piazza.
Doveroso anche vederle indossare il cappello Vaira, dal piumetto sottratto a un gallo cedrone, poi la fanfara non meno d’obbligo, assistere infine alla cerimonia del “Passaggio della Stecca” dai congedanti ai nuovi scaglioni.
“Nel tragitto saluti e incitamenti alla presidente con ‘in bocca al lupo’ e ‘grande Giorgia’”, riferiscono i cronisti, prosa da cinegiornale Luce, Minculpop turistico, proloco elettorale nell’attesa delle elezioni europee: “Meloni risponde mandando baci”.
Infine prende parte alla corsa di prammatica per ogni bersagliere, seppure onorifico. Dietro di lei, trafelate e solerti, le signore del suo staff. Certamente la fanfara avrà intonato “Il reggimento di papà”, repertorio non meno doveroso: “Parte il reggimento, il reggimento di papà, alto il vessillo al vento, che un di’ la gloria bacerà, parte col cuor contento, che il sangue suo lieto darà. Parte il reggimento, il reggimento di papà’”.
Insieme ai pompieri, i fanti piumati, sono forse il corpo militare che più suscita partecipate emozioni “laiche”, forse anche massoniche e anticlericali, memoriali della carica del 20 settembre 1870, la “breccia” di Porta Pia aperta a cannonate, lì a decretare la fine al dominio temporale dei papi nell’Urbe.
Sul monumento realizzato dallo scultore Publio Morbiducci, è incisa una frase di Amedeo Filiberto di Savoia, Duca d’Aosta: “Nulla resiste al bersagliere”. Anni addietro, con bomboletta spray arancione, mano anonima aggiunse: “Tranne Rosalba”. Non è stato il caso di “Giorgia”.
A virtuale compendio dell’evento, garantita la cifra nazional-popolare, drop cachi d’ordinanza e mimetiche campali, appare opportuno evocare Enrico Toti, la sua stampella eroica: bersagliere romano ricordato da una lapide nel comprensorio di via Germano Sommeiller, il medesimo dove decenni dopo, al civico 12, avrebbe vissuto Lucio Battisti con papà Alfiero, lo stesso che, se non la stampella, constatandone la scarsa volontà del ragazzo verso lo studio scolastico, gli avrebbe spaccato in testa la chitarra.
Sia detto per inciso, Ignazio Abbate, mio padre, sergente universitario dell’8° Reggimento bersaglieri, già presente nella battaglia di El Alamein, tornerà antifascista dalla guerra. Ma questo, forse, “Giorgia” non lo sa.